…E ci mancavano le sabbie bituminose

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La tecnica del fracking utilizzata per estrarre gli idrocarburi da scisti e sabbie bituminose è molto invasiva del territorio, ma è soprattutto ad altissimo consumo di acqua e molto inquinante del suolo e delle falde idriche del sottosuolo e può provocare anche micro terremoti ed è causa di emissioni incontrollate di metano dal sottosuolo

Gli idrocarburi «non convenzionali» come il gas o il petrolio estratti dalle rocce e sabbie bituminose stanno diventando sempre più convenienti, sia perché i prezzi degli idrocarburi «convenzionali» (quelli, cioè, estratti dai normali giacimenti) tendono a salire, sia perché è diminuito il costo delle tecnologie «fracking» cioè quelle tecnologie che servono a fratturare artificialmente le rocce bituminose bombardandole con acqua sotto pressione, additivi chimici e solventi per estrarre il petrolio e il gas in esse contenuto.

Negli Usa l’industria di gas «non convenzionale» da scisti bituminosi (shale gas) ha avuto un boom eccezionale, con un aumento della produzione di circa il 45% per anno tra il 2005 e il 2010, tanto che ora il 25% del fabbisogno annuale di gas naturale è coperto dal gas non convenzionale. I prezzi del gas sono rapidamente calati e ora l’Europa e molti paesi asiatici pagano in media da quattro a sei volte di più i loro approvvigionamenti di gas rispetto agli Usa, anche per effetto di contratti di lungo periodo che li obbligano con i loro fornitori convenzionali.

La febbre dello shale gas ha contagiato la Cina, il Canada e l’Australia, ma anche paesi europei come la Polonia e l’Ucraina. Consistenti riserve di shale gas sussistono anche in Messico e Sud Africa, ma il boom più grosso di produzione futura di gas non convenzionale potrebbe venire dall’Argentina. Nelle aree desertiche della Patagonia sono state scoperte riserve di scisti bituminosi che potrebbero portare l’Argentina a essere il terzo più grande produttore mondiale di idrocarburi non convenzionali. La prima di queste aree è stata già scoperta nella provincia di Neuquén e in particolare nella zona di «Vaca Muerta» (mucca morta) dove, tra i 2.500 e i 3.000 metri di profondità nel sottosuolo, si potrebbero estrarre almeno 20 miliardi di barili di idrocarburi, di cui il 75% petrolio e il 25% gas naturale. Formazioni geologiche analoghe a quelle della provincia di Neuquén sono presenti nel sottosuolo delle altre tre province confinanti: Mendoza, La Pampa e Rio Negro. Il dipartimento dell’Energia degli Usa ha stimato che l’Argentina possiede un potenziale di 774 trilioni di piedi cubici di questo tipo di formazioni geologiche (circa 22mila miliardi di metri cubi di scisti bituminosi), classificandosi come la terza più grande riserva del mondo di risorse di idrocarburi non convenzionali, dopo gli Usa e la Cina.

La possibilità di produrre idrocarburi non convenzionali in quantità rilevanti porrà enormi problemi ambientali e di accettabilità sociale. La tecnica del fracking utilizzata per estrarre gli idrocarburi da scisti e sabbie bituminose è molto invasiva del territorio, ma è soprattutto ad altissimo consumo di acqua e molto inquinante del suolo e delle falde idriche del sottosuolo. Ma, non è tutto. La tecnica del fracking può provocare anche micro terremoti ed è causa di emissioni incontrollate di metano dal sottosuolo, e il metano, com’è noto, è un potente gas a effetto serra (l’effetto climalterante del metano è circa 23 volte superiore a quello dell’anidride carbonica).

L’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, nello Special Report «Are we entering a golden age of gas» del novembre 2011, aveva già prospettato per i prossimi 25 anni un periodo d’oro per il gas naturale con una crescita della domanda mondiale di ben oltre il 55% rispetto al 2010. Due terzi di questa crescita sarebbero coperti dallo shale gas, vale a dire da una triplicazione della produzione di gas «non convenzionale» tra il 2010 e il 2035.

Il 29 maggio scorso, proprio perché la corsa verso lo shale gas è già iniziata, l’Iea ha pubblicato tempestivamente un Rapporto Speciale sul gas non convenzionale dal titolo: «Golden rules for a golden age of gas», un manuale sulle regole d’oro da seguire per agevolare la transizione a basso impatto ambientale e sociale del gas non convenzionale nella «età dell’oro del gas». Oltre che per minimizzare l’impatto sull’ambiente e le risorse idriche, e anche ridurre la possibile opposizione delle popolazioni locali, le regole d’oro servono per dare trasparenza alle politiche dei governi e alle scelte delle industrie, compresi i processi industriali, affinché si possa giungere a «una licenza sociale per operare». Tale «licenza sociale» che, secondo i calcoli Iea, comporterebbe solo il 7% in più di costi aggiuntivi per la protezione ambientale è, infatti, il presupposto fondamentale per dare prospettive stabili agli investimenti e certezze concrete agli investitori che intendono operare per sfruttare questa nuova potenzialità di produzione di idrocarburi.

Ma anche se l’accettabilità sociale del gas non convenzionale è l’obiettivo principale del manuale, l’Iea non nasconde (ma neppure lo evidenzia) che lo shale gas non è la soluzione del problema climatico. Nella road map verso la de-carbonizzazione dell’economia mondiale, la corsa al gas può rappresentare solo una fase del tutto transitoria per sostituire il carbone, cioè il combustibile fossile più inquinante, prima di abbandonare definitivamente l’uso dei combustibili fossili, se si vuole effettivamente tener fede agli impegni di ridurre le emissioni tra 80% e 95% entro il 2050, rispetto al 1990.

Un’esplosione incontrollata della produzione di gas non convenzionale, come ha evidenziato il capo degli economisti dell’Iea, Fatih Birol, è in contrasto con gli impegni di mantenere il surriscaldamento climatico al di sotto di 2°C rispetto all’epoca preindustriale. Inoltre, il periodo d’oro del gas, se non sarà finalizzato agli obiettivi della de-carbonizzazione mondiale, protrarrà nel tempo la dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili invece che svincolarla, rallenterà lo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle nuove tecnologie invece di accelerarlo, aumenterà i rischi di cambiamenti climatici irreversibili e catastrofici anziché ridurli, vanificando, in pratica, gran parte degli sforzi che si stanno compiendo per avviare e rendere effettiva la green economy, quale concreto strumento di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

(Fonte Enea Eai)