La qualità totale e l’uomo superiore: due mete

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Friedrich Nietzsche
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Di fronte alle grandi possibilità che l’evoluzione della nostra società ci offre, ci resta da scegliere tra processi di miglioramento continuo dell’uomo verso il cosiddetto uomo superiore, oppure continuare a rinunciare all’uomo, alle sue possibilità reali e dedicarsi a non chiari e poco razionali affidamenti mistici, o a come si è purtroppo già visto nel Novecento a improbabili e disastrosi «salvatori» terrestri a cui consegnare il destino umano

In occasione della Quaresima e dell’avvento della Pasqua, in cui si festeggia la strana crocifissione e la resurrezione dell’uomo superiore per eccellenza, Gesù di Nazareth, è utile ritornare sui discorsi intorno all’uomo superiore che Zarathustra fece in quel lungo banchetto che nei libri di storia è chiamato «la cena». Per svariate ragioni, tra cui lo spazio, riportiamo passi scelti del discorso e rimandiamo il lettore interessato al testo integrale in «Così parlò Zarathustra» di Nietzsche:

«Quando mi trovai per la prima volta tra gli uomini, commisi la stoltezza dell’eremita, la grande stoltezza: mi misi sul mercato. E quando parlavo a tutti, non parlavo a nessuno. E la sera erano miei compagni funamboli e cadaveri; e io stesso ero quasi un cadavere. Ma la mattina seguente venne a me una nuova verità: allora imparai a dire: “che importano il mercato e la plebe e il chiasso della plebe e gli orecchi lunghi della plebe!”. Voi uomini superiori imparate questo da me: al mercato nessuno crede agli uomini superiori».

Lo stesso Gesù, messo sul mercato, fu scartato al posto di Barabba…
La vicenda di Gesù non è molto rassicurante per gli aspiranti uomini superiori. A costoro Zarathustra disse:

• «O fratelli, ciò che mi riesce d’amare nell’uomo è il suo essere transizione e tramonto. E anche in voi molto mi fa amare e sperare. Che voi abbiate disprezzato, uomini superiori, mi fa sperare. I grandi dispregiatori sono infatti anche grandi veneratori. Che abbiate disperato è segno di molto onore. Poiché non imparaste come arrendervi, non imparaste le piccole accortezze. (…)
• «Superate, uomini superiori, le piccole virtù, le piccole accortezze, i riguardi da granelli di sabbia, il brulicare come formiche, i piaceri meschini, la “felicità dei più”! E preferite disperare che arrendervi. E, in verità, io vi amo perché non sapete vivere oggi, uomini superiori! È così infatti che voi vivete nel modo migliore!

• «Avete coraggio, fratelli? Non il coraggio davanti a testimoni, bensì il coraggio degli eremiti e delle aquile, cui non assiste nemmeno un Dio. Anime fredde, muli, ebbri io non li chiamo risoluti. Risoluto è chi ha paura e dalla paura è sospinto; chi vede l’abisso, ma con orgoglio. Chi vede l’abisso con artigli di aquila: quegli ha coraggio.

• «Voi uomini superiori, pensate che io sia qui per rimediare a quel che riuscì malfatto da voi? O Che io voglia coricare voi sofferenti su un letto più comodo? O che voglia mostrare a voi instabili, smarriti, sperduti per mille salite, nuovi più agevoli sentieri? No! No! Tre volte no! In numero sempre maggiore, di qualità sempre migliore devono perire quelli della vostra specie poiché dovete avere la vita sempre più cattiva e più dura. Solo così l’uomo cresce fino ad altezze dove la folgore lo colpisce e schianta: abbastanza alto per la folgore! All’esile, lungo lontano va il mio pensiero e la mia nostalgia: che mi importa della vostra piccola corta abbondante miseria!

• «Non vogliate nulla al di là delle vostre capacità: hanno una falsità odiosa quelli che vogliono al di là delle loro capacità. Soprattutto quando vogliono cose grandi! Poiché suscitano diffidenza verso le cose grandi, questi raffinati falsari e commedianti: finché diventano falsi con se stessi, strabici, pieni di vermi e riverniciati, ammantati di parole forti, di virtù da esposizione, di opere splendenti e false.
• «Siate prudenti con loro, uomini superiori! Nulla infatti stimo oggi più prezioso e raro della sincerità. Questo oggi non è della plebe? Ma la plebe non sa nulla di cosa sia grande, di cosa sia piccolo, che cosa sia diritto e cosa sia sincero: essa è gobba in piena innocenza, essa mente sempre.

• «Abbiate oggi molta diffidenza, uomini superiori, voi risoluti! Voi aperti di cuore! E tenete segreti i vostri motivi. Questo oggi è infatti della plebe. Ciò che la plebe un giorno imparò senza motivi a credere, chi potrebbe con dei motivi rovesciarglielo?

• «Timidi, vergognosi, goffi, simili ad una tigre cui non sia riuscito un salto: così, uomini superiori, vi vidi spesso sgusciare in disparte. Una mano di dadi non vi riuscì. Ma, o giocatori, che importa! Non imparaste a giocare e a scherzare come si deve giocare e scherzare! Non siamo sempre seduti su un tavolo da scherzo e da gioco? E se vi riuscì male qualcosa di grande, siete per questo voi stessi riusciti male? E se riusciste male voi stessi, e per questo riuscito male l’uomo?.

«Più alta e la sua specie, più raramente una cosa riesce. Voi uomini superiori non siete forse tutti-malriusciti? Fatevi coraggio, che importa! Quante cose sono ancora possibili! Imparate a ridere di voi stessi, come si deve ridere!
«Che c’è di strano se riusciste male o riusciste a metà, voi mezzo-infranti! Non urge e preme in voi il futuro dell’uomo?
«Quel che v’è più di lontano, profondo, supremo come gli astri, la sua smisurata forza: tutto questo non schiuma e non lotta dentro la vostra pentola? Che v’è di strano se qualche pentola scoppia! Imparate a ridere di voi come si deve ridere! Uomini superiori, oh, quante cose sono ancora possibili! E in verità, molto è già riuscito! Com’è ricca questa terra di piccole cose perfette, di cose ben riuscite!
«Circondatevi di tante piccole buone cose perfette, uomini superiori! Il loro volto dorato, maturo risana il cuore. Ciò che è perfetto insegna a sperare».

Sembra un discorso per un meeting sulla qualità totale, che tanto importante è per lo sviluppo aziendale e dei sistemi sociali e nel contempo tante difficoltà incontra nella realtà operativa di ogni giorno, come si evince dal persistere di un diffuso conformismo, menefreghismo e di un modo di vivere tutto ripiegato su un «particolare» che debolmente nutre le ambizioni individuali e generalmente compromette le grandi possibilità individuali e di sistema che restano ancora un’utopia.

Il grande tentativo del Gesù con i suoi deboli risultati ci obbliga a riflettere. L’ultimo tentativo (quello marxista) di un mondo migliore è finito peggio, come tra l’altro previsto dal Nietzsche.

Di fronte alle grandi possibilità che l’evoluzione della nostra società ci offre, ci resta da scegliere tra processi di miglioramento continuo dell’uomo (e oggi sempre più anche della donna di cui si festeggia in Occidente la Festa della Liberazione) verso il cosiddetto uomo superiore, oppure continuare a rinunciare all’uomo, alle sue possibilità reali e dedicarsi a non chiari e poco razionali affidamenti mistici, o a come si è purtroppo già visto nel Novecento a improbabili e disastrosi «salvatori» terrestri a cui consegnare il destino umano.