A poche ore dal discorso di fine anno del presidente Napolitano ricordiamo tutti i riferimenti fatti nel passato sulla prevenzione da frane, inondazioni e terremoti. Un’Agenda per il futuro governo. Certo non possono essere le proposte di assicurazioni sugli immobili a svolgere questo ruolo di prevenzione che rimane strategico solo sui comunicati stampa. È come se per prevenire e ridurre gli incedenti stradali si decidesse di aumentare il premio delle polizze assicurative delle auto. Un convegno sul Vajont
Fra poche ore l’undicesimo Capo dello Stato Giorgio Napolitano pronuncerà il suo ultimo discorso di fine anno a conclusione del suo settennato da Presidente della Repubblica italiana, iniziato con il discorso d’insediamento del 15 maggio 2006.
Il messaggio di fine anno 2011 oltre ai temi economici ha toccato con passione emozionante i temi ardui e complessi come quelli sociali e del dissesto idrogeologo, temi che la nazione affronta da decenni come delle improvvise emergenze, ma le parole del Presidente sintetizzano la consapevolezza di una profonda cronicità nelle non attuare le nobili politiche di prevenzione, politiche valide sia per i temi sociali sia per i rischi naturali. Così il Presidente Napolitano il 31 dicembre 2011: «Mi auguro che i cittadini guardino con attenzione, senza pregiudizi, alla prova che le forze politiche daranno in questo periodo della loro capacità di rinnovarsi e di assolvere alla funzione insostituibile che gli è propria di prospettare e perseguire soluzioni per i problemi di fondo del paese. Non c’è futuro per l’Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica. Solo così ci porteremo, nei prossimi anni, all’altezza di quei problemi di fondo che sono ardui e complessi e vanno al di là di pur scottanti emergenze. Avvertiamo quotidianamente i limiti della nostra realtà sociale, confrontandoci con la condizione di quanti vivono in gravi ristrettezze, con le ansie e le incertezze dei giovani nella difficile ricerca di una prospettiva di lavoro. E insieme avvertiamo i limiti del nostro vivere civile, confrontandoci con l’emergenza della condizione disumana delle carceri e dei carcerati, o con quella del dissesto idrogeologico che espone a ricorrenti disastri il nostro territorio, o con quella di una crescente presenza di immigrati, con i loro bambini, che restano stranieri senza potersi, nei modi giusti, pienamente integrare».
Un richiamo ai rischi geologici, siano essi terremoti, alluvioni o frane, nei discorsi di fine anno si trovano in altri discorsi di fine anno, ma, a dire il vero, erano disastri umani, sociali e culturali troppo grandi da non essere citati. Così bisogna dare merito al Presidente Napolitano di aver dimostrato in questi anni di mandato presidenziale una particolare sensibilità al tema del dissesto idrogeologico.
Tra le tragedie che il popolo italiano ha vissuto negli ultimi 50 anni a seguito di calamità naturali, si trova traccia nel discorso di Sandro Pertini di fine anno del 1980 a pochi giorni dal disastroso terremoto del 23 novembre che colpì l’Irpinia: «Ebbene noi non con le parole, ma con i fatti dobbiamo cercare di confortare, di aiutare i sopravvissuti del terremoto. Dobbiamo al più presto cercare di ricostruire i loro paesi e le loro case con criteri antisismici. E qui il governo dovrà vigilare perché i criteri antisismici siano veramente osservati»… «Per quanto riguarda il cataclisma sismico, abbiamo avuto la prova della generosità del popolo italiano. Il popolo italiano, spontaneamente ha ritrovato la sua unità nazionale e la sua concordia nazionale. Spontaneamente sono venuti aiuti alla gente del Meridione vittime del terremoto, volontari, che si sono portati nelle zone devastate dal cataclisma, specialmente molti giovani».
Sentite le parole di apertura del discorso di fine anno del Presidente Giuseppe Saragat nel 1966 all’indomani dell’alluvione di Firenze: «Quest’anno si chiude con una nota di tristezza e l’anno che sorge porta con sé preoccupazioni che si pensavano superate grazie al ritmo di sviluppo che ha caratterizzato tanta parte del 1966; e ciò a causa delle alluvioni di novembre, che hanno funestato regioni a tutti care e, in esse, centri di civiltà che sono patrimonio comune a tutti i popoli. Le perdite di vite umane, contenute nel numero grazie all’abnegazione delle forze armate, delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, della croce rossa italiana, dei volontari e soprattutto delle stesse popolazioni colpite, sono le più dolorose. Ai familiari delle vittime desidero confermare l’espressione del commosso cordoglio della nazione e mio. A tutti coloro che hanno contribuito a salvare vite umane, ad alleviare con la loro opera e con soccorsi le sofferenze delle popolazioni, ad attenuare i danni dell’inondazione, esprimo la gratitudine del paese, con una speciale menzione per i tanti giovani, lavoratori e studenti che, in spirito di spontanea generosità, si sono in quest’ora ammirevolmente prodigati. Dolorose sono le sofferenze morali e materiali di tante famiglie, come pure le perdite, sentite con sgomento da tutto il mondo, che hanno colpito il nostro patrimonio artistico e culturale. Cataclismi naturali come quello che si è abbattuto sull’Italia non possono essere evitati. Ma è possibile ridurne il rischio e le conseguenze, mediante una adeguata politica di difesa del suolo, di sistemazione dei fiumi, di protezione civile».
