Salvare le specie in pericolo anche con gli zoo

525
Tempo di lettura: 3 minuti

Grazie al lavoro dell’Eaza, i giardini zoologici e tutti gli acquari sparsi sul territorio europeo riescono ad essere più dinamici, sviluppando metodiche innovative e più efficaci per la conservazione delle diverse specie

L’Eaza (European Association of Zoos and Aquaria) rappresenta il collegamento fra 340 istituzioni membri, in ben 41 paesi. L’associazione, costituita nel 1992 con l’obiettivo di facilitare la cooperazione fra tutti gli zoo e gli acquari presenti nella comunità europea, promuove progetti di istruzione, ricerca e conservazione, affinché i vari membri possano raggiungere e mantenere i più alti standard di cura e riproduzione.
L’Eaza consente, altresì, ai cittadini europei di conoscere e contribuire agli obiettivi di conservazione della biodiversità globale: ogni anno oltre 140 milioni di persone visitano le strutture associate e, fra queste, uno su cinque è di nazionalità europea.
Grazie al lavoro dell’Eaza, i giardini zoologici e tutti gli acquari sparsi sul territorio europeo riescono ad essere più dinamici, sviluppando metodiche innovative e più efficaci per la conservazione delle diverse specie.
Secondo l’Eaza Strategy 2009-2012, documento scaricabile dal sito www.eaza.net previa registrazione in qualità di istituzione membra, la missione dell’associazione è la seguente: facilitare la cooperazione europea internazionale, rafforzando la qualità professionale nella gestione degli animali e nei progetti di educazione ambientale, e contribuendo alla ricerca scientifica ed alla conservazione della biodiversità globale.

Secondo Eric Bairrao Ruivo, direttore del settore «Scienza e Conservazione» presso lo zoo di Beauval, in Francia, «i parchi zoologici sono protagonisti della conservazione e contribuiscono attivamente alla biodiversità. Lo scopo dell’Eaza è quello di gestire popolazioni in cattività, sviluppando programmi di allevamento europei (Eep) di specie deboli o minacciate, quasi 370 programmi di riproduzione, e programmando piani di conservazione in ambiente naturale».
Il raggiungimento di questi obiettivi, mediante stimolazione, facilitazione e coordinamento degli sforzi della comunità nell’educazione del pubblico, nella conservazione e nella ricerca scientifica, valorizzerà ancor di più la cooperazione internazionale e permetterà di influenzare la legislazione di settore all’interno dell’Ue.
Nella pratica quotidiana, questa missione è portata avanti mediante pianificazione di programmi di allevamento e di importanti attività connesse quali assistenza tecnica, ricerca sulla nutrizione, istruzione del personale e molto altro ancora.
Il congresso internazionale Eaza 2011, svoltosi lo scorso Settembre a Montpellier, ha rappresentato l’occasione per oltre 600 partecipanti, fra veterinari, ricercatori e direttori di zoo, provenienti da 44 Paesi, di fare il punto sulla situazione delle politiche di conservazione in cui sono coinvolti gli zoo. A seguito della Direttiva europea 1999/22/CE, infatti, tutti gli zoo sono tenuti ad eseguire azioni di conservazione di specie minacciate, di educazione del pubblico e/o di ricerca.

In Europa sono 330 le strutture che, in 36 Paesi, partecipano al programma ed aderiscono all’Eaza. Il progetto prevede scambi di animali su più specie, quotidianamente controllati da personale veterinario, di cui un centinaio sono riuniti all’interno dell’Associazione francese dei veterinari di parchi zoologici (Afvpz). Solo nel 2010, l’Associazione francese dei parchi zoologici (Afdpz) ha investito 1,3 milioni di euro in programmi di conservazione e ricerca, pubblicando, a cadenza semestrale, una lista di animali disponibili e richiesti dai vari parchi. Come osservato da Céline Erny, segretario generale dell’Afdpz, «mettiamo gli zoo in comunicazione tra loro nell’ambito di piani di collezione ed allevamento, sapendo tuttavia che la partecipazione all’Eep si basa sul volontariato!».
A fronte dell’impegno francese, la situazione italiana non può che generare imbarazzo, dal momento che la nostra Repubblica ha recepito la Direttiva 1999/22/CE solo nel 2005. Un ritardo, questo, per cui lo Stato italiano è stato riconosciuto inadempiente rispetto agli obblighi di adozione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, che le incombevano in forza di tale direttiva, e sottoposto a procedura d’infrazione (Sentenza della Corte, quarta sezione, 10.06.2004).
Ad ogni modo, non è solo perfezionando la rete degli zoo che riusciremo a conservare le specie. Bisogna agire su più livelli: lavorare in cattività con le specie ormai estinte in natura e lottare sul territorio per la difesa degli habitat di coloro che sono, sì, minacciati, ma ancora presenti, liberi e potenzialmente recuperabili.
Gli zoo hanno alle spalle una lunga storia di serragli e collezioni di animali. Oggi, per fortuna, non è più così. Pur riconoscendo ad essi un’importante utilità scientifica e protezionistica, dovremo continuare a lottare per vedere gli animali liberi, al posto che gli spetta di diritto.