La decisione è stata presa a seguito del documento «Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione della terra», con cui la Commissione europea ha, in questi giorni, posto l’attenzione proprio sull’eccessivo consumo di suolo nel Vecchio continente
Stop al consumo di suolo, ecco il nuovo obiettivo dell’Europa, che si è autoimposta di raggiungere, entro il 2050, una quantità pari a zero.
La saggia e ponderata decisione è stata presa a seguito del documento «Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione della terra», con cui la Commissione europea ha, in questi giorni, posto l’attenzione proprio sull’eccessivo consumo di suolo nel Vecchio continente.
Janez Potocnik, commissario europeo per l’ambiente e portavoce dell’iniziativa ha di recente affermato: «la sfida è quella per cui ogni Stato membro dovrà tener conto delle conseguenze derivanti dall’uso dei terreni entro il 2020, con il traguardo di un incremento dell’occupazione di terreno pari a zero da raggiungere entro il 2050 e la posa di superfici impermeabili nel contesto dell’urbanizzazione e del cambiamento d’uso del terreno, con conseguente perdita di risorse del suolo, rappresenta una delle grandi sfide ambientali per l’Europa di oggi».
La riduzione di consumo di suolo deve essere interpretata come un’esigenza dell’intera comunità, pertanto l’elemento portante che sta alla base del documento e che risulta necessario per il raggiungimento di tale obiettivo sarebbe da rinvenire nella piena collaborazione tra tutte le autorità pubbliche competenti, quindi non solo i diversi settori e dipartimenti preposti alle questioni ambientali ma anche gli stessi enti locali e governativi che sono in stretto contatto col territorio.
Dal 1950 la superficie totale delle aree urbane nell’Ue è aumentato del 78%, mentre la crescita demografica è stata di appena il 33%. Ciò significa che in tutta Europa vi è la cattiva tendenza di prevedere piani di espansione urbanistica senza un’equilibrata correlazione con le effettive esigenze demografiche. Attualmente, le zone periurbane presentano la stessa estensione di superficie edificata delle aree urbane, tuttavia solo la metà di esse registrano la stessa densità di popolazione. Il cosiddetto sprawl è un fenomeno pericoloso perché la diffusione di nuclei caratterizzati da bassa densità demografica costituisce una grande minaccia per uno sviluppo urbano sostenibile.
Inoltre, l’impermeabilizzazione, supponiamo di un ettaro di suolo, oltre a ridurre gli effetti benefici che un terreno ha sull’ecosistema, sarebbe in grado di far evaporare una quantità d’acqua tale per cui verrebbe impiegata un’energia prodotta da 9.000 congelatori, circa 2,5 kWh, per rendere quel terreno arido. Quindi, presumendo che l’energia elettrica costi 0,2 Eur/kWh, un ettaro di suolo impermeabilizzato farebbe perdere circa 500.000 euro a causa del maggior fabbisogno energetico.
«L’impermeabilizzazione del suolo comporta un rischio accresciuto di inondazioni e di scarsità idrica, contribuisce al riscaldamento, minaccia la biodiversità e suscita particolare preoccupazione allorché vengono ad essere ricoperti terreni agricoli fertili. Dobbiamo utilizzare il suolo in modo più intelligente – continua Potocnik – se vogliamo salvaguardare e trasmettere alle generazioni future le sue molteplici funzioni vitali. Sono convinto che i presenti orientamenti possano costituire un utile strumento per operare in questa direzione».