Realizzati i primi sensori basati su grafene che operano nello spettro terahertz. La ricerca è pubblicata su «Nature Materials» e i prototipi sono già operativi per applicazioni nei controlli di sicurezza
È a firma italiana la nuova applicazione del grafene, reticolo di carbonio dello spessore di un singolo atomo, spesso indicato come «materiale delle meraviglie» per le sue speciali proprietà. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nano), con colleghi delle Università di Cambridge e Montpellier, ha messo a punto un nuovo tipo di sensori che sfruttano il grafene per rivelare le onde terahertz. I dispositivi, come descritto sulla rivista «Nature Materials», possono già essere impiegati per applicazioni nel campo della sicurezza e dei controlli di qualità.
«Nel reticolo del grafene gli elettroni sono in grado di muoversi con velocità estremamente elevate, di conseguenza il materiale risponde in modo molto efficiente quando i suoi elettroni sono investiti da radiazione elettromagnetica, in particolare nello strategico intervallo di frequenze dei terahertz – commenta Vittorio Pellegrini, autore dello studio insieme ad Alessandro Tredicucci, Miriam Vitiello, Marco Polini e Leonardo Vicarelli del laboratorio Nest di Cnr-Nano e Scuola Normale di Pisa -. Abbiamo sfruttato questa “marcia in più” per ottenere rivelatori con prestazioni potenzialmente superiori alle tecnologie attuali».
Le onde terahertz sono una radiazione elettromagnetica di frequenza di poco superiore alle microonde, ideale per applicazioni nei controlli di sicurezza su passeggeri e nei controlli di qualità in processi industriali, dato che penetrano vestiti, bagagli, scatole e imballaggi ma senza rischi per la salute. «Di fatto lo sfruttamento commerciale dei raggi terahertz, ad esempio per realizzare body scanner o controlli alimentari non distruttivi, è limitato dalle tecnologie di rivelazione che non sono abbastanza sensibili o veloci, o richiedono temperature bassissime», commenta Pellegrini.
«I nostri dispositivi sono in grado di eseguire imaging veloce su scala macroscopica e a temperatura ambiente e sono una dimostrazione pratica di nuova tecnologia resa possibile dal grafene. L’operatività è stata testata per “radiografare” una confezione in cartone contenente capsule da caffè in alluminio: l’immagine prodotta dal sensore mostra chiaramente e con buona risoluzione le capsule e le intercapedini di aria», aggiunge Andrea Ferrari dell’Università di Cambridge e coautore dello studio, finanziato dal ministero dell’Istruzione, università e ricerca (Miur) tramite due progetti Futuro in Ricerca 2010.
La ricerca sul grafene continua a dare risultati sorprendenti e a raccogliere investimenti in risorse umane e finanziarie in tutto il mondo. In questi giorni è stato presentato all’Unione europea «Flagship Grafene», un progetto di ricerca di scala mai vista prima in Europa, di cui Ferrari e Pellegrini sono coordinatori per Regno Unito e Italia. «Abbiamo proposto una “roadmap” per creare una nuova tecnologia basata sul grafene e altri materiali bidimensionali nei prossimi 10 anni, supportata da 80 istituzioni e industrie con oltre 120 gruppi di ricerca – conclude Ferrari -. Nei prossimi mesi l’Ue deciderà se erogare un finanziamento di un miliardo di euro, sarebbe un’importante opportunità per mantenere l’Europa leader non solo nella ricerca di base su questo materiale, ma soprattutto nelle sue applicazioni industriali».
(Fonte Cnr)