Il paradosso della civiltà

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Un romanzo-saggio che, prendendo spunto dalle vicende di due personaggi agli antipodi del mondo, narra in estrema sintesi la storia dell’umanità

«No, caro uomo civilizzato, noi non diventeremo mai come voi. Potete anche chiamarci selvaggi. Violentarci, imprigionarci, picchiarci. Potete sentirvi superiori perché vi definite civili. Ma noi non tradiremo mai la nostra Natura, non feriremo mai la nostra Madre e non soggiogheremo mai un nostro Fratello. Per noi l’unica vera ricchezza è la vita. La vita è l’unica cosa che conta. Solo in lei è la bellezza. Solo in lei la speranza».

«Io ormai sono vecchia e deperita da questi anni trascorsi lontani da casa. La polvere ha riempito i miei polmoni ed il sole ha bruciato la mia pelle. Non mi resta molto da vivere. Ma io continuo ad essere parte di tutti voi, Mathaar. Sento ancora nelle mie vene scorrere la linfa degli alberi della foresta, nonostante le siamo lontani da tempo. Sento nel cuore i vostri respiri, nelle orecchie il canto degli uccelli e tra le mani il calore delle pellicce. La mia anima non se n’è mai andata da quella foresta».

«Ho un cancro, Tommaso. Ormai mi ha divorato i polmoni. Mi han detto che saranno stati i fumi che ho respirato per tutti quegli anni in fabbrica e le sigarette. Sai, dicono che è il male del secolo. Secondo me è il male della civiltà».

Sono stralci di dialogo presi da quest’ultimo lavoro di Roberto Cazzolla Gatti, «Il Paradosso della Civiltà» (Adda Editore, pagine 245, costo 15 Euro). L’Autore è un biologo ambientale ed evolutivo ed ha un Dottorato di ricerca in Ecologia Forestale. È esperto di analisi della biodiversità, ecologia teoretica e fotografia naturalistica. Ha pubblicato diversi libri e articoli scientifici su riviste internazionali proponendo la Teoria delle Nicchie biodiversità-dipendenti ed i Modelli globali di sviluppo umano e protezione dell’Ambiente.

Pubblichiamo a seguire la presentazione del libro fatta da Roberto Cazzolla Gatti.

 

«Il Paradosso della civiltà» è un romanzo-saggio che, prendendo spunto dalle vicende di due personaggi agli antipodi del mondo, narra in estrema sintesi la storia dell’umanità. Il testo è volutamente scritto al presente, un tempo verbale solitamente poco utilizzato in letteratura, ma che dona a chi legge il senso di contemporaneità e di urgenza di quanto raccontato. Una sorta di esperimento che porta le vicende descritte a divenire parte, poiché davvero lo sono, della vita di chi legge. Una sorta di meta-narrazione in cui è labile il confine e mutevole il rapporto tra personaggi e lettori.

Tommaso e Mathaar, i due protagonisti principali, vivono rispettivamente a Torino, in Italia e nella foresta tropicale del bacino del Congo, in Africa. Il primo, figlio di un operaio finito nell’ingranaggio del ricatto del lavoro, appartiene alla cosiddetta civiltà ed il secondo, un pigmeo costantemente in migrazione col suo clan, al mondo dei selvaggi.
La narrazione segue l’intera esistenza, apparentemente distinta, dei due protagonisti, descrivendone la nascita, l’infanzia, l’adolescenza, la maturità ed infine la morte.

Il racconto si svolge inizialmente in maniera lineare, prendendo spunto da episodi della quotidianità per attrarre l’attenzione del lettore su alcuni importanti temi filosofici e morali (riguardanti il lavoro, l’appartenenza, la morte, la felicità, etc.), che caratterizzano i due personaggi, sino al momento in cui le loro vite si incrociano inaspettatamente per rivelare ad entrambi la più fondamentale delle lezioni.
Il libro, organizzato in dieci capitoli con un prologo (che illustra con vivide descrizioni il meraviglioso ambiente della foresta tropicale) ed un epilogo (arricchito da un colpo di scena finale), si potrebbe immaginariamente dividere in due parti. I primi sei narrano, grazie ai molti episodi utili affinché si colgano tutti gli elementi fondanti della loro esistenza, il percorso che i due uomini affrontano nel corso degli anni sino alla maturità, passando parallelamente tra fiumi e gorilla, fabbriche ed auto, gioia e fatica.
I restanti quattro capitoli descrivono ciò che avviene dal momento in cui le loro vite si incontrano, cambiando per sempre. Le contraddizioni della civiltà, la fame di dominio sul mondo, la sopraffazione della natura e lo sfruttamento dei popoli indigeni emergono, come in un universale giudizio, riempiendo di travagliate vicende il seguito della storia. Tra le righe, e molto spesso in maniera esplicita, risultano evidenti gli innumerevoli paradossi che fanno da titolo al libro.
Paradossi che, infine, confluiscono in uno solo, quando l’indelebile e fatidico incontro/scontro tra Tommaso e Mathaar, tra la civiltà e la Natura, segna la conclusione delle loro tormentate esistenze ed anticipa il tragico destino dei loro due mondi. Sarà un sogno a consegnare a Tommaso una nuova speranza, prima che sia troppo tardi e che i due mondi, che esistono solo all’interno dell’unica Grande Madre creatrice del Tutto, si annullino a vicenda.
L’epilogo, interamente ambientato in un ospedale di Torino e consegnato al lettore come una sorta di lascito testamentario per l’umanità, vuole essere una risposta alle molte domande poste durante i precedenti capitoli. Una lettera di Tommaso, deposta al capezzale del padre morente, racchiuderà il senso del «paradosso della civiltà», lasciando una metaforica chiave per coloro che vorranno aprire la porta che divide i due mondi. Riportando l’umanità a quell’antico ed armonioso legame con la Natura che la civiltà, satolla di falsi miti ed ingannevoli dei, ha spezzato.

Il messaggio finale del libro è che non tutti i fili della grande trama della vita sono andati distrutti per mano del dominio della civiltà. Qualcosa ancora sopravvive, in questo momento, sotto i nostri occhi. Ma questi ultimi, ciechi alla bellezza, non si accorgono di ciò che l’umanità sta irrimediabilmente perdendo. Di ciò che la sua metà del mondo, quella civilizzata, sta distruggendo.
Soltanto se, come nel sogno di Tommaso, l’uomo civile sarà capace di cogliere il paradosso, allora la Grande Madre potrà continuare a risplendere nella sua bellezza.