Si riapre la «caccia» al petrolio

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La stagione «texana» è alle porte. Nella pianura Padana è ripresa la corsa all’oro nero. Diverse compagnie nazionali e straniere si stanno mettendo in fila per chiedere l’autorizzazione sul suolo lombardo al ministero dello Sviluppo economico

Ben 25 i nuovi siti sotto esame e numerose società hanno chiesto e già ottenuto i permessi di ricerca. Una nuova era per la ricerca di idrocarburi soprattutto in provincia di Cremona.

Nella Regione risultano 17 concessioni attive per l’estrazione e 7 per lo stoccaggio elementi gassosi. Secondo la Direzione Generale per le risorse minerarie ed energetiche le nuove richieste già concesse sono 14 mentre altre 11 sono in fase di valutazione.

La Exploenergy, ad esempio, ha chiesto il via libera per esplorare un’area di 290 chilometri quadrati tra Bergamo e Brescia, mentre l’americana Mac Oil sta attendendo il via libera definitivo del ministero per un’indagine sismica non soggetta a verifica di impatto ambientale tra Lodi e Milano.

Come se non bastasse, la raffineria di Sannazzaro de Burgondi (Pv) di proprietà Eni, una delle più efficienti in Europa, sta intensificando in modo esponenziale la sua attività.

I petrolieri stessi, tramite Assomineraria, hanno già fatto sapere di essere pronti a estrarre tutto l’estraibile, investendo nell’arco dei prossimi quattro anni 12 miliardi di euro per nuovi impianti produttivi in tutta Italia. «Da un impegno finanziario così rilevante – sostiene Assomineraria – potrebbero derivare almeno 70mila nuovi posti di lavoro, oltre 40 miliardi di euro di nuove entrate per lo Stato in venti anni e un risparmio sulla bolletta energetica di 120 miliardi di euro nello stesso periodo».

Per l’Italia è sempre più tortuosa la strada dell’approvvigionamento di petrolio, considerando le impennate sul mercato finanziario del prezzo dei barili. Di conseguenza, stando alle dichiarazioni del ministro Passera, sarà necessario raddoppiare la produzione interna di idrocarburi nel giro di poco tempo.

Da anni si parla di energia pulita e fonti rinnovabili ma purtroppo la realtà è ancora diversa da quella che ci immaginiamo. Il nostro paese rappresenta un vero e proprio «paradiso fiscale» per i magnati del greggio dato che le compagnie petrolifere versano a Stato ed enti locali, come compensazione per lo sfruttamento del territorio, solo il 10% per le estrazioni in terraferma, contro, per esempio, l’80% della Russia e il 60% dell’Alaska.