Come riconoscere quello di buona qualità. Un prodotto sano che stenta ancora a diffondersi. L’Italia un paese fortunato per la varietà presente
Mancano solo pochi giorni all’inizio del XXVIII congresso nazionale dell’apicoltura professionale, che si terrà a Saluzzo, in provincia di Cuneo, dal 24 al 29 Gennaio 2012. Il congresso, promosso da Aapi (Associazione apicoltori professionisti italiani), Aspromiele (Associazione produttori miele piemonte) ed Unaapi (Unione nazionale associazioni apicoltori italiani) è attesissimo nel mondo dell’apicoltura nazionale, poiché rappresenta la sintesi di un anno di lavoro e getta le basi per iniziative, proposte ed attività del nuovo anno appena iniziato. Fra gli ospiti più attesi, i rappresentanti del ministero della Salute, del Mipaaf e dalla Coldiretti.
Temi principi del convegno saranno lo stato di salute degli allevamenti apistici, l’uso dei pesticidi e l’applicazione di alcune strategie per la lotta integrata, nonché lo sviluppo di nuove nicchie commerciali per gli apicoltori professionisti, quali la produzione di propoli, pappa reale e polline oltre al più noto miele.
Tuttavia, sebbene si tratti di un prodotto naturale, antichissimo, di cui aumenta progressivamente il consumo, mantenendo un prezzo equo, gli italiani sono fra le popolazioni che meno utilizzano questo alimento. Ci attestiamo su un consumo medio di soli 400 g procapite all’anno, pochissimi rispetto alla media tedesca di ben 1.500 g, e comunque inferiore a quella comunitaria, che è, invece, di circa 600 g procapite. Sembra che la spiegazione di questo dato sia da ricercare nell’uso principalmente medicamentoso che tendiamo a fare del prodotto, dimenticando i benefici che potremmo ricevere da un consumo più costante di miele.
Vediamo, allora, come potremmo sfruttare le proprietà del miele e come possiamo imparare a riconoscere quello di buona qualità.
Il miele è una sostanza alimentare prodotta dalle api attraverso la trasformazione del nettare dei fiori o delle secrezioni di alcune parti vive delle piante. La produzione del miele avviene grazie all’operosità delle api, che favorisce la graduale maturazione del prodotto, tramite l’arricchimento di enzimi, che derivano dalle secrezioni ghiandolari delle api stesse.
I componenti principali del miele sono rappresentati da: fruttosio, glucosio, acqua, zuccheri e sostanze diverse, tra cui acidi organici, sali minerali, enzimi ed aromi vari.
Il miele è un alimento di elevato valore nutritivo ed è facilmente assimilabile. Mentre il glucosio fornisce energia di immediato utilizzo, il fruttosio viene metabolizzato a livello epatico, andando a costituire la nostra principale riserva energetica. Cento grammi di miele, infatti, forniscono ben 320 calorie e, per questa ragione, il miele ben si adatta alle diete di sportivi, bambini ed anziani. Tuttavia, avendo anche un elevato potere dolcificante, può essere usato con successo anche nelle diete ipocaloriche, permettendo di realizzare un piccolo risparmio calorico.
Essendo costituito prevalentemente da zuccheri semplici (glucosio e fruttosio), il miele risulta essere un alimento facilmente digeribile, ma non completo, a causa della carenza di altri importanti nutrienti, quali proteine e vitamine.
È importante sottolineare che alla diversa percentuale di glucosio/fruttosio presenti nel miele corrisponderà una diversa tendenza alla cristallizzazione, processo naturale che non deve essere considerato un difetto del prodotto. Infatti, ad una maggiore presenza di glucosio corrisponde una più alta propensione alla cristallizzazione, fenomeno inibito dalle basse temperature ed accelerato dalle alte, con un picco massimo che può essere raggiunto ai 14°C.
Il miele appena estratto, possiede un’elevata gamma di fragranze, ma tali peculiarità tendono a modificarsi nel tempo con l’insorgere di alcuni processi chimici accelerati dalla temperatura di conservazione. I principali parametri chimici che vengono presi in considerazione sono: l’HMF e l’enzima chiamato «Diastasi».
L’HMF (idrossimetilfurfurale) è una sostanza praticamente assente nel miele appena estratto, che si forma in seguito alla degradazione degli zuccheri, processo notevolmente accelerato dalle alte temperature. La Diastasi, invece, è un enzima che non degrada ed è quindi sempre presente nel miele, seppur in contenuto variabile, che non dovrebbe mai essere inferiore ad 8, con alcune eccezioni. L’HMF, invece, non dovrebbe superare i 20 mg/kg.
Etichettatura del miele
Il miele di qualità si riconosce anche (e soprattutto) dalle informazioni riportate in etichetta.
Secondo la Direttiva 2001/110/CE, recepita dallo Stato italiano con il Decreto Legislativo 179/2004, poi modificato dal Decreto Legge 7/2007, in etichetta devono essere riportate obbligatoriamente queste informazioni:
1. Caratteristiche del prodotto: peso netto, dati del produttore, composizione (dicitura: «Miele»), n. di lotto.
2. Data di produzione e data di scadenza.
3. Origine geografica: in etichetta devono essere indicati il Paese o i Paesi d’origine in cui il miele è stato raccolto. Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o Paesi terzi, l’indicazione può essere sostituita, a seconda del caso da una delle seguenti diciture: «Miscela di mieli originari della CE» o «Miscela di mieli non originari della CE» o «Miscela di mieli originari e non originari della CE». I produttori possono indicare la provenienza esclusivamente regionale, territoriale o topografica del loro miele.
Per quanto concerne l’origine botanica, la vigente legislatura consente di completare il testo della denominazione di vendita con un’indicazione relativa all’origine floreale. Il miele proveniente prevalentemente da un’unica specie botanica, cosiddetto monofloreale, potrà recare tale indicazione in etichetta (es. «miele di castagno», «miele di acacia», etc.), mentre il miele proveniente da diverse specie botaniche potrà recare in etichetta l’indicazione di «miele millefiori».
Difetti visivi e qualitativi del miele
– Cristallizzazione incompleta: il miele si presenta disomogeneo, con una fase liquida, in cui sono inglobati i cristalli. Può accadere in mieli rifusi, invasettati subito dopo la decantazione o in mieli con poco glucosio.
– Separazione in fasi: nel vasetto possiamo scorgere la netta separazione orizzontale delle due fasi, la liquida in superficie e la solida in basso. Tale divisione avviene a causa della precipitazione dei cristalli sul fondo, dovuta alla consistenza del prodotto non abbastanza densa e coesa. Alcuni esempi: mieli troppo umidi, con consistenza cremosa, o conservati a temperature troppo alte.
– Schiuma bianca: la presenza di questa schiuma in superficie può avere una duplice origine. Se sono dovute alla risalita di minuscole bolle d’aria, inglobate nella massa del miele durante la lavorazione, si tratta semplicemente di un problema estetico. Se, al contrario, sono dovute alla formazione di anidride carbonica, il miele diviene irrecuperabile, poiché sottoposto ad un processo fermentativo. Per distinguere tra i due tipi di difetti, basta assaggiare il miele: quello fermentato presenta, al gusto, un sapore leggermente acidulo.
– Striature biancastre: la presenza di queste venature su tutta la superficie del vasetto è tipica dell’avvenuta espulsione di aria in fase di cristallizzazione, più o meno repentina, e dà luogo alla formazione delle cosiddette macchie di retrazione.
– Cambiamento di colore: avviene in mieli sottoposti a riscaldamento eccessivo o conservati per troppo tempo e in condizioni non ottimali. Questi mieli tendono ad assumere una colorazione più scura, gli aromi tipici si affievoliscono e compare l’odore ed il sapore di caramello, con un gusto più amaro, dovuto alla degradazione del fruttosio.
– Fermentazione: si tratta del difetto più grave ed irrimediabile, perché causato dallo sviluppo di lieviti. Essendo un miele fermentato, presenta, al gusto, un sapore leggermente acidulo.
Il processo fermentativo è direttamente proporzionale alla percentuale di acqua presente nel miele: al di sotto del 18% di umidità il processo viene inibito.
Un miele fermentato o in fase di fermentazione è irrimediabilmente perso, l’unico suo uso consentito è quello industriale e ne è, infatti, vietata la vendita.
Principali mieli monofloreali italiani
Il nostro paese vanta un’invidiabile selezione di mieli monofloreali, con diversa provenienza regionale. Eccone alcuni:
Nord Italia
– Miele di Acacia
– Miele di Rododendro
– Miele di Erica
– Miele di Melata d’Abete
– Miele di Castagno
– Miele di Melata
– Miele di Tiglio
– Miele di Tarassaco
– Miele di Erba Medica
Centro Italia
– Miele di Acacia
– Miele di Girasole
– Miele di Sulla
– Miele di Corbezzolo
– Miele di Erica
– Miele di Eucalipto
– Miele di Castagno
Sud Italia
– Miele di Agrumi
– Miele di Lavanda
– Miele di Sulla
– Miele di Corbezzolo
– Miele di Erica
– Miele di Eucalipto
– Miele di Castagno
– Miele di Timo
– Miele di Cardo.