Recenti rilevamenti hanno permesso agli studiosi di notare anomalie negli equilibri fra i vari elementi che fungono da stabilizzatori del clima globale. In particolare, il campanello d’allarme arriva dalla corrente artica Beaufort Gyre: un rischio per l’equilibrio climatico
Sta crescendo in questo periodo la preoccupazione per possibili variazioni degli equilibri climatici bilanciati dall’interazione fra venti, superficie dell’acqua e correnti sottomarine. Son diversi gli studi che fanno temere la rottura di equilibri climatici «storici».
Una funzione di primaria importanza è quella rivestita non solo dalla già nota Corrente del Golfo (una specie di «nastro trasportatore» che conduce le acque calde equatoriali verso l’Europa settentrionale, contribuendo a mantenere mite il clima del nostro continente), ma anche dalla Beaufort Gyre, una corrente che si trova nell’Oceano Artico e che contiene acqua fredda e ghiaccio. Proprio in virtù del suo ruolo chiave nel mantenimento degli equilibri climatici, la missione Beaufort Gyre Exploration Project la sta tenendo sotto controllo dal 2003 e lo farà fino al 2014, effettuando periodiche ricognizioni sul posto e rilevando dati e valori riguardanti il suo comportamento.
Nella presentazione della missione, la Beaufort Gyre viene definita come il volano del sistema e l’elemento stabilizzatore del clima dell’intera regione artica. Ghiaccio, oceano e atmosfera sono i tre elementi che, interagendo fra loro, determinano la stabilità del clima a livello locale e, conseguentemente, a livello globale. Lo scopo della missione, cui hanno aderito scienziati americani, canadesi e giapponesi, è quello di capire quali sono le ragioni che hanno alterato il ritmo naturale della Beaufort Gyre, rischiando di innescare un effetto a catena suscettibile di provocare catastrofici mutamenti climatici in tutto il pianeta.
Come spiega un corrispondente scientifico della britannica BBC, sembra che la cupola generata dalla Beaufort Gyre sia cresciuta, dal 2002 al 2011, di circa 15 centimetri, raggiungendo un volume complessivo di 8.000 chilometri cubici. Nel concreto, il pericolo è che i venti anticiclonici che stabilizzano questa grande corrente modifichino il loro comportamento: se questo dovesse accadere, non sarebbero più in grado di mantenere all’interno della Beaufort Gyre l’enorme quantità di acqua fredda (circa il 10% di quella complessivamente presente nell’Artico) e quest’ultima si riverserebbe nell’Atlantico settentrionale, alterando a sua volta le correnti che equilibrano il clima della zona, prima fra tutte la Corrente del Golfo.
Il Centro di Osservazione Previsione Polare sta monitorando il processo grazie al satellite radar Cryosