Si allunga l’agonia di Kyoto

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foto di Getty Images
Lo smog in una città del Sudest Asiatico
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La sua validità è stata estesa per non far decadere il trattato nel tentativo di rallentare i cambiamenti climatici. L’obbligo è di ridurre le emissioni di CO2 fra il 25 e il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990. Una validità solo giuridica senza l’accordo di Russia, Giappone, Canada e Usa. Delusione di Clini

Si prolunga fino al 2020 l’agonia del protocollo di Kyoto. La sua validità è stata estesa per non far decadere il trattato nel tentativo di rallentare i cambiamenti climatici. L’obbligo è di ridurre le emissioni di CO2 fra il 25 e il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990.
Sono le conclusioni della XVIII Conferenza delle Nazioni Unite sui Mutamenti climatici tenutasi a Doha: 17.000 delegati in rappresentanza di circa 200 Paesi e organismi internazionali.
Una validità solo giuridica senza l’accordo di Russia, Giappone e Canada. I Paesi firmatari risultano essere responsabili solo del 15 per cento delle emissioni di gas inquinanti (gli Usa non hanno mai firmato Kyoto). E nessun pacchetto di aiuti ai Paesi in via di sviluppo.
Gli scienziati avrebbero voluto impegni più stringenti per evitare ondate di calore, tempeste, inondazioni, trombe d’aria, siccità, aumento dei livelli del mare.

«Invece di fare un passo avanti, la comunità internazionale ha fatto un passo indietro perché non si è riusciti a trovare un accordo in grado di dare concretezza e continuità di impegni presi con il Protocollo di Kyoto», commenta il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini.
«Siamo lontani – ha detto ancora – dagli obiettivi che ci eravamo dati ormai più di venti anni fa».