L’Ue conferma il no ai prodotti derivati di foca

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Confermato il divieto di importazione. La rabbia dei cacciatori: ha prevalso il benessere sul commercio. Sui cuccioli, però, gravano due appelli e la prossima decisione dell’Organizzazione mondiale del commercio

La Corte di Giustizia europea ha stabilito nella giornata di ieri, il mantenimento del divieto di importazione dei prodotti derivati di foca.
È stata così respinta la richiesta pervenuta dal Canada Fur Institute, ovvero l’industria di trasformazione che aveva sostenuto uno dei più grandi gruppi Inuit di quel paese.

La Corte ha sostenuto l’attuale divieto in quanto utile a proteggere sia gli interessi economici sia quelli sociali della comunità Inuit. Questo perché i gruppi di cacciatori Inuit già godono di una deroga al divieto di vendere prodotti di foca in Europa. Il ricorso, invece, mirava a colpire il divieto di vendita generale.
Secondo la comunità Inuit, nell’atteggiamento tenuto dall’Unione europea si riconoscerebbe, però, un pregiudizio di tipo coloniale. I prezzi delle pelli cacciate dagli Inuit, sarebbero infatti crollati nonostante la deroga di cui godono e l’immediata difesa degli interessi generali della caccia intrapresa dal Ministro federale della pesca canadese. I canadesi, tra l’altro, avevano cercato nuove aperture con la Cina. Tale prospettiva, a distanza di un paio di anni, non si è però ancora concretizzata.

Intanto la caccia ai cuccioli di foca, continua. Sarebbero già 76.000 quelli uccisi in questa stagione contro i 70.000 dell’anno scorso. Una caccia che è finanziata abbondantemente dai Governi del Labrador e di Terranova.
Tra le argomentazioni sollevate dai sostenitori della caccia alle foche, c’è il fatto che la Corte europea è intervenuta anche nel merito del benessere degli animali. Un argomento che, ad avviso dei cacciatori, esula dalle competenze della Ue. Un precedente, sempre ad avviso dei sostenitori di queste cacce, che potrebbe ora costituire un pericoloso precedente, visto che antepone il benessere degli animali a quello economico. A dichiararlo sarebbe stato Gil Theriault, referente Inuit dei cacciatori di foca. «Se stanno vietando il commercio per una questione morale – ha riferito il portavoce Inuit – chi sarà il prossimo? Forse l’aragosta bollita piuttosto che la carne di maiale?».

Intanto, oltre all’appello annunciato alla sentenza di ieri (sulla questione verte ancora un altro appello di una precedente sentenza), sui cuccioli di foca continuano ad addensarsi nubi minacciose. La prossima settimana si riunirà a Ginevra il Wto (World Trade Organization) per esaminare proprio il ricorso sul divieto di caccia ai cuccioli di foca. Un iter già iniziato da alcuni mesi e che dovrebbe portare, secondo alcuni fonti, ad una decisione in poco tempo.
Nelle scorse ore l’attore britannico Jude Law, aveva risposto ad un appello di Peta, invitando proprio il Wto a non cedere alle richieste dei cacciatori canadesi.
Per le organizzazioni Inuit, la battaglia continua a Ginevra, ma con poche speranze. Già la prossima settimana gli avvocati federali (ovvero del Governo canadese) presenteranno la loro documentazione. Di fatto, però, valendo il divieto della Ue, ogni responso del Wto non porterebbe ad effetti immediati.