Valori come il rispetto, la pacatezza nel confronto, il concetto che un luogo della Terra non è mio ma è di tutti e, soprattutto, di coloro che verranno dopo di me. La consapevolezza che il Pianeta è un posto dove altri hanno diritto di vivere, sia umani, animali o vegetali. Un ambiente in cui questi valori sono prioritari non può che essere un posto felice ed in cui essere felici
La felicità è un tema che va di moda e, come altri aspetti fondamentali della vita umana, il marketing se ne è impossessato. Così tutti promettono prodotti, stili di vita e soluzioni per essere felici. Sui vari aspetti di questa realtà della nostra epoca «Villaggio Globale» ha dedicato il suo ultimo numero del Trimestrale on line. A seguire proponiamo l’Editoriale.
La ricerca della felicità è probabilmente nata con l’uomo. L’incertezza, le paure, l’instabilità, il soddisfacimento dei bisogni primari, le incognite dell’ignoto hanno giocato un ruolo determinante probabilmente veicolando (o veicolate da) quello stato naturale proprio di ogni essere presente nella biosfera: l’omeostasi. La ricerca di un equilibrio che dona pace e sicurezza e quindi felicità.
Da ciò si capisce che non esiste una felicità collettiva bensì solo una felicità individuale. Se poi una felicità individuale ci pone in modo diverso verso il prossimo è altra cosa ma non strettamente legata. Perché la ricerca è personale.
Le piccole felicità che noi raggiungiamo con il soddisfacimento di bisogni soggettivi e temporanei sono surrogati, autoinganni. La felicità, come obiettivo totale di una promessa fatta da altri, è autoinganno. Il convincimento di teorie o prassi politico-economiche a cui noi spesso aderiamo, è autoinganno. Lo stesso amore, che sembra ormai una panacea universale e una medicina per tutti i mali esterni, è l’ultimo grande autoinganno.
Si deve dedurre che la felicità non esiste? Assolutamente no. Si deve dedurre soltanto che la felicità è nella conoscenza. Innanzitutto nella conoscenza profonda di noi stessi. Nell’analisi meticolosa dei nostri bisogni, nell’osservazione e nella conoscenza degli uomini, nel grado di autostima che abbiamo e nell’orgoglio di non mandare il cervello all’ammasso delegando ad altri la realizzazione di noi stessi.
Prima c’era la massa, ora c’è la rete, ma la tentazione dell’omologazione è la stessa. Non si è felici nel fare quello che fanno gli altri ma si è felici nel confronto e nell’arricchimento che deriva dal confronto. La felicità è verificare che anche altri, pur provenendo da strade diverse, stanno percorrendo il nostro stesso cammino. La felicità è nel verificare che il mio pensiero, autonomo e libero, non mi ha portato fuori strada ma mi ha fatto scegliere la strada migliore per raggiungere il tale obiettivo.
La felicità non è l’unanimismo, la felicità non è il disprezzo per coloro che si attardano su altre strade, la felicità è la certezza che ci possono essere altre strade per raggiungere la stessa meta. Perché quello che è importante non è percorrere la stessa autostrada ma la direzione.
Per questo assume valore fondamentale il concetto di «prossimo», e non soltanto nel senso cristiano ma anche nel senso laico. Da qui discendono valori come il rispetto, la pacatezza nel confronto, il concetto che un luogo della Terra non è mio ma è di tutti e, soprattutto, di coloro che verranno dopo di me. La consapevolezza che il Pianeta è un posto dove altri hanno diritto di vivere, sia umani, animali o vegetali.
Un ambiente in cui questi valori sono prioritari non può che essere un posto felice ed in cui essere felici.
La felicità quindi non è un dono che ci viene offerto ma una nostra conquista e quindi un diritto-dovere a ricercarla e raggiungerla.