Secondo l’assessore regionale all’Ambiente l’allarme è ingiustificato poiché si tratta di ripristinare una commissione decaduta e non di stravolgere la legge. Ma alla luce di alcuni episodi il problema resta anzi andrebbe sancito meglio il ruolo della tutela del paesaggio
«Nessuno tocchi gli ulivi di Puglia!». Questo il motto con il quale la rete verde del Salento (quisalento.it) e altre decine di comitati formati da giovani attenti a tematiche ambientali invitano i pugliesi, e non solo, a inviare alle autorità regionali e provinciali competenti una e-mail volta a bloccare l’iter di approvazione della nuova Legge Regionale, la legge già definita da molti «legge ammazza-ulivi».
L’approvazione all’unanimità, in una Puglia in cui l’ulivo è oltre che la coltura più diffusa anche un vero e proprio stemma identificativo di questa terra da tempi memorabili, è ragione di sdegno diffuso nei confronti di una legge che modifica l’interpretazione della Legge Regionale 14/07. Grazie all’emendamento proposto dal consigliere pdl Massimo Cassano, ma da subito sostenuto da tutte le parti politiche ed avallato anche dall’assessore all’Ambiente della regione Puglia, Lorenzo Nicastro, l’espianto di alberi secolari potrà effettuarsi anche senza il parere delle Commissioni competenti, oggi obbligatorio e mai abbastanza restrittivo, introducendo il «silenzio-assenso» a 90 giorni dalla richiesta. Da qui la rivolta sul web che ha visto raccolte, in poche ore, migliaia di firme per chiedere al governatore Nichi Vendola di bloccare subito l’iter di una pericolosa follia, adatta a facilitare scempi di cui non si avverte necessità. Concessioni si pensa fatte nei confronti di settori quali l’edilizia, la costruzione di strade, di parchi fotovoltaici a terra e di impianti per biomasse. Per ricavar spazi, gli alberi vengono severamente mutilati, strappati da quella terra che li ha visti protagonisti nei secoli e ripiantati uno sull’altro ai margini dei terreni, come abnormi bordure. Molti muoiono mentre altri, deformi, sopravvivono a costo di sofferenze atroci e comunque il paesaggio è stravolto per sempre.
E su queste «fantasiose ricostruzioni sul tema dell’espianto degli ulivi monumentali» è intervenuto l’assessore all’Ambiente della regione Puglia, Lorenzo Nicastro, che in una nota diffusa sul sito web istituzionale della regione Puglia ha sottolineato che «in primo luogo quella che tendenziosamente si sta definendo una “leggina che autorizza l’espianto” di fatto nasce dalla volontà di colmare un vulnus della precedente legge che già prevedeva la facoltà per la Commissione di autorizzare l’espianto e che, contenendo il limite temporale di tre anni dall’approvazione, avrebbe esaurito la propria funzione di tutela al termine del 2011. In quest’ottica quindi la Regione ha normato in tutela del vincolo sugli ulivi monumentali, non per eliminarlo ma per rafforzarlo scongiurando il pericolo di un espianto selvaggio».
Inoltre, prosegue l’assessore all’Ambiente: «Nell’emendare la legge esistente è stata introdotta la possibilità di coinvolgimento degli enti locali attraverso la partecipazione alla Commissione regionale, proprio in virtù di una volontà di valorizzare l’ascolto dei territori coinvolti».
In ultimo viene ribadito che «il termine dei 90 giorni che sarebbe la scorciatoia offerta agli espianti» considera un iter burocratico attuale di 30 giorni, nei quali la Commissione regionale valuta le richieste ed emette sentenza, ed è alla luce di questo che il termine dei 90 giorni, introdotto dal nuovo provvedimento normativo, «risulta ampiamente sufficiente ad assicurare il corretto iter delle pratiche di richiesta di espianto senza rischi di violenza sul patrimonio naturale». A questo si deve aggiungere che i tempi prolungati di richiesta procedimento di espianto, i fatidici 90 giorni, non dovrebbero per nulla far riflettere alla possibilità di agire senza aver preso prima visione di parere della Commissione regionale che risulta «obbligatorio e vincolante»; in definitiva «il silenzio-assenso non è applicabile ai procedimenti amministrativi che riguardano l’ambiente».
In definitiva, sembrerebbe che le preoccupazioni avanzate da quella popolazione indignata dopo la lettura del provvedimento riconosciuto non equo nei confronti di un ambiente comune da tutelare con principi di salvaguardia e sostenibilità, bene quelle preoccupazioni siano state praticamente infondate. Sta di fatto che per quanto ci siano stati chiarimenti, da parte di quella schiera politica che ha avanzato la legge così detta «ammazza-ulivi», il giudizio «negativo» dei pugliesi sull’emendamento non si placa. Questa legge infatti sembra voluta per permettere una maggiore libertà di azioni e l’imposizione di un minor numero di vincoli pendenti su di un territorio, quello pugliese, che, in conformità a quanto ormai accade in tutte le attività umane e non, deve rendere e creare profitto. E allora quale migliore occasione per dar libero sfogo a progetti incentrati su costruzioni di infrastrutture di varia natura da strade a parchi fotovoltaici a terra e questo a scapito di una storia naturale che rischia ora seriamente di essere danneggiata magari finendo (come sembra sia, persino, già successo) in parchi di ville e resort di lusso; un volto storico e magnifico della Puglia, quello degli uliveti, che andrebbe tutelato con opere di difesa agroforestali, puntando sulla conservazione del paesaggio, identità di ogni singolo individuo che lo vive. Sperando che il caso di Carpignano, dove sembrerebbe siano stati sradicati 140 ulivi monumentali o quello di Lequile, dove sarebbe pronta un’operazione simile lasci spazio ad azioni nettamente diverse ma già avviate in alcuni contesti urbani come Ostuni, Brindisi e Fasano, comuni che hanno già attivato l’iter burocratico per il riconoscimento degli ulivi come patrimonio dell’Unesco, continuiamo ad esser vigili su di un argomento che ci appassiona in maniera profonda.