Tra Enel e Greenpeace è guerra

719
Tempo di lettura: 2 minuti

In seguito al cortometraggio «Uno al giorno» presentato al Festival di Roma, l’associazione ambientalista è stata accusata dalla multinazionale italiana di aver diffuso contenuti calunniosi, diffamatori e lesivi nei suoi confronti

Si arricchisce di nuovi risvolti la diatriba tra Enel e Greenpeace, infittendosi sempre di più. «Non arretriamo di un millimetro», annuncia Andrea Boraschi, responsabile campagna Energia e Clima dell’organizzazione.
Facciamo, però, un passo indietro per capire bene come si è sviluppata la querelle.
In seguito al cortometraggio «Uno al giorno» presentato al Festival di Roma, l’associazione ambientalista è stata accusata dalla multinazionale italiana di aver diffuso contenuti calunniosi, diffamatori e lesivi nei suoi confronti.
«Le centrali a carbone di Enel in Italia causano una morte prematura al giorno», questa la frase di apertura del corto, un documento di denuncia, facilmente consultabile su «Uno al giorno», che evidenzia, talvolta in maniera forte e decisa, gli impatti negativi della produzione energetica della società, che utilizza ancora carbone provocando danni alla salute degli italiani.
Dopo neanche 24 ore dalla proiezione del video, è arrivata puntuale la diffida del gigante dell’elettricità, che ha risposto alla campagna informativa inoltrando all’indirizzo dell’associazione le minacce legali.
«Vi diffidiamo a procedere all’immediata rimozione del filmato in oggetto dal vostro sito, nonché ad astenervi dal tenere condotte calunniose e diffamatorie nei confronti delle società del gruppo Enel», si legge sulla lettera firmata dal presidente della multinazionale Giovanni Mancini.
Non si è fatta attendere neanche la risposta di Greenpeace: «È il tipico atteggiamento arrogante di chi non sa rispondere sui contenuti e non intende spostarsi di un millimetro dalle proprie posizioni. Sono anni che tentiamo di aprire un confronto con Enel sulle sue politiche industriali e in particolare sull’uso che l’azienda fa del carbone – sottolinea Andrea Boraschi –. Da Enel abbiamo ricevuto ben poche risposte, mai pertinenti alle nostre domande, e tante carte bollate dai loro legali. Si tratta di un’azienda controllata anche dal nostro Governo, non può continuare a dimostrarsi sorda alle nostre accuse, parliamo della salute dei cittadini e di danni economici ingenti per il Paese».
Nessun passo indietro, dunque, da parte dell’associazione, anche perché i contenuti essenziali che vengono recriminati da Enel sono gli stessi del ricorso effettuato lo scorso luglio e che però, in quella occasione, il giudice civile di Roma ha respinto precisando che «il nucleo essenziale della notizia riportata da Greenpeace è conforme a verità».
Drastico anche il commento del Direttore generale Giuseppe Onufrio, che propone la rimozione dei vertici dell’organizzazione che hanno promosso carbone e nucleare.
Il futuro, probabilmente, non è quello che loro disegnano, prima se ne accorgono i nostri politici, visto che Enel è ancora pubblica al 31%, meglio è per tutti gli italiani.