Una nuova ricerca conferma la veneranda età dell’ecosistema tropicale. I risultati indicano che molte specie arboree amazzoniche sono sopravvissute a periodi caldi in passato ed hanno, quindi, buone probabilità di sopravvivere al cambiamento climatico previsto per l’anno 2100 secondo le proiezioni dell’Ipcc
Alcune specie arboree della foresta tropicale amazzonica hanno più di otto milioni di anni d’età. È quanto emerge da uno studio genetico pubblicato sul numero di dicembre 2012 di «Ecology and Evolution».
Christopher Dick dell’Università del Michigan e dello Smithsonian Tropical Research Institute (Stri), Simon Lewis dell’Università di Leeds, Mark Maslin dell’University College di Londra e Eldredge Bermingham del Stri hanno analizzato l’età di 12 specie di alberi diffusi in Amazzonia ed hanno scoperto che nove delle specie sono nate prima del Pliocene circa 2,6 milioni di anni fa, sette nel Miocene (5,6 milioni di anni fa) e tre hanno più di otto milioni di anni.
I risultati indicano che molte specie arboree amazzoniche sono sopravvissute a periodi caldi in passato ed hanno, quindi, buone probabilità di sopravvivere al cambiamento climatico previsto per l’anno 2100. Le temperature atmosferiche in Amazzonia durante il Pliocene inferiore erano simili a quelle previste nel 2100 dall’Ipcc per la regione sudamericana in uno scenario di moderata emissione di carbonio, mentre le temperature nel tardo Miocene (5,3-11,5 milioni di anni fa) sono più o meno ciò che le previsioni dell’Ipcc stimano in uno scenario di elevate emissioni di anidride carbonica. Lo studio sembra essere in contrasto con altre ricerche che suggeriscono che molti alberi amazzonici sarebbero in pericolo di estinzione a causa delle temperature più elevate. Per esempio uno studio del 2008 pubblicato su Pnas stimava che circa il 50% delle specie «rare» in tutta l’Amazzonia potrebbe scomparire a causa dei mutamenti climatici.
Tuttavia gli autori avvertono che i risultati non indicano che gli alberi in Amazzonia sono fuori pericolo; altri cambiamenti ambientali ed ecologici rendono la regione molto vulnerabile.
«Il passato non può essere confrontato direttamente con il futuro. Mentre le specie arboree sembrano in grado di tollerare temperature più elevate rispetto ad oggi, la foresta amazzonica è in fase di conversione per l’agricoltura e la creazione di miniere e ciò che resta viene degradato dal taglio, dalla realizzazione di strade e dall’urbanizzazione – ha dichiarato Lewis in un comunicato –. Le specie non si muoveranno liberamente in Amazzonia oggi come hanno fatto in precedenti periodi caldi, in cui non c’era influenza umana. Allo stesso tempo, i cambiamenti climatici di oggi sono estremamente veloci e fare paragoni con i più lenti cambiamenti del passato è difficile».
Gli autori invitano, quindi, ad intraprendere politiche di conservazione focalizzate sulla prevenzione della deforestazione. E consigliano, inoltre, la riduzione delle emissioni globali di gas ad effetto serra.
«Con una più chiara comprensione dei rischi relativi ai cambiamenti nella foresta amazzonica, si può concludere che gli impatti diretti umani, come la creazione di spazi per l’agricoltura o le miniere, devono essere ben gestiti e controllati con serie politiche di conservazione – ha sottolineato Lewis –. Abbiamo anche bisogno di un’azione più decisa per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, al fine di minimizzare il rischio di siccità ed i danni causati dal fuoco per assicurare il futuro della maggior parte delle specie arboree dell’Amazzonia».
L’Amazzonia è la più grande foresta pluviale della Terra. Quasi i due terzi del Rio delle Amazzoni si trova entro i confini del Brasile, che ha fatto grandi progressi nel ridurre la deforestazione dal 2004. Tuttavia la deforestazione nei Paesi del bacino del fiume ad esclusione del Brasile è rimasta costante negli ultimi anni.
Riferimenti bibliografici: Dick, C. W., Lewis, S. L., Maslin, M. and Bermingham, E. (2012), Neogene origins and implied warmth tolerance of Amazon tree species. Ecology and Evolution. doi: 10.1002/ece3.441
Fonte: www.mongabay.com