Manager di una casa farmaceutica arrestati e poi costretti ai domiciliari, a Latina, nei giorni scorsi, con la grave accusa di contraffazione di prodotti farmaceutici. Con l’aggravante che si trattava di farmaci in confezioni per bimbi, anzi per neonati, verso i quali tutti a parole dicono di voler dirigere le proprie attenzioni ed il proprio «rispetto»
Questa rubrica è dedicata alla salute ed a tutto il mondo che gira attorno ad essa. Poche parole, pensieri al volo, qualche provocazione, insomma «pillole» non sempre convenzionali. L’autore è Carlo Casamassima, medico e gastroenterologo, ecologista nonché collaboratore di «Villaggio Globale». Chi è interessato può interagire ponendo domande.
Farmaci manipolati in maniera truffaldina, principi attivi sostituiti da altri principi (totalmente inefficaci, questi ultimi, per controllare i sintomi dei pazienti: praticamente acqua fresca venduta al posto di medicine!), manager di una casa farmaceutica (la Geymonat, nella fattispecie) arrestati e poi costretti ai domiciliari, a Latina, nei giorni scorsi, con la grave accusa di contraffazione di prodotti farmaceutici. Con l’aggravante che si trattava di farmaci in confezioni per bimbi, anzi per neonati, verso i quali tutti a parole dicono di voler dirigere le proprie attenzioni ed il proprio «rispetto».
Fatto sta che, terminato in ditta (pare per banali motivi di approvvigionamento) il principio farmacologico ad attività mucolitica presente nell’Ozopulmin (medicinale ben conosciuto ed utilizzato da decenni nella cura delle tossi catarrali specie dei più piccoli, ma non solo) si è scelto con grandissima leggerezza di «sostituirlo» con una sorta di rimedio casareccio che alla facilità di recupero sul mercato univa la sostanziale assenza di efficacia.
Inutile dire quanto assurdo sia un comportamento del genere, e quanto foriero di rischi sia il proporre un prodotto descritto come composto da una molecola ed invece in realtà costituito da un’altra: a parte la truffa e la scorrettezza vengono in mente tanti possibili scenari (dall’allergia sino al mancato effetto terapeutico e così via) a far da sfondo ad una vicenda tanto assurda e paradossale.
In realtà, quello che sta pian piano succedendo nel mondo dei farmaci è qualcosa che, seppur assurdo e paradossale, non ci pare che stia richiamando su di sé l’attenzione di quegli stessi osservatori che invece su questioni molto più secondarie (parliamo di sanità, naturalmente) si stracciano quotidianamente le vesti, gridando al lupo anche in presenza di cagnolini.
Cerchiamo di essere più chiari.
La rivoluzione dei generici e la liberalizzazione del mercato del farmaco sono state proposte come vera e proprie panacea per una sanità malata di alti costi e monopolizzazioni produttive e distributive: mercato libero significa (o può significare) costi minori e maggiore difesa della salute. Indubbiamente è così. Tutti, medici compresi, hanno gradualmente compreso quanto importante fosse il sottrarre il mercato ad un unico monopolista o a pochi burattinai che avrebbero continuato a tirare i fili di una distribuzione senza regole in un mercato sempre più globalizzato ed internazionale facendo il bello e cattivo tempo.
I prezzi sono i parte diminuiti e la varietà dell’offerta è andata gradualmente aumentando, con la comparsa, però, di una serie di aziende ed imprese che sino al giorno prima non si sapeva di cosa si occupassero, quale know how avessero, quale esperienze produttive vantassero, quali garanzie di filiera potessero dimostrare.
Se mettere sul mercato un prodotto è cosa che richiede(rebbe) garanzie, nel caso di prodotti medicinali quelle garanzie dovrebbero essere oltremodo indiscutibili. E suffragate da documentazioni ineccepibili oltre che, a nostro modesto parere, da controlli rigidi e continui, per evitare che nel «mercato del farmaco» possano introdursi, inquinandolo pesantemente, «attori» poco avvezzi a porre l’interesse comune al di sopra del proprio.
E diciamo la verità: in questi ultimi anni ne abbiamo viste diverse di queste assurdità col timbrino della liberalizzazione di mercato e con la pretesa di farci risparmiare quell’euro che, spesso, abbiamo dovuto rispendere al doppio una volta preso atto che non sempre ciò che acquistavamo era davvero ciò che avremmo voluto. Abbiamo conosciuto farmaci che si sgretolavano nelle mani anziché rimanere integri (l’Ozopulmin falso è stato riconosciuto perché le suppostine si sfaldavano all’apertura della confezione, al contrario di quelle «buone»), antibiotici che non producevano effetti sulle malattie al contrario dei loro omonimi «di marca», antipertensivi che curavano sì ma solo all’80% del marchio similare, inibitori di pompa protonica (antiulcerosi, in pratica) che mentre abbassavano l’acidità dello stomaco facevano venire però la diarrea. E si potrebbe continuare a lungo.
Scriviamo queste cose perché i generici non sono buoni e bisogna tornare a proporre esclusivamente farmaci «brand» cioè di marca consolidata? Perché vogliamo tornare al monopolio? Vogliamo tornare a pagar tanto farmaci venduti in esclusiva? Ovviamente no: non siamo stupidi e meno che mai difendiamo interessi di qualcuno.
A patto però che il gioco sia chiaro e le regole ben condivise: non si può accettare il fatto che, in nome della liberalizzazione e della deregulation, sia possibile a tutti (ma davvero a tutti) proporsi come imprenditori del farmaco dall’oggi al domani, senza esperienza, senza garanzie e a volte senza coscienza.
Pensare a tre malintenzionati che, finito il vino, danno da bere nella propria osteria acqua di pulizia delle botti fa venire i brividi ed è ancor più sconvolgente se si pensa ai bambini come possibili fruitori di quell’acqua sporca.
Per evitare questo tipo di situazione, però, ci pare che debba essere ribadito il fatto che «produrre farmaci» non è cosa che si possa affidare al primo venuto, magari senza un briciolo di capacità di ricerca alle spalle e senza esperienza nel mondo della sanità. Noi pensiamo che il prodotto «medicina» sia in qualche modo diverso dagli altri e che le regole della correttezza in questo settore debbano essere rispettate in modo ancor più rigido.
Siamo convinti che i farmaci debbano essere utilizzati il meno possibile e comunque in modo corretto. Quando però si è costretti ad usarli è bene che diano garanzia di reale affidabilità sotto l’egida di controlli che li sottraggano alle grinfie di chi non si farebbe scrupoli nemmeno dinanzi alla salute dei bambini.
Carlo Casamassima, Medico, Gastroenterologo