E Obama apre un sito «verde»

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L’intento è quello di raccogliere fondi, dato che in Usa non esiste alcun finanziamento ai partiti. Ma in campo ambientale il Presidente ha da farsi perdonare molte cose: come il mancato tetto alle emissioni dei gas serra, le autorizzazioni alle trivellazioni petrolifere, l’incoraggiamento del fracking per il gas naturale e la questione del gasdotto Keystone XL per le sabbie bituminose

Obama is forever green! È lo slogan con cui il Presidente «apre le danze», incitando le masse in un contesto quasi da déjà vu, con le elezioni americane ormai prossime. Barack Obama punta ancora sull’anima green del popolo statunitense. Ma non si tratta più della solita propaganda Usa, questa volta c’è una novità. Volete sapere quale? La realizzazione di un sito ambientalista. Niente di più semplice. Una scelta geniale per entrare in stretto contatto con tutti gli ecologisti della nazione.

L’intento è chiaramente quello di raccogliere fondi, dato che in Usa non esiste alcun finanziamento ai partiti o rimborso elettorale, ma la politica si fa attraverso donazioni. Un modello che forse dovremmo prendere ad esempio.

Collegandosi al sito, sarà possibile acquistare adesivi con l’eco messaggio elettorale di Obama al costo di 10 dollari.

Il Presidente uscente sa bene di essere in vantaggio da un punto di vista ecologista, considerando che la questione ambientale rappresenta decisamente un punto dolente per i Repubblicani, che procedono in direzione opposta rispetto a tutto ciò che è eco e fanno dichiaratamente qualsiasi cosa per ostacolare le battaglie dell’ambientalismo.

Qualcuno ritiene che Obama abbia intrapreso questa iniziativa nel pragmatico tentativo di riconciliarsi con gli elettori ecologisti, che ormai rappresentano una bella fetta dell’elettorato, e riguadagnasi la loro fiducia, dopo il fallimento di alcuni green projects ed in seguito a svariate promesse disattese durante il suo primo mandato, con l’obbiettivo di chiedere ancora fondi per la propria campagna elettorale, anche promuovendo ulteriori iniziative, come tetti alle emissioni delle centrali a carbone e innalzando gli standard dei consumi delle automobili.

Il «Presidente delle alghe», così denominato dallo sfidante Newt Gingrich, nel corso di questi anni, non sempre è stato di parola e, ad eccezione dei finanziamenti alle rinnovabili e gli incentivi vari concessi per auto elettriche e riqualificazione energetica, ha da farsi perdonare qualche cosina, come il mancato tetto alle emissioni dei gas serra, le autorizzazioni alle trivellazioni petrolifere, l’incoraggiamento del fracking per il gas naturale e la controversa questione del gasdotto Keystone XL per le sabbie bituminose.

Il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti d’America rappresentava, quando fu eletto, una speranza sul versante della lotta all’effetto serra e dello sviluppo sostenibile, anche perché la storia consegnava al presidente precedente, George Bush, l’etichetta nera di un mondo fallimentare, ormai prossimo al collasso. La vittoria di Obama rappresentava la giusta risposta a chi, come l’Italia, ancora si ostinava a non voler considerare la gravità del disastro ambientale in nome di un miope profitto di breve periodo. Che le cose oggi siano cambiate o stiano per cambiare? Green Works in progress.