Questa rubrica è dedicata alla salute ed a tutto il mondo che gira attorno ad essa. Poche parole, pensieri al volo, qualche provocazione, insomma «pillole» non sempre convenzionali. L’autore è Carlo Casamassima, medico e gastroenterologo, ecologista nonché collaboratore di «Villaggio Globale». Chi è interessato può interagire ponendo domande
Credo sia giusto e opportuno tornare a scrivere dopo breve tempo sull’argomento «sigaretta elettronica» per almeno tre buoni motivi. Il primo è dato dall’elevato numero di commenti al pezzo e segno di reale interesse per la questione (e di condivisione per l’approccio: in questo senso, sia consentito un ringraziamento ai lettori); il secondo è dato dalla necessità di precisare alcuni ulteriori elementi sulla novità della sigaretta senza fumo; il terzo, infine, è rappresentato dalle notizie di attualità che in questi giorni hanno prodotto qualche dubbio e comunque un aggiuntivo interesse per l’e-smoke, ben simboleggiate, a nostro parere, da quel sindaco in lotta contro le sigarette elettroniche e che ne ha vietato l’uso nei locali pubblici con la motivazione che, in assenza di sufficienti informazioni, «potrebbe far male» (per la cronaca, trattasi del comune di Lomazzo in provincia di Como con tanto di implacabile primo cittadino leghista).
Ebbene, cerchiamo di fare ulteriormente ordine sull’argomento, senza la pretesa di essere esaustivi o completi ma lasciandoci ancora una volta guidare da un po’ di valutazioni scientifiche e da un po’ di sano buon senso. Innanzitutto il fatto che la gente comune stia dimostrando forte interesse per la sigaretta elettronica (forse più di quanto la cosa non stia «interessando» la Pubblica amministrazione o il ministero della Salute) è segno che i comuni cittadini hanno ben inteso il vantaggio reale del «fumo senza fumo» e si stanno predisponendo positivamente per un cambio di abitudine.
Sarà la crisi economica che spinge a fare i conti con l’acquisto quotidiano di sigarette o saranno le mille spinte salutiste che stimolano a limitare o evitare il fumo, fatto sta che in questo momento un intervento deciso ed autorevole può effettivamente portare molta gente a smettere di fumare, con un enorme risparmio in termini di salute per il singolo e di risorse per la collettività.
In questo senso ed a tal fine, ogni metodo è buono: dalla semplice forza di volontà ai cerotti alla nicotina (contro cui non ricordiamo analoghe crociate!) dall’agopuntura ai farmaci che inibiscono la necessità di nicotina stessa. Ogni sistema è buono e vale la pena di esser provato. La forza della sigaretta elettronica sta nel mantenere immutata la ritualità della «tirata» e nella possibilità, almeno all’inizio, di mantenere costanti nel sangue quei livelli di nicotina a cui si è fatta l’abitudine per via del consumo cronico di sigarette tradizionali, con la possibilità e la prospettiva di ridurne i valori quando ci si sente pronti a farlo. Pur ribadendo però, ed ancora una volta, che non è la nicotina il killer principale delle sigarette bensì le mille sostanze che si sprigionano solo ed esclusivamente quando tabacco e carta vengono sottoposte a combustione.
Qualche nome dei mille veleni che chi sceglie la sigaretta elettronica evita e chi invece fuma sigarette tradizionali inala? Non c’è che l’imbarazzo della scelta, visto che si spazia dal monossido di carbonio all’acetone, dall’arsenico al catrame, dal polonio radioattivo all’ammoniaca. E si potrebbe continuare molto a lungo (con la puntualizzazione aggiuntiva che secondo ricerche recenti non tutte le sostanze prodotte dal fumo sono conosciute, per cui esistono notevoli possibilità che il danno da fumo sia ancora più pesante di quello che allo stato attuale noi possiamo conoscere o immaginare).
Ebbene, se in questo momento possiamo fare qualcosa di serio e di proficuo per sottrarre alla massa dei fumatori (e delle sempre più numerose fumatrici) uno, dieci, mille, un milione di persone (domani o dopodomani sicuramente sofferenti di qualche patologia per via dell’abitudine al tabagismo) perché non farlo? Perché non essere protagonisti di una sorta di rivoluzione culturale ed educativa? Perché baloccarsi sempre e comunque in «fumosi» interrogativi che si mantengono sul nulla ma che lasciano inalterata la condizione di partenza, quella cioè per cui sempre più giovani e donne fumano, sprecando soldi e salute e lasciando alla società (ed ai medici) il compito di tentare di ridurre i danni solo dopo che si sono compiuti?
Un medico serio, un medico che creda davvero alla cosiddetta medicina di iniziativa (quella che cerca di evitare il sorgere dei problemi e non quella che usa i pannicelli caldi una volta che il problema si è determinato), un medico consapevole dell’autorevolezza del proprio ruolo, oggi, cosa deve fare? Giocherellare con l’ipotesi attualmente senza fondamenta secondo cui forse chissà le sigarette elettroniche potrebbero creare problemi (quali? Non si è ancora capito!) oppure spingere quanta più gente possibile a mutare abitudine e scegliere un sistema che lasci inalterate le proprie ritualità ma che di fatto elimini le conseguenze nocive del gesto di portare alla bocca una sigaretta? Chi fa davvero gli interessi della salute pubblica: chi strilla a vuoto e lascia le cose come stanno o chi induce un cambiamento, magari anche predisponendo le condizioni per un ulteriore e successivo passaggio a «nicotina zero» (dopo esser partiti da «catrame zero» e «polonio zero», «monossido zero», «arsenico zero» e così via)?
Come ha ben scritto un nostro lettore, la e-sigaretta in realtà è un vaporizzatore: niente più che un apparecchietto per aerosol miniaturizzato o un cappuccinatore a vapore. Proviamo a non far inutili crociate contro il vapore, altrimenti qualcuno se la ride (chi conosce il problema), qualcuno se la gode (chi vende catrame sotto forma di sigarette tradizionali) e qualcun altro se la passa male (chi ha i polmoni danneggiati per via del fumo inalato per anni). Proviamo a chiedere a tutti di essere un po’ più precisi e seri quando si parla di certi argomenti: ne va della credibilità di ognuno. E della salute di tutti.
Infine sia consentito un post scriptum. Quando in queste settimane sono stato ricontattato da pazienti a cui avevo proposto di passare alle sigarette elettroniche e che l’hanno fatto o quando sono stato abbordato da qualche lettore che aveva deciso di passare «dal fumo al vapore» dopo aver letto i miei articoli mi son sentito meglio e mi son detto che probabilmente fare il medico così ha molto più senso che non distribuire cortisonici o broncodilatatori o antibiotici a chi ha un grado variabile di insufficienza respiratoria da tabagismo cronico. A ciascuno le proprie soddisfazioni.