Rifiuti – Un decreto per la Campania

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Tre gli argomenti trattati in Decreto; si parte dagli interventi urgenti in materia di rifiuti nella regione Campania, si procede con le disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell’ambiente e si finisce con la gestione dei materiali di riporto

Con la pubblicazione, in Gazzetta Ufficiale, del Decreto Legge 25 gennaio 2012, n. 2 sono state previste nuove misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale.
Tre gli argomenti trattati in Decreto; si parte dagli interventi urgenti in materia di rifiuti nella regione Campania, si procede con le disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell’ambiente e si finisce con la gestione dei materiali di riporto.
Andiamo per gradi e analizziamo per punti.

«Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per fronteggiare e superare in modo risolutivo le criticità del sistema di recupero e smaltimento finale dei rifiuti prodotti negli impianti di trattamento, trito vagliatura e imballaggio (Stir) della regione Campania e di assicurare nel frattempo il costante e il corretto funzionamento dei citati impianti Stir» verranno realizzati impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti e gli stessi saranno ubicati nelle aree di pertinenza degli impianti di trattamento, trito vagliatura e imballaggio (Stir) regionali o, se presenti comprovati motivi tecnici, in aree confinanti. Il provvedimento di Valutazione impatto ambientale (Via) terrà luogo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e, inoltre, per quelle regioni che volessero farsi carico di rifiuti prodotti in Campania, fino al 31 dicembre 2013, gli impianti di compostaggio nazionali possono aumentare la capacità ricettiva e di trattamento autorizzata fino all’8 per cento.
Infine, la regione Campania è autorizzata ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l’acquisto del termovalorizzatore di Acerra.
All’articolo 2 il Decreto prevede che gli «shopper» in plastica monouso debbano essere biodegradabili e conformi alla norma Uni En 13432:2002, quelli riutilizzabili debbano avere uno spessore oltre i 200 micron per uso alimentare e 100 micron per altri usi. Il divieto di commercializzazione dei non biodegradabili (punito con sanzioni da 2.500 a 25.000 euro) è subordinato ad un Decreto ministeriale previsto per il 31 luglio 2012.
Infine con l’articolo 3, i materiali di riporto sono considerati matrice ambientale al pari del suolo.
Bene, da una prima lettura si evince che il decreto non esprime nulla di definito e questo potrebbe, nella pratica, lasciare il campo a mille interpretazioni.
Un elemento inquietante, nell’articolo 1, è il potere di deroga rispetto ai vincoli ambientali, paesaggistico-territoriali, di pianificazione del territorio e della difesa del suolo che il governo concederà ai Commissari straordinari che individueranno ed esproprieranno aree per installare impianti. Se questi ultimi dovessero ritenerlo opportuno potranno decidere di pianificare un impianto di gestione rifiuti anche a ridosso del perimetro di un parco o in un’area protetta e questo per evitare, come d’altronde già accaduto in passato, di prendere salatissime multe dall’Ue.
Evitando di ritornare sulla questione riportata in articolo 2 dove anche Legambiente si è espressa favorevolmente in merito ad un impegno rispettato dal neoministro Clini che permette all’Italia di completare nel migliore dei modi la rivoluzione iniziata con il bando dei sacchetti di plastica inserito nella finanziaria 2007, ci soffermiamo sull’articolo 3 del Decreto Legge che evidenzia la possibilità di escludere, dall’applicazione della normativa sui rifiuti, i materiali da riporto cosiddetti «storici», ossia costituiti da una miscela eterogenea di materiali di origine antropica e terreno naturale che, utilizzati nel corso dei secoli per successivi riempimenti e livellamenti del terreno, si sono stratificati e sedimentati nel suolo fino a profondità variabili e che si sono assestati compattandosi ed integrandosi con il «terreno naturale».
Questi materiali possono rifarsi alla Direttiva 2008/98/CE, che esclude dalla normativa sui rifiuti il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, ma anche il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato durante l’attività di costruzione. Per applicare appieno le disposizioni comunitarie e operare in sicurezza, evitando violazioni di legge dovrebbe, però, essere approvata una norma per l’interpretazione autentica della questione (criteri di «Riporto», ossia, caratteristiche, granulometria, percentuale di materiali estranei presenti accettabili, ecc.); solo in questo modo il materiale di riporto potrebbe essere considerato come sottoprodotto e non come rifiuto.