Toccanti le parole del Presidente Antonio Segni nel discorso del 1963 nel ricordare le tante vittime indirette di una grande frana, prevedibile e prevista ma troppo piccola nei confronti della mancanza di coraggio nell’ammissione del fallimento dell’ingegno umano. La frana precipitando rovinosamente nell’invaso artificiale, realizzato lungo il torrente Vajont per produzione di energia elettrica, generò un’onda che superata la diga spazzo via in pochi minuti case e cittadini. Le parole del Presidente: «L’anima della Nazione, nel corso del 1963, doveva essere crudelmente percossa da una terribile sciagura, nella quale migliaia di nostri fratelli persero la vita e i beni. Alle vittime ed ai superstiti del disastro del Vajont vada, oggi, ancora il nostro commosso ed affettuoso pensiero; ai superstiti, in particolare, il rinnovato impegno che non saranno tralasciati gli sforzi per aiutarli a ricostruire la loro vita. La immediata solidarietà dimostrata in quei tristi giorni dagli italiani, con indimenticabile slancio, ha dato la misura precisa di quanto affidamento si possa sempre fare sui sentimenti più nobili del nostro popolo, che si trova saldamente unito, sopratutto quando la sventura bussa alla porta».
I temi dei rischi geologici sono sempre più importanti per la popolazione e l’economia, della costruzione e della ricostruzione, del nostro paese. Di recente Ance/Cresme ha pubblicato il primo rapporto dal titolo «Lo stato del territorio italiano 2012» nel quale si analizzano l’entità della popolazione e il patrimonio edilizio in questo momento esposto ai rischi naturali, in altre parole il rischio idrogeologico (frane e alluvioni) e il rischio sismico. Il rischio idrogeologico interessa il 10% della superficie italiana (29,5mila kmq) e riguarda l’89% dei comuni (pari a 6.631), mentre le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44% del territorio nazionale (131mila kmq) con il 36% dei comuni (pari a 2.893). Il rapporto Ance/Cresme stima che la popolazione potenzialmente esposta a un elevato rischio idrogeologico è pari a 5,8 milioni di persone, mentre quella potenzialmente esposta all’elevato rischio sismico è pari a 21,8 milioni di persone. Nelle aree a elevata criticità idrogeologica si trovano circa 1,2 milioni di edifici e in quelle a elevato rischio sismico 5,5 milioni.
Con i dati del rapporto pubblicato dall’Ance/Cresme si comprende come dai tempi del discorso del Presidente Antonio Segni sul disastro del Vajont a oggi, il territorio italiano e la sua popolazione hanno conservato la loro elevata esposizione ai rischi naturali.
Molto probabilmente anche nell’ultimo discorso, quello del 31 dicembre 2012 a reti unificate che chiuderà il suo mandato, il Presidente Napolitano ricorderà le popolazioni colpite dai terremoti appenninici che hanno interessato le regioni del centro nord. Forse sarà un discorso sulla prevenzione, sulla capacità del popolo italiano di risollevarsi con il suo ingegno e il suo attaccamento e amore per il proprio territorio, forse sarà un discorso rivolto sia alla popolazione sia a chi fra pochi mesi formerà il nuovo Governo.
Il prossimo Governo dovrà analizzare con attenzione la storia degli eventi calamitosi del nostro paese e, traendo beneficio dal passato, dovrà compiere le valutazioni delle azioni nell’interesse della collettività. Il prossimo Governo non dovrà dimenticare che in Italia è già vietato costruire nelle zone ad altissimo rischio idrogeologico (da alluvione e da frana), tali divieti sono sanciti dai Piani assetto idrogeologico (Pai) previsti dalla Legge 183 del 1989 «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo». Per fortuna l’agenda del Governo tecnico sulla strategia di difesa del territorio da alluvioni e cambiamenti climatici, anticipata nei primi giorni di dicembre da comunicati stampa, non potrà essere attuata per la fine anticipata della XVI legislatura. Un’azione di prevenzione deve tendere a salvare le vite umane, a monitore il territorio, a prevedere gli eventi e prevenire le tragedie. Certo non possono essere le proposte di assicurazioni sugli immobili a svolgere questo ruolo di prevenzione che rimane strategico solo sui comunicati stampa. È come se per prevenire e ridurre gli incedenti stradali invece, come si è fatto, di imporre una riduzione dei limiti di velocità, intensificare la rete di monitoraggio della velocità come deterrente per i trasgressori, migliorare la viabilità e le caratteristiche di sicurezza dei mezzi di trasporto si decidesse di aumentare il premio delle polizze assicurative delle auto. È banale dire che non si deve costruire nelle aree a rischio idrogeologico, bisogna incoraggiare i controlli e le delocalizzazioni prima che il prossimo evento spazzi via tutto: vite umane e infrastrutture.
Il popolo italiano spera sempre che i messaggi di fine anno del Presidente della Repubblica siano ascoltati anche da chi andrà a ricoprire cariche strategiche per la custodia della loro vita e dei loro beni, essi continuano a confidare nelle valutazioni della nobile politica che possa realmente garantire un piano di gestione e prevenzione di quelli che oggi sono eventi naturali previsti e prevedibili.