Segmento «anticiclico», resiste al calo dei consumi alimentari. In occasione della presentazione del decimo rapporto Qualivita-Ismea, la Cia ricorda che in un anno il Belpaese ha guadagnato altre 9 certificazioni, allungando la distanza da Francia e Spagna. Anche a Natale, i prodotti di qualità regolamentata non mancheranno sulle tavole delle feste. Ma ora bisogna fare di più sul fronte della promozione, soprattutto per i prodotti «stellati» meno conosciuti
L’Italia resta salda al comando della classifica europea delle produzioni certificate, che crescono a un ritmo sostenuto che non ha pari in nessun altro Paese Ue. In un solo anno lo Stivale ha guadagnato altri nove riconoscimenti, passando dalle 239 certificazioni registrate al 31 dicembre 2011 alle 248 attuali. Si tratta di un primato che conferma ulteriormente l’eccellenza delle produzioni «made in Italy» rispetto ai nostri competitor più agguerriti. Francia e Spagna ci seguono, infatti, ma a notevole distanza: Parigi si ferma a 192 riconoscimenti e Madrid a 161. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in occasione della presentazione del decimo rapporto Qualivita-Ismea.
D’altra parte, sottolinea la Cia, il segmento dei prodotti italiani «garantiti» ha un rilevante peso di mercato. Il giro d’affari legato alle produzioni Dop e Igp arriva a 12 miliardi di euro l’anno, di cui il 34 per cento legato all’export. Ma anche «in casa» le cose vanno piuttosto bene: mentre i consumi alimentari crollano dell’1,5 per cento sotto il peso della crisi, il segmento delle produzioni certificate è assolutamente anticiclico, trascinato in alto dalle performance stupefacenti del Parmigiano Reggiano (con un fatturato in crescita del 15 per cento sul 2011) o del Grana Padano (+7 per cento).
Anche a Natale le famiglie non rinunceranno a Dop e Igp. Si taglierà piuttosto su regali (-9 per cento) e vacanze (-4 per cento) ma non sulla tavola (+0,9 per cento), dove non mancheranno certo i prodotti di qualità certificata, dai formaggi (che rappresentano quasi il 58 per cento delle Dop e Igp) ai salumi e agli ortofrutticoli. Senza contare che, per esempio, nell’85 per cento dei «pacchi-dono» regalati alle feste c’è almeno una bottiglia di vino a denominazione d’origine.
Tutto questo, però, non deve distogliere l’attenzione dal fatto che oggi oltre l’80 per cento del fatturato totale del comparto è legato ancora a poche denominazioni, tra cui appunto il Parmigiano, il Grana, il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele. Per questo, osserva la Cia, ora è necessario sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita, organizzando le filiere e incrementando Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, che devono poter intervenire anche nella programmazione della produzione (attualmente possibile solo per il settore lattiero-caseario). Tanto più che adesso il «Pacchetto Qualità», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea (Guce), rafforza le tutele almeno in Ue ed amplia l’orizzonte della qualità regolamentata includendo prodotti di montagna, prodotti di fattoria, prodotti delle isole.