La conoscenza di terremoti e alluvioni nell’antichità al centro del convegno. Una disciplina di grande interesse culturale utile anche ai fini della prevenzione degli eventi attuali. Per l’Italia sono coinvolti nell’unità di ricerca «Piaghe d’Egitto» quattro istituti del Cnr: oltre all’Iscima, l’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Iia-Cnr), l’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc-Cnr) e l’Istituto di biometeorologia (Ibimet-Cnr)
Il più antico terremoto documentato in Egitto fu quello di Tell Farkha (3200-3000 a.C.), ma un periodo sismico particolarmente attivo fu anche quello del faraone Ramesse II. L’Egitto è stato effettivamente colpito da numerose «piaghe»: eventi estremi, tra cui terribili nubifragi, oggetto del convegno internazionale in corso ieri e oggi a Roma, presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche e presso l’Università la Sapienza.
Nelle due giornate di lavori (dal titolo «Reading catastrophes: Methodological Approaches and Historical Interpretation. Earthquakes, Famines, Epidemics, Floods between Egypt and Palestine – 3rd – 1st millennium BC») egittologi e storici dell’antichità si sono riuniti assieme a fisici, chimici, geologi e geografi, per parlare degli eventi distruttivi avvenuti nell’antichità dell’antico Egitto e del Vicino Oriente.
«Gli antichi popoli del Mediterraneo ci hanno lasciato numerose testimonianze riguardanti disastri ambientali: tra queste i racconti biblici, in particolare quelli dell’Esodo, che descrivono eventi geofisici avvenuti tra Egitto e Palestina», spiega Giuseppina Capriotti, egittologa dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico del Cnr (Iscima-Cnr), coordinatrice dell’unità di ricerca Cnr «Piaghe d’Egitto». «L’area del Sinai è sempre stata molto attiva da un punto di vista geofisico, e dovette segnare profondamente l’immaginario e la tradizione orale dei popoli antichi».
Il più antico terremoto documentato archeologicamente in Egitto «è quello di Tell Farkha (3200-3000 a.C.), sito del Delta egiziano, scavato da una missione polacca – prosegue Capriotti –. Un gruppo di giovani studiosi sta raccogliendo i dati attraverso il vaglio della documentazione archeologica e di quella scritta. L’analisi dei testi geroglifici e ieratici viene coordinata dal prof. Vincent Laisney, egittologo del Pontificio istituto biblico. Un periodo particolarmente attivo da un punto di vista sismico fu quello del famoso Ramesse II (XIX dinastia) e dei suoi successori. Secondo le fonti, il corteo della sposa hittita di Ramesse II fu salutato al suo arrivo in Egitto da un terremoto, considerato una manifestazione divina. Tracce di terremoto sono state rinvenute a Tebe ovest, non lontano dalla valle dei re: sotto i crolli, sono stati trovati attrezzi databili tra la XIX e la XXII dinastia».
L’Egitto fu colpito in passato anche da terribili nubifragi. Uno di questi, illustrato da una stele della XVIII din. Commentata durante il convegno dal prof. Robert K. Ritner dell’Oriental Institute di Chicago, potrebbe essere connesso con l’esplosione vulcanica di Thera (Santorini). «Importanti tracce di alluvioni sono state trovate in tombe della fine della XIX din., quando dei graffiti della Valle dei Re menzionano “l’acqua del cielo” – aggiunge la climatologa Marina Baldi dell’Ibimet-Cnr –. Il fenomeno di questi violenti acquazzoni in territorio arido o in progressiva desertificazione, è ben conosciuto. Le zone dove si scontrano masse d’aria diversa, possono conoscere piogge torrenziali».
Per l’Italia sono coinvolti nell’unità di ricerca «Piaghe d’Egitto» quattro istituti del Cnr: oltre all’Iscima, l’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Iia-Cnr), l’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc-Cnr) e l’Istituto di biometeorologia (Ibimet-Cnr), partecipano poi il Pontificio Istituto Biblico, l’Università della Calabria, l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), il Gruppo interistituzionale Telegeo e la Pontificia Università Urbaniana.