Allarme grandi squali bianchi

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Un rilevamento a livello muscolare ha evidenziato una presenza di alti livelli di contaminanti ambientali e probabile presenza di «proteine femminili in organismi maschili ed immaturi». Gli inquinanti ed i valori osservati sono almeno 100 volte superiori a quelli rilevati in un più piccolo studio realizzato nel 2005 su solamente 3 esemplari, mentre in questo caso sono stati analizzati ben 15 campioni

Un’équipe italo-sudafricana, che comprende ricercatori dell’Università della Calabria, di Siena, di Bologna, di Stellenbosch in Sudafrica, coordinata dal Centro Studi Squali dell’Aquarium Mondo Marino di Massa Marittima (Toscana, Italia) lancia un allarme per i grandi squali bianchi, riguardante il rilevamento a livello muscolare di alti livelli di contaminanti ambientali e la probabile presenza di proteine femminili in organismi maschili ed immaturi.
La ricerca si è sviluppata nell’ambito di un ampio progetto che da alcuni anni ha come obiettivo il monitoraggio dei vari aspetti della complessa biologia degli squali bianchi che vivono lungo le coste sudafricane.
Recentemente, con l’autorizzazione della Marine Coastal Management sudafricana, organismo governativo di controllo e protezione dell’ambiente marino, sono state realizzate alcune analisi ecotossicologiche preliminari, importanti per valutare lo stato di salute di questi fondamentali predatori.
Al Congresso internazionale dell’European Elasmobranch Association che ospita ricercatori e studiosi di squali, tenutosi a Milano tra il 22 ed il 25 novembre scorso, sono stati presentati dati molto allarmanti su questa specie.
Sono stati analizzati contaminanti lipoaffini xenobiotici quali Ddt (diclorodifeniltricloroetano), Pcb (policlorobifenili) ed Hcb (esaclorobenzene), banditi dalla Convenzione di Stoccolma sui Contaminanti Organici Persistenti (Persistent Organic Pollutants), ed i valori osservati sono almeno 100 volte superiori a quelli rilevati in un più piccolo studio realizzato nel 2005 su solamente 3 esemplari, mentre in questo caso sono stati analizzati ben 15 campioni. Sono stati indagati per la prima volta in questi animali anche gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (Ipa), componenti tossici del petrolio, riscontrando livelli alti in funzione del grande traffico petrolifero presente.

È stata rilevata inoltre, sulle biopsie cutanee di tre squali sessualmente immaturi (maschio, femmina e non determinato) la presenza di proteine in grado di cross-reagire con un anticorpo specifico per la vitellogenina, probabilmente tali proteine sono prodotti di degradazione della vitellogenina stessa, una proteina normalmente presente solo nelle femmine di vertebrati ovipari.
Questo risultato potrebbe costituire un campanello di allarme sulla presenza di effetti estrogenici legati alla contaminazione da sostanze come quelle da noi rilevate, conosciute anche come Endocrine Disrupting Chemicals (EDCs) in questa specie. Nonostante l’importante e positivo impegno a difesa degli squali bianchi portato avanti dal governo sudafricano che per primo al mondo ha emanato leggi in difesa della specie, le informazioni che il gruppo di ricerca italo-sudafricano sta accumulando richiedono un allargamento delle analisi non solo al resto della popolazione di squali bianchi sudafricani ma anche di altre latitudini con lo stesso impegno già profuso dal governo sudafricano anche da parte di altri governi ed organismi internazionali. Gli squali bianchi infatti, è stato dimostrato recentemente, sono animali migratori e si spostano negli oceani con grande facilità, è quindi prioritario conoscerne a fondo lo stato di salute globale, trattandosi di una specie considerata già ad alto rischio di conservazione e con bassi tassi di natalità.