Piuttosto che alzare sempre più i costi per una lotta tecnologica, la riduzione o l’eliminazione delle diossine, delle polveri sottili, delle nanoparticelle e dei pesticidi, la neutralizzazione dell’amianto e la protezione dalle sorgenti radioattive dovrebbero essere i cardini su cui muovere una reale lotta ai tumori
Questa rubrica è dedicata alla salute ed a tutto il mondo che gira attorno ad essa. Poche parole, pensieri al volo, qualche provocazione, insomma «pillole» non sempre convenzionali. L’autore è Carlo Casamassima, medico e gastroenterologo, ecologista nonché collaboratore di «Villaggio Globale». Chi è interessato può interagire ponendo domande.
Anche se siamo entrati di gran corsa nella modernità abbiamo, nel campo della salute, comportamenti ed atteggiamenti mentali che sembrano risalire alla notte dei tempi, quando una stella o un tuono potevano preannunciare malattie, quando un numero o un simbolo potevano «prevedere» disgrazie o morte, quando il passaggio di un uccello poteva segnare un destino ed una sorte. Siamo moderni ma non quanto basta per esserlo veramente e ragionare con la logica della consequenzialità e del rapporto causa-effetto. In sanità (e in prevenzione) questo atteggiamento provoca sfracelli ed impedisce un vero atteggiamento oppositivo alle minacce al benessere delle persone ed alla qualità della loro vita.
Diciamo questo perché (nei giorni in cui si è posta ancora una volta all’ordine del giorno la necessità di affrontare la lotta contro il cancro con rinnovata energia e maggiore vigore) non ci pare che siano state messe al centro della riflessione generale sulle cause del cancro le vere motivazioni che stanno alla base di quella devastante (ma prevedibile, prevenibile e per certi versi anche curabile) malattia. Le neoplasie vengono per grossa parte ancora viste come sciagure quasi ineluttabili, frutto del caso o della sfortuna e parlare di lotta al cancro sempre più pare essere questione limitata alla diagnosi precoce e/o alla terapia (ovviamente presso costosissimi, nuovissimi, efficientissimi «Centri di eccellenza» che paiono giustificare il peso del proprio costo con la indispensabilità delle terapie «più all’avanguardia»).
La nostra società (e la nostra economia) sta sempre più delegando la gestione del rapporto fra uomo e patologia tumorale o alla individuazione di marker precoci di malattia (che dovrebbero dirci «quando» abbiamo contratto un cancro) o alla predisposizione di sofisticatissimi e per ciò stesso «salatissimi» strumenti di terapia (che dovrebbero consentirci di distruggere le cellule tumorali una volta che esse sono comparse nell’organismo).
Naturalmente, a valle di queste scelte c’è, come conseguenza, il fatto che sempre più si fa ricorso a test diagnostici predittivi e alla ricerca di marker oncologici (molto spesso senza alcuna reale motivazione clinica e con uno spreco enorme di denaro pubblico o privato) oppure che sempre più si demanda a cannoni, raggi, onde la eliminazione di ciò che si è ammalato, senza una riflessione reale su ciò che c’è prima e che, di fatto, ha causato quel tumore.
Passati i tempi eroici della medicina di battaglia (la «medicina democratica», si diceva) la stessa medicina sembra essere tornata in un guscio fatto di esami precoci e diagnostica ad alti costi, senza lo sguardo lungo e lucido di scienza capace di rilevare le vere contraddizioni allo sviluppo che, alterando cicli ed ecosistemi, influiscono pesantemente sulla sfera biologica degli organismi, determinandone lo stato di malattia.
Dicevamo della lotta contro il cancro, in una settimana in cui i dati che sono giunti alla osservazione pubblica dicono di una patologia in rilevante ascesa (almeno per alcune categorie di persone e per certe tipologie di tumori) ma che è ormai ben «interpretabile» dal punto di vista delle cause che la determinano.
Ci si ammala di tumori perché magari se ne ha la predisposizione genetica, certo: sappiamo bene che esistono condizioni famigliari che rendono particolarmente presenti (in alcuni ambiti di consanguineità) sia alcune patologie tumorali specifiche sia una generica maggiore predisposizione ai tumori, quali che siano. Come del resto sappiamo bene che la patologia tumorale è correlata con l’età ed è sempre più frequente quanto più aumenta l’età media della popolazione studiata: più si invecchia e più si rischia di ammalarsi di cancro. Anche questo lo sappiamo bene ed è per questo motivo che man mano che si procede nell’età ci si sottopone (o ci si dovrebbe sottoporre) ad esami di screening per tutta una serie di patologie degenerative e oncologiche: pensiamo alle strategie di diagnosi precoce dei tumori della mammella o dell’utero, della prostata o del colon retto.
Ma se i geni non possiamo sceglierceli e l’età non possiamo fermarla, possiamo però tentare di modificare e migliorare tutto il resto vale a dire gli stili di vita e l’ambiente in cui viviamo. Fumo e alcool, sovrappeso e sedentarietà dovrebbero essere davvero al centro di una strategia comune basata sul tentativo di risparmiare vite umane ma anche di risparmiare soldi pubblici che invece siamo poi costretti ad investire nella terapia dei tumori, quando essi col passare degli anni inevitabilmente compaiono. Così come la riduzione o l’eliminazione delle diossine, delle polveri sottili, delle nanoparticelle e dei pesticidi, la neutralizzazione dell’amianto e la protezione dalle sorgenti radioattive dovrebbero essere i cardini su cui muovere una reale lotta ai tumori.
Abbiamo invece la sensazione che in un mondo e in un modello di sviluppo in cui si continuano a moltiplicare gli agenti tossici ed i comportamenti deleteri la risposta prevalente sia quella della moltiplicazione degli esami (alla ricerca di una malattia che come una spada di Damocle sceglie le vittime secondo i propri capricci) o quella della costruzione di armi supertecnologiche (per lo sterminio delle oncocellule).
Probabilmente guadagneremmo di più se ricominciassimo a discutere davvero ed approfonditamente sulle cause reali di quelle malattie, lasciando l’idea di sfortuna o di destino nel cestino dell’irrazionalità. Con le nostre «Pillole» cercheremo di tornare sull’argomento.
Carlo Casamassima, medico e gastroenterologo