Disponibile il primo vaccino per la leishmaniosi canina

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Risultato di una ricerca durata 20 anni, grazie alla collaborazione di moltissimi ricercatori d’avanguardia, il vaccino è in grado di stimolare un’appropriata risposta immunitaria specifica

È stato presentato ieri a Roma il primo vaccino in Europa contro la Leishmaniosi canina. A partire dal pomeriggio l’evento è stato trasmesso in videoconferenza anche in altre città di Italia (Bari, Brescia, Cagliari, Firenze, Padova, Palermo, Parma, Pescara, Rimini e Torino) e nei giorni successivi seguiranno Road Show presso le città di Asti, Bologna, Catania, Lamezia Terme, Lecce, Napoli, Pisa, Sassari e Savona.

Risultato di una ricerca durata 20 anni, grazie alla collaborazione di moltissimi ricercatori d’avanguardia, il vaccino è in grado di stimolare un’appropriata risposta immunitaria, specifica per Leishmania infantum, l’agente eziologico della patologia nel cane.

Si stima che i cani affetti dalla patologia siano all’incirca 2,5 milioni nelle aree endemiche, sebbene la malattia sia stata diagnosticata anche in moltissimi cani residenti in zone non endemiche, ma che in passato abbiano viaggiato o soggiornato in paesi endemici (Shaw et al., 2003). Secondo i dati pubblicati dal prof. Patrick Bordeau, l’attuale situazione epidemiologica europea mostra in prima linea il meridione: Italia, Spagna, Portogallo, Francia meridionale, Grecia, Paesi Balcanici restano i più colpiti, sebbene siano stati descritti casi autoctoni anche nei paesi confinanti, come Francia settentrionale, Austria, Svizzera, Germania, Bulgaria e perfino Gran Bretagna.

In Italia si segnalano prevalenze considerevoli: 30,3% soltanto in Liguria, per arrivare ad oltre il 40% nelle aree del centro-sud. Nelle aree in cui la malattia è molto comune sono stati segnalati casi anche nei gatti, nei canidi selvatici e nei cavalli, oltre che nell’uomo.

La malattia, che si trasmette tramite la puntura di un insetto vettore, le femmine di flebotomo, attualmente non è curabile, potendo raggiungere, nel migliore dei casi, una guarigione soltanto clinica dell’animale, che rimarrà quasi sempre sieropositivo per tutta la vita. Per questa ragione, fino ad oggi la profilassi contro la Leishmaniosi canina si basavano esclusivamente sull’utilizzo di farmaci antiparassitari repellenti, che miravano ad impedire il contatto fra il vettore e la cute dell’animale. Certamente oggi non siamo ancora in grado di abbandonare l’utilizzo di questi repellenti, ma possiamo potenziare la loro azione tramite vaccinazione.

Il costante incedere della patologia, così legata all’ormai diffusa presenza di insetti vettori sul territorio, è intimamente correlata ai cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature in zone storicamente più fredde crea un microclima adatto alla crescita ed allo sviluppo dei flebotomi, responsabili, insieme ai cani, del mantenimento dell’infestione in natura.

Studi sui fattori di rischio associati alla probabilità di contagio con L. infantum hanno evidenziato che le prevalenze non sono correlate al sesso, quanto piuttosto alla razza ed alla età. Nelle aree endemiche, infatti, le razze più sensibili sembrerebbero essere il Boxer, il Cocker Spaniel, il Rottweiler ed il Pastore tedesco; le maggiori prevalenze, invece, si osservano fra i soggetti entro i 3 anni di età, per ridursi fino ai 7-8 anni, età in cui si riscontra un altro picco (Moreno et al., 2002).

La forma clinica della malattia varia molto a seconda della risposta immunitaria del cane e della virulenza del ceppo di Leishmania. La maggior parte dei cani esposti al parassita non svilupperà mai Leishmaniosi clinica, sebbene una certa percentuale prosegua sviluppando la tanto temuta malattia. Alcuni di questi (una piccolissima percentuale) elimineranno completamente il parassita, altri (un numero molto significativo) resteranno sieropositivi in modo subclinico per tutta la vita, rappresentando una fonte inesauribile di infezione per i flebotomi e contribuendo al mantenimento del parassita in natura.

La sindrome clinica di leishmaniosi comprende un’enorme vastità di sintomi, sia a livello cutaneo sia viscerale. Fra questi ultimi, ricordiamo che L. infantum causa insufficienza renale con glomerulonefrite, sanguinamenti, lesioni oculari, febbre, abbattimento, anoressia, dimagrimento, immunodepressione, disturbi della deambulazione, poliartrite, zoppie e debolezza generalizzata, stadi che, molto spesso, portano a morte l’animale.

Il vaccino, commercializzato da oltre un anno in Spagna, Grecia e Portogallo, riduce di 4 volte il rischio di sviluppare la forma clinica della malattia, non potendo impedire il contatto con l’insetto vettore. Prima della vaccinazione si consiglia di testare gli animali, verificandone l’eventuale positività: alla vaccinazione potranno accedere soltanto animali sani e sieronegativi. Il protocollo di vaccinazione, effettuato esclusivamente da personale medico veterinario, prevederà inizialmente 3 somministrazioni a distanza di 3 settimane e poi richiami annuali.

Per ulteriori informazioni: http://www.vet-in-time.it.