Un progetto semplice eppure estremamente affascinante ed utile, finalizzato a tentare di ri-costruire una visione più genuina e «giusta» della propria alimentazione in un contesto, come è quello dei bambini più piccoli, fortemente condizionato da usanze, credenze, stili e messaggi non sempre in linea con gli indirizzi migliori in tema di alimentazione e cibo
Questa rubrica è dedicata alla salute ed a tutto il mondo che gira attorno ad essa. Poche parole, pensieri al volo, qualche provocazione, insomma «pillole» non sempre convenzionali. L’autore è Carlo Casamassima, medico e gastroenterologo, ecologista nonché collaboratore di «Villaggio Globale». Chi è interessato può interagire ponendo domande.
Crescere mangiando sano: è stato questo lo slogan che abbiamo scelto insieme agli insegnanti delle Scuole Primarie del mio paese (San Ferdinando di Puglia, in provincia Barletta Andria Trani) per affrontare le tematiche di un più corretto rapporto con il cibo all’interno del Progetto Didattico «Il buono della nostra terra» rivolto ai ragazzi delle seconde elementari ed ai loro genitori.
Un progetto semplice eppure estremamente affascinante ed utile, finalizzato a tentare di ri-costruire una visione più genuina e «giusta» della propria alimentazione in un contesto, come è quello dei bambini più piccoli, fortemente condizionato da usanze, credenze, stili e messaggi non sempre in linea con gli indirizzi migliori in tema di alimentazione e cibo.
Bambini che mangiano seguendo le mode ed attratti dalle pubblicità più ambigue, pasti consumati in fretta o dinanzi ai televisori o alle playstation, genitori divisi fra il desiderio di contribuire ad una scelta alimentare corretta e la mancanza di tempo o di disponibilità o di voglia contribuiscono a creare le condizioni per un quadro che non infrequentemente è costellato da colazioni assenti o scorrette, merendine consumate a go-go, patatine e smarty trangugiati con fossero l’unico cibo di cui il nostro organismo ha bisogno. Senza prestare attenzione ai bilanci alimentari, alle necessità caloriche, alla rotazione dei cibi, alla varietà ed alla completezza dei nutrienti.
Quando all’inizio dell’anno scolastico le insegnanti dell’Edmondo De Amicis si sono ritrovate per decidere quali priorità dare ai propri progetti formativi hanno preso atto che i propri piccoli alunni (e con loro, naturalmente, le famiglie) avevano necessità innanzitutto di capire cosa fosse il cibo, quale fosse il proprio ruolo, se si potesse provare a costruire una consapevolezza maggiore, in tutti loro, dinanzi ad una tavola imbandita o al momento di fare la spesa.
Ed hanno scelto di ripartire dalla terra: dai prodotti locali e dalla qualità, dalla tracciabilità e dalla genuinità, dalla freschezza e dai sapori che avessero dietro di sé una storia ed una geografia. Che portassero ad un consumo abitudinario e non eccezionale di frutta a scuola e che, proprio a partire da questa semplice scelta, cominciassero a «formare» cultura alimentare per andare in direzione di uno stato di salute guadagnato e mantenuto in modo naturale invece che con i farmaci o la chimica.
Il ruolo del medico in questo quadro è stato non quello di chi terrorizza con l’ipotesi di patologie o esami da effettuare bensì quello di un esperto che, quasi giocando ed interagendo con i più piccoli prima e con i loro genitori poi, propone la rivelazione di un mondo (quello del cibo) che è il nostro primo contatto col mondo, dal momento dell’attaccamento al seno della mamma sino alla scoperta della varietà degli alimenti sino a giungere alla consapevolezza che il cibo si può e si deve «scegliere». E scegliere con intelligenza. Diventando tutti un po’ più protagonisti di quella decisione che almeno tre volte al giorno tutti facciamo al momento in cui ci apprestiamo a mangiare.
In quel momento possiamo essere solo pedine di un mercato che ha l’ossessione di vendere (e che, pur di vendere, propone messaggi fuorvianti ed offre cibi allettanti ma spesso squilibrati), oppure possiamo essere annoiati ripetitori di abitudini non sempre condivisibili, oppure possiamo assumere il ruolo di «protagonisti» di percorsi di consapevolezza: il bimbo che alla nascita beve il latte della madre e che col tempo ha imparato a tenere il cucchiaio della pappa, col tempo può diventare fruitore di una strada di salute o di malattia.
Certo è strano o inconsueto pensare a bambini di seconda elementare che chiedono informazioni su carboidrati o piramidi alimentari e che vengono indotti, con leggerezza e giocosità, ad incuriosirsi di sapori e cibi, magari privilegiando ciliegie e pesche, cicerchie e lenticchie, farine integrali e conserve casalinghe piuttosto che brioches, patatine, hamburger o cioccolatini. Ma rimane strano o inconsueto solo sino a che non si pone la questione provando a ragionarci insieme, ricostruendo insieme le regole di quel gioco affascinante che in fin dei conti è la nostra alimentazione.
E quando, anche a bambini così piccoli, si spiega il ruolo del cibo nella nostra crescita e quanto sia bello e divertente provare a sceglier noi anziché farci scegliere dal cibo, tutto si fa più semplice ed anche lo stesso ruolo del medico diventa più comprensibile, meno oscuro, meglio accettato. Con alla fine (perché proprio ci vuole!) bruschette e pomodori, ciliegie e pesche appena colte, confetture e marmellate di origine controllatissima per tutti.
Proprio in questi giorni, a Padova, durante il 36° Congresso nazionale della Società italiana di Endocrinologia gli esperti hanno posto in evidenza, fra gli altri, il fatto che l’obesità ed il sovrappeso siano responsabili del 14% delle morti per neoplasia per il sesso maschile e del 20% di quelle per il sesso femminile: l’ennesimo campanello d’allarme che dovrebbe indurre tutti a considerare la questione alimentare come prioritaria all’interno della delineazione di linee comportamentali più corrette e più equilibrate.
Forse la strada che passa da appuntamenti semplici ma entusiasmanti come quella che si costruisce a scuola con bambini, genitori ed insegnanti è una delle più redditizie: la scommessa di crescere mangiando sano è insomma una di quelle per cui vale la pena di impegnarsi.
Carlo Casamassima, medico e gastroenterologo