Secondo il rapporto, nel 2010 il carbone ha causato in Italia 521 morti premature, equivalenti a 5.560 anni di vita persi, e determinato la perdita di 117mila giornate di lavoro. Enel, la grande multinazionale elettrica italiana, è la quinta peggior compagnia a livello europeo, in termini di impatti sulla salute, se si includono anche le emissioni delle centrali della Slovenské Elektrárne, controllata da Enel per il 66 per cento
I fumi emessi dalle ciminiere delle centrali elettriche a carbone, in Europa, uccidono più di due persone l’ora. È questo il dato più allarmante del rapporto «Silent Killers», presentato oggi da Greenpeace.
Lo studio, basato su una ricerca condotta dall’Università di Stoccarda, evidenzia gli impatti sanitari dell’inquinamento prodotto dalla combustione del carbone nei Paesi dell’Ue: 22.300 morti premature, su base annua, equivalenti alla perdita di 240.000 anni di vita.
I fumi delle centrali censite nella ricerca determinano inoltre la perdita annua di 5 milioni di giornate lavorative.
Secondo il rapporto, nel 2010 il carbone ha causato in Italia 521 morti premature, equivalenti a 5.560 anni di vita persi, e determinato la perdita di 117mila giornate di lavoro.
Enel, la grande multinazionale elettrica italiana, è la quinta peggior compagnia a livello europeo, in termini di impatti sulla salute, se si includono anche le emissioni delle centrali della Slovenské Elektrárne, controllata da Enel per il 66 per cento.
Alla produzione di Enel, nel 2010, secondo la ricerca dell’Università di Stoccarda, è riferibile una stima, in tutta Europa, di 11.660 anni di vita persi. Enel è anche la quarta peggior compagnia europea per quanto riguarda il carbone «di domani», ovvero gli impatti sanitari che si avrebbero dalle centrali in progettazione o in via di realizzazione.
Proprio agli impianti che potrebbero vedere la luce nei prossimi anni è dedicato un capitolo dello studio dell’università tedesca: 52 progetti di nuove centrali risultano attualmente in fase di realizzazione o di autorizzazione. Se entrassero in funzione, ogni anno in Europa si avrebbero danni alla salute umana equivalenti alla perdita di ulteriori 32mila anni di vita. Tenendo conto del fatto che una centrale opera normalmente per un ciclo di vita di 40 anni, in prospettiva questi progetti equivarrebbero alla perdita di 1,3 milioni di anni di vita.
«Lo studio realizzato dall’Università di Stoccarda è l’ennesima prova, qualora ve ne fosse bisogno, che il “carbone pulito” sbandierato dalle compagnie energetiche non esiste – afferma Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia -. I dati di molte istituzioni e organismi sovranazionali confermano che l’aria che respiriamo può essere uno dei maggiori agenti patogeni per la nostra salute. In Europa, il carbone è una delle principali cause di avvelenamento dell’aria. Per salvare i nostri polmoni, e salvare il clima dalle emissioni di gas serra, dobbiamo mettere fine all’era del carbone e avviare una radicale rivoluzione energetica».
Le circa 300 centrali a carbone funzionanti in Europa producono un quarto dell’energia elettrica consumata nell’Unione ma emettono il 70 per cento degli ossidi di zolfo e più del 40 per cento degli ossidi di azoto provenienti dal settore elettrico. Queste centrali sono la fonte di circa la metà di tutte le emissioni industriali di mercurio, di un terzo di quelle di arsenico e producono quasi un quarto del totale delle emissioni europee di CO2.
I Paesi maggiormente colpiti, in termini sanitari, dalle emissioni del carbone sono la Polonia (dove il carbone causa più di cinquemila morti premature l’anno), la Germania, la Romania e la Bulgaria. Le aziende maggiormente responsabili di questi impatti sono invece la Pge (polacca), Rwe (tedesca), Vattenfall (svedese), Ppc (greca) e Enel (italiana, compresa la controllata Slovenské Elektrárne).
Greenpeace chiede all’Unione europea di fissare nuovi obiettivi vincolanti di sviluppo delle rinnovabili (45 per cento), di abbattimento dei gas serra (55 per cento) e di efficienza energetica per il 2030. E di porre fine all’«età del carbone» al più tardi entro il 2040.
Gli scenari energetici di Greenpeace, già adottati dall’Ipcc, dimostrano come, per garantire i fabbisogni energetici europei, non serva costruire nuove centrali a carbone. Piuttosto, con lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il risparmio energetico garantito da serie misure di efficientamento, è possibile cominciare sin d’ora a chiudere le centrali a carbone più vecchie e inquinanti. Oggi questa prospettiva è stata confermata perfino dall’Iea (International Energy Agency), che chiede all’Europa di iniziare presto il phase-out del carbone.
Leggi l’infografica «Come ci ammaliamo di carbone»