Fenomeni che si stanno intensificando di giorno in giorno. Il picco di maggiore attività è previsto tra dicembre e febbraio prossimi. Ancora sconosciuti i rischi per la salute dell’uomo. I precedenti e i possibili danni alle strutture di comunicazione ed di energia come le centrali nucleari
Il nostro Sole, dopo tre anni di quiete si è risvegliato, ma si è risvegliato con una impressionante energia. Macchie solari e tempeste sulla sua corona si stanno intensificando di giorno in giorno. Il picco di maggiore attività è previsto tra dicembre e febbraio prossimi. Intanto l’ultima «eruzione» solare ci ha investiti, per fortuna, solo di striscio, altrimenti sarebbero potuti saltare molti satelliti delle telecomunicazioni che affollano la nostra ionosfera. Il campo magnetico terrestre, comunque, ha assorbito efficacemente l’impatto solare, complice anche un orientamento favorevole del campo magnetico incidente, il quale ne ha minimizzato gli effetti. Al momento risulta danneggiata solo la sonda europea Venus Express, in orbita attorno a Venere.
Ma non finisce qui, gli esperti prevedono un trend di esplosioni coronarie solari in costante aumento, quindi il pericolo di essere investiti in pieno da bolle di energia solare è molto elevato. Si teme per gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, che in caso di ulteriori «sbuffi» solari dovranno ripararsi in settori speciali della struttura orbitante.
È stato chiesto al prof. Angelino Brugnoli del Centro di Ricerche in Bioclimatologia Medica, Biotecnologie e Medicine Naturali dell’Università degli Studi di Milano, quali potrebbero essere gli effetti di questa irrequietezza solare sull’uomo. «È possibile, ha spiegato, che l’energia elettromagnetica sprigionata da una tempesta solare interferisca con l’organismo umano, ma ancora non siamo in grado di capire quanto e in che modo possa farlo». In effetti lo scudo geomagnetico che circonda il nostro pianeta dovrebbe proteggerci, diversa invece, per il prof. Brugnoli, la situazione per gli astronauti, esposti direttamente alle radiazioni. Per gli uomini nello spazio, infatti, «sono previste misure d’emergenza in caso di tempeste solari violente per garantire loro una protezione dalle radiazioni».
In questa vicenda «spaziale» interviene lo scrittore e scienziato Roberto Vacca: «L’abbiamo scampata! Se il flusso di protoni non si fosse affievolito, ma fosse cresciuto, avremmo avuto disastri. In Italia il cielo notturno si sarebbe colorato di verde, viola e rosso: aurore boreali che si vedono vicino ai poli. Poi sarebbe diventato rosso sangue. Grossi blackout ci avrebbero tolto l’elettricità. Le linee telefoniche e telegrafiche fuori uso avrebbero impedito gli interventi di emergenza. Ferrovie, gasdotti e oleodotti avrebbero subito danni gravi. Il blocco di reti e tecnologia nelle società più avanzate, prive di energia, potrebbe causare vittime a milioni». E ancora l’ing. Vacca: «Sono eventi, a decine di anni uno dall’altro, causati dal vento di protoni emessi dal sole: vanno a velocità fino a 7 milioni di km/h e arrivano a noi in circa 20 ore. Queste tempeste si chiamano Cme (Coronal Mass Ejection): espulsione di massa dalla corona solare e proiettano miliardi di tonnellate di protoni. Non è fantascienza: «Spectrum» (la rivista degli ingegneri elettrici Usa) questo mese dedica all’argomento un lungo articolo.
I protoni seguono traiettorie elicoidali. Le Cme più intense producono campi magnetici giganti interagenti con la magnetosfera terrestre. Quindi correnti elettriche molto intense fluiscono nell’aria della stratosfera che a 50 km di quota è un buon conduttore. La tempesta geomagnetica induce sulla superficie terrestre forti correnti elettriche che passano nel terreno, nelle reti elettriche ad alta tensione, nelle tubazioni, nelle rotaie, nei cavi sottomarini. In conseguenza le reti vanno fuori servizio. Sono più a rischio le centrali elettronucleari: senza energia elettrica dalla rete non possono raffreddare i nuclei che possono fondere. In Europa, Usa, Cina si potrebbero avere decine di disastri tipo Fukushima».
Sempre Vacca: «È meno tragico, ma molto spiacevole, il rischio di fusione degli avvolgimenti dei grandi trasformatori ad altissima tensione (765 kV in Usa, 1.000 kV in Cina). Ogni unità pesa 200 tonnellate e costa più di 10 milioni di euro. Non sono tenuti a magazzino e la produzione richiede molti mesi. Anche i terroristi potrebbero farne saltare alcuni, ma un Cme ne distruggerebbe decine bloccando per anni l’energia di continenti. I trasformatori si possono proteggere installando condensatori sulla messa a terra del neutro e bypassandoli con tubi elettronici per scaricare a terra le sovracorrenti alternate. Queste tecniche, però, non sono state sperimentate in pratica. I Cme sono rari. Nel 1859 il più grave, negli Stati Uniti fu preceduto da aurore boreali e cielo rosso a basse latitudini. A quel tempo non esistevano reti elettriche, ma andarono distrutte molte linee telegrafiche. Un altro Cme nel 1921 bloccò telefoni e telegrafi in Svezia e negli Stati Uniti e mise fuori servizio i sistemi di scambi e segnali della Ferrovia Centrale di New York. Le reti elettriche di energia, poco estese all’epoca, non subirono danni gravi. Nel 1989 i cieli colorati da un Cme furono interpretati come lo scoppio di una guerra nucleare, ma in Canada ci fu un blackout di un giorno che lasciò senza energia elettrica tutto il Quebec». E conclude: «Giornali, televisioni, politici e politologi non parlano dei rischi dovuti agli arsenali nucleari, né di questi meno letali, ma significativi. Dovrebbero farlo».
La Nasa recentemente ha diramato uno studio in cui dimostra il potenziale rischio di un blackout generale su tutto il pianeta causato da una tempesta magnetica solare di immani proporzioni, come quella registrata del 1859. Salterebbero così tutte le connessioni elettriche del pianeta, si fonderebbero i megatrasformatori delle centrali elettriche e salterebbero tutte le linee telefoniche del mondo. Ma quel che è peggio, scrive l’équipe diretta da Daniel Baker, direttore del Laboratorio di fisica atmosferica e spaziale dell’Università del Colorado, è che «i servizi d’emergenza potrebbero essere interrotti e il controllo sul paese completamente perso»: l’unico modo di evitare che questo avvenga è cercare di arrivare preparati all’appuntamento con questa «Katrina spaziale», studiando in modo ancor più approfondito le tempeste magnetiche e intervenendo per rafforzare le difese delle tecnologie più delicate. «Un fallimento catastrofico delle infrastrutture commerciali e governative, nello spazio e sulla Terra, può essere mitigato incrementando la preparazione della gente su questi temi, rafforzando le strutture vulnerabili e sviluppando sistemi avanzati per la previsione delle tempeste – conclude la ricerca -. Senza azioni o piani di prevenzione, l’accresciuta dipendenza da tecnologie avanzate, ma sensibili ai fenomeni spaziali potrebbe rendere la nostra società molto vulnerabile in futuro».