Ripartire dai Contratti di Fiume

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Si configurano come strumenti di programmazione negoziata interrelati a processi di pianificazione strategica per la riqualificazione dei bacini fluviali, riqualificazione intesa nella sua accezione più ampia e pertanto riguardante, nella loro interezza, gli aspetti paesistico-ambientali

Si è tenuto, pochi giorni fa, a Bologna, il VII Tavolo nazionale dei Contratti di Fiume, incontro durante il quale è stato possibile confrontare e condividere indirizzi e approcci comuni sul tema del Green New Deal per i territori fluviali.
I precedenti Tavoli tenutisi in Lombardia e Piemonte hanno dimostrato l’importanza di questo evento per chi si occupa di pianificazione, programmazione e gestione dei territori fluviali. Il V e VI Tavolo nazionale hanno, infatti, contribuito alla stesura ed al lancio della «Carta nazionale dei Contratti di Fiume» che rappresenta il manifesto fondativo dei Contratti di Fiume (CdF) in Italia. La Carta ha fornito una base concettuale per far emergere nuove progettualità, contribuire ad uscire dalla cultura del rischio e dell’emergenza e facilitare il passaggio dalla pura pianificazione alla pianificazione/programmazione/attuazione.
Bene, ma cos’è un CdF?
I Contratti di Fiume si configurano come strumenti di programmazione interrelati a processi di pianificazione strategica per la riqualificazione dei bacini fluviali, riqualificazione intesa nella sua accezione più ampia e pertanto riguardante, nella loro interezza, gli aspetti paesistico-ambientali. L’aggettivo «strategico» sta ad indicare un percorso di co-pianificazione in cui la metodologia ed il percorso stesso sono condivisi in itinere con tutti gli attori che nella pratica sono la comunità (comuni, province, ato, regione, associazioni, imprese, cittadini, ecc.), il territorio (suoli, acque, insediamenti, aria, ecc.), l’insieme di politiche e di progetti a diverse scale/livelli.
Con la promozione di un CdF si intende attuare il passaggio da politiche di tutela dell’ambiente a più ampie politiche di gestione delle risorse paesistico-ambientali, agendo in molteplici settori che vanno dalla protezione e tutela degli ambienti naturali alla tutela delle acque, dalla difesa del suolo alla protezione del rischio idraulico.
Inoltre, è anche importante capire la definizione pratica di un Cdf che si sviluppa attraverso:
a) uno scenario strategico condiviso, ossia una visione strategica di medio-lungo termine, ampiamente condivisa, dello sviluppo locale che si intende perseguire (inteso come modello socio-economico, come paesaggio in senso lato, come qualità di vita, ecc.);
b) uno strumento di valutazione delle politiche e della loro efficacia e coerenza con gli obiettivi;
c) una programmazione di bacino che indichi interventi e regole condivise e integrate da attuare, in tempi definiti, dai soggetti interessati.
In ultimo, c’è la dimensione territoriale di un CdF che è rappresentata dalla scala di bacino del fiume interessato, e può quindi includere il territorio non solo di più comuni, ma anche di più province o regioni.
Ma ritornando al VII Tavolo nazionale dei Contratti di Fiume, è risultato evidente come sia sempre più vivo l’interesse nei confronti di questi strumenti complessi che si configurano, allo stesso tempo, come metodo di lavoro e formula organizzativa per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e sicurezza dei bacini fluviali italiani.
Si è discusso e sono stati approfonditi temi riguardanti la possibilità di integrare i CdF nelle politiche regionali e nazionali, di gestire i bacini fluviali inserendoli nei percorsi di green economy e crescita sostenibile, di definire l’uso del suolo e la manutenzione dei paesaggi fluviali.
Le discussioni hanno fatto emergere sia questioni aperte, ad esempio quale grado di formalizzazione deve essere dato ai contratti di fiume all’interno della legislazione regionale e nazionale, sia prospettive di miglioramento, in particolare nell’ottica di una migliore efficienza nell’utilizzo delle risorse economiche e di un coinvolgimento sempre più attivo dei partner locali (intendendo anche i singoli cittadini) per la manutenzione del territorio grazie alla definizione di responsabilità riconosciute.
In definitiva, se si guarda al fiume come generatore di territorialità, è facile ritenere i CdF come laboratori di nuovi modelli di sviluppo radicati localmente che evidenziano come la differenziazione di sistemi territoriali richieda un sistema di governance flessibile, in grado di comporre a livello locale i conflitti e gli interessi mediante processi aderenti alle specifiche vocazioni territoriali.