Moria di delfini nel Tirreno

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Stanno avvenendo lungo l’intera costa tirrenica: 15 in Toscana, 10 nel Lazio e 10 in Campania. La causa più probabile è di natura infettiva: in 6 soggetti è stata rinvenuta traccia del batterio, Photobacterium Damselae. È buona norma, per chiunque dovesse incontrare un delfino morto lungo le nostre spiagge, non toccare l’esemplare ma effettuare una immediata segnalazione alla Capitaneria di Porto (pronto intervento 1530)

Da gennaio al 10 di febbraio si sono verificati numerosi eventi di spiaggiamento di cetacei in Toscana. Tali eventi si sono concentrati nella parte più meridionale della Toscana comprese le isole d’Elba e Pianosa. Tra i 15 animali registrati fino ad oggi, 12 appartengono alla specie Stenella coeruleoalba (stenella striata), uno alla specie Tursops truncatus, mentre 2 sono stati registrati come «indeterminati» date le pessime condizioni di conservazione della carcassa che non ne hanno permesso una identificazione certa della specie.

Tutti gli eventi sono stati comunicati dalla Capitaneria di Porto al settore Mare di Arpat che, a sua volta, ha informato l’Università di Siena e l’Izs di Pisa. Date le cattive condizioni di conservazione degli esemplari solo in alcuni casi l’Università di Siena ha proceduto con il prelievo di un «tassello» di cute, grasso e muscolo per l’analisi dei contaminanti.
Solo in due casi i veterinari dell’Izs di Pisa hanno proceduto ad eseguire una necroscopia completa con campionamento in doppio anche per la Banca Tessuti per i Mammiferi Marini del Mediteraneo, Mmmtb (Mediterranean Marin Mammal Tissue Bank – Università di Padova).
Anche in questi casi l’Università di Siena ha preso campioni per l’analisi dei contaminanti. Le schede rilevamento dati e le fotografie, per ognuno dei 15 animali segnalati, sono stati anche inviati alla Banca Dati Spiaggiamenti – Università di Pavia e Museo Civico di Storia Naturale di Milano.
Tutta la procedura seguita rientra nei protocolli operativi del progetto di ricerca (ancora in fase di definizione completa) finalizzato allo «Sviluppo di una rete di sorveglianza diagnostica a tutela della salute e del benessere dei cetacei spiaggiati lungo le coste del territorio nazionale».
A tale proposito gli uffici regionali competenti in materia di salute e ambiente stanno lavorando all’elaborazione di linee guida regionali per il coordinamento e il miglioramento dell’efficacia di intervento di tutti gli enti interessati alla tematica.

Di tutti gli eventi è stata data informativa all’Osservatorio Toscano Cetacei (Otc) che, grazie soprattutto al supporto di Arpat, il cui settore Mare si occupa, tra le altre cose, di biodiversità marina e di monitoraggio dei grandi vertebrati marini, coordina l’attività della Rete Regionale per il recupero degli animali spiaggiati.
La stima dell’abbondanza della popolazione di cetacei in Toscana è di difficile definizione e da lavori scientifici sul Santuario Pelagos può essere valutata, per le acque marine della nostra regione, in circa 6500 stenelle, 350 balenottere comuni e 400-450 tursiopi[1]. Soprattutto per quest’ultima specie la stima numerica fornita rappresenta il risultato tangibile del progetto transfrontaliero Gionha, svoltosi nel periodo aprile 2009-aprile 2012 che ha portato anche una maggiore sensibilizzazione ed interesse dell’opinione pubblica su questi temi.

La numerosità degli eventi registrati in questo periodo in Toscana non deve essere sottovalutata, pur considerando che il maggior numero di spiaggiamenti viene di solito registrato nel periodo invernale ed anche tenendo conto dell’efficienza raggiunta dalla rete di monitoraggio regionale, che permette di anno in anno di segnalare un maggior numero di casi: lo scorso anno sono stati registrati 35 spiaggiamenti (il numero più alto registrato in Toscana dal 1986), di cui 7 nei soli mesi di gennaio (5) e febbraio (2).
L’eccezionalità del fenomeno di questi primi mesi del 2013 può essere confermata anche dal fatto che analoghi spiaggiamenti stanno avvenendo lungo l’intera costa Tirrenica: 10 nel Lazio e 10 in Campania.

Il ministero dell’Ambiente ha comunicato che dalle prime indagini sembra di poter escludere eventi eccezionali causati dall’uomo, come sversamenti di petrolio o di sostanze inquinanti. La causa più probabile è di natura infettiva (in 6 soggetti è stata rinvenuta traccia di un batterio, Photobacterium damselae, che può portare a sindrome emolitica e lesioni ulcerative).
Si ricorda che è sempre buona norma, per chiunque dovesse incontrare un delfino morto lungo le nostre spiagge, non toccare l’esemplare ma effettuare una immediata segnalazione alla Capitaneria di Porto (pronto intervento 1530).

 

[1] Notarbartolo di Sciara et al., 2008; Gnone et al., 2011; I risultati del Progetto Gionha, 2012.