Davide Ciccarese, agronomo, autore di questo «manifesto per l’agricoltura contadina» (Ed. AltraEconomia, 160 pag, 10 €) ci fa conoscere le ragioni dei piccoli agricoltori sempre più schiacciate dal potere dei colossi dell’agribusiness
«Noi possiamo sopravvivere come specie solo se viviamo in accordo alle leggi della biosfera. La biosfera può soddisfare i bisogni di tutti se l’economia globale rispetta i limiti imposti dalla sostenibilità e dalla giustizia. Come ci ha ricordato Gandhi: “La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di alcune persone”». (Vandana Shiva)
Il libro «I semi e la terra» è un «rastrello», dissoda la nostra mente e la prepara ad accogliere idee che come semi possono germogliare rendendoci non solo dei consumatori consapevoli ma anche più attenti ai gravissimi danni che l’industrializzazione intensiva provoca su tutto il Pianeta.
Davide Ciccarese, agronomo, autore di questo «manifesto per l’agricoltura contadina» (Ed. AltraEconomia, 160 pag, 10 €) ci fa conoscere le ragioni dei piccoli agricoltori sempre più schiacciate dal potere dei colossi dell’agribusiness. Incuriosiscono ed invogliano a saperne di più i titoli di alcuni capitoli: «Diserbare la burocrazia», «La dura legge dei semi», «Andate in Pac».
Il destino di semi e piante dovrebbe giocarsi in punta di zappa mentre invece esiste una legislazione sementiera le cui «dure» leggi hanno pesanti ricadute sui piccoli agricoltori e sui popoli indigeni. A volte addirittura «l’antico e naturale sistema del libero scambio,conservazione e utilizzo dei semi» viene paragonato paradossalmente al «furto di proprietà intellettuale»; infatti «la vera battaglia delle associazioni e delle realtà che promuovono la cultura contadina è dunque che le sementi antiche e le varietà tradizionali o locali rimangano un bene comune, perché appartengono alla collettività e non al singolo».
Per i campesini le sementi sono un bene «open source», mentre le rapaci ditte sementiere vogliono standardizzare e privatizzare il ricco e variegato patrimonio genetico delle sementi attraverso i brevetti, così conservare, scambiare e riutilizzare semi tradizionali diventa illegale e gli agricoltori, dei «fuorilegge».
«Non ci può essere sovranità alimentare senza sovranità sui semi, non ci può essere libertà del cibo senza libertà dei semi» (Vandana Shiva). Mettere in ceppi le sementi brevettandole, significa espropriare i contadini di saperi e sapori millenari, intaccare le colture è anche intaccare le culture delle popolazioni. Le multinazionali monopolistiche infatti producono sementi geneticamente modificate (ibridi che minacciano la biodiversità agricola) che rivendono ai contadini cancellando di fatto la loro autonomia e attentando alla ubertà del suolo.
La Logica del profitto vede la terra e i suoi semi come merce. Il fertile grembo di Gea viene sventrato e saccheggiato dalle Corporation che abitano sul Pianeta non da ospiti ma da padroni/predoni. Alla ricchezza della biodiversità si sostituisce l’uniformità, alla varietà, la monocoltura «figlia dell’agricoltura intensiva e industrializzata, quella che prima dei prodotti coltiva profitti e contributi e produce erosione della terra e della diversità». L’autore ci guida alla comprensione delle distorsioni del sistema agricolo mondiale: dal pericolo di un uso sconsiderato di pesticidi ed erbicidi, al fenomeno del land grabbing (accaparramento di terre) che colpisce i coltivatori nei paesi più poveri, al prezzo di mercato deciso nelle Borse finanziarie; infatti sulla testa dei campesini volano gli avvoltoi della speculazione che giocando d’azzardo, scommettendo sul prezzo sul cibo, provocano una «volatilità» per cui i «prezzi fluttuano impennandosi improvvisamente, si creano bolle speculative che si formano e che poi esplodono».
È così che si gioca sullo scacchiere planetario il cinico «grande gioco della fame».
La concentrazione della proprietà dei semi in poche mani costringe i coltivatori locali ad acquistarli da chi ne detiene la «patent», ma questa dipendenza rende ancora più vulnerabili i singoli contadini.
E la Pac? Secondo l’autore la vecchia Politica agricola comune ha «favorito un’agricoltura industriale a discapito dell’ambiente, della nostra salute e dello sviluppo economico dei Paesi del Sud del mondo».
Il 13 marzo a Strasburgo si voterà per la riforma della Pac 2014-2020. Per salvare l’ambiente rurale dalla crisi bisognerà finanziare best practices che rendano «l’agricoltura europea più sostenibile, sana e giusta». All’orizzonte sembra profilarsi un «Rinascimento contadino». Scrive Ciccarese: «cresce la voglia di tornare a delle relazioni vere, concrete, di ritrovare un proprio percorso di vita a misura d’uomo e con i tempi della natura. Chi è giovane e illuminato sceglie l’agricoltura, per il proprio futuro».
Contro il potere delle Multinazionali e della Grande distribuzione organizzata (Gdo), «Podere al popolo», come recita lo slogan dell’organizzazione cooperativa «Accesso alla terra». Diventare contadino è «un’impresa» non facile, ma sul libro si trovano suggerimenti per chi voglia avviare un’attività agricola.
Un contadino ci salverà? Sì, se s’ispirerà ad un antico detto Masai: «Tratta bene la Terra! Non è un’eredità dei nostri padri ma un prestito dei nostri figli».