La terra non basta più

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Lancio dell’Indice Globale della Fame 2012. La fame in tempi di scarsità di suolo, acqua ed energia. La situazione più drammatica in Africa Sub Sahariana e Asia Meridionale. Il suolo coltivabile è diventato un bene così prezioso che viene affittato e il 55% dei suoli affittati viene destinato a colture per biocarburanti, sottraendo terra alla produzione di cibo

L’uso insostenibile delle terre, dell’acqua e dell’energia sta minacciando la sicurezza alimentare dei più poveri e più vulnerabili, secondo l’Indice Globale della Fame, il Ghi (Global Hunger Index) presentato a Milano oggi da Cesvi, in collaborazione con Link 2007, Ispi, Comune di Milano e il Patrocinio di Expo 2015.

Il rapporto 2012, realizzato da Ifpri, Welthungerhilfe e Concern e giunto alla quinta edizione italiana, analizza la situazione in oltre 120 Paesi, 20 dei quali hanno un Indice di Fame allarmante o estremamente allarmante; tra essi: Burundi, Eritrea, Haiti, Paesi nei quali il 50% della popolazione è denutrito.

Il Ghi combina tre indicatori: la percentuale di popolazione denutrita, il tasso di mortalità infantile e la percentuale di bambini sottopeso. Sebbene l’Indice mondiale della fame scenda dai 19,8 punti del 1990 ai 14,7 del 2012, l’Africa Sub Sahariana e l’Asia Meridionale mantengono valori elevati con 22,5 e 20,7 punti.

Il rapporto 2012 si occupa di scarsità delle risorse destinate alla produzione di cibo: terra, acqua ed energia. Il suolo coltivabile è diventato un bene così prezioso che viene affittato, specie in Africa, per produrre beni destinati all’esportazione. È il cosiddetto land grabbing, l’accaparramento delle terre che negli ultimi dieci anni ha interessato una superficie pari a sette volte quella dell’Italia. La maggior parte delle acquisizione è avvenuta nei Paesi con alti livelli di denutrizione, dove la popolazione e il reddito nazionale dipendono dall’agricoltura. Il 55% dei suoli affittati viene destinato a colture per biocarburanti, sottraendo terra alla produzione di cibo. La scarsità di acqua è esacerbata dal cambiamento climatico. Alluvioni, siccità e degrado dei terreni minacciano l’agricoltura in diversi Paesi. L’aumento dei prezzi dell’energia, a sua volta, incide sugli input agricoli come fertilizzanti e sistemi di irrigazione, contribuendo a tenere alti i prezzi dei beni alimentari.

Tuttavia «Il rapporto Ghi 2012 ci aiuta a comprendere come la prospettiva di un mondo sempre più affamato non sia affatto ineluttabile», afferma Stefano Piziali (Cesvi). Sono già ampiamente disponibili strategie in grado di conciliare produttività e consumo sostenibile delle risorse anche in un contesto di cambiamento climatico. I partecipanti alla tavola rotonda di presentazione del rapporto: Stefano Piziali (Cesvi), Carlo Cafiero (Fao), Paolo Ciocca (Ifad), Luca Virginio (Gruppo Barilla), Riccardo Moro (Gcap), Claudia Sorlini (Univ. Milano), Claudio Ceravolo (Link 2007) e Paolo Magri (Ispi) hanno convenuto che tali strategie richiedono però una migliore governance delle risorse naturali e degli investimenti in agricoltura, una riduzione dell’ineguaglianza tra uomini e donne (che ha effetti positivi sulla pressione demografica), una maggiore inclusione dei gruppi marginalizzati, il sostegno alle nuove Linee guida volontarie per la gestione responsabile dei diritti di proprietà applicabili alla terra, alla pesca e alle foreste del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale delle Nazioni Unite e l’abbandono di sussidi alla produzione di biocarburanti e agli idrocarburi.

Il Ghi è presentato nell’ambito della campagna Food Right Now promossa da Cesvi in collaborazione con Alliance2015, un network europeo composto da 7 Ong, anche grazie al sostegno della Commissione europea, che mira a sensibilizzare i giovani e i cittadini europei sul tema della fame e sulla promozione del diritto al cibo per tutti.

 

(Fonte Link 2007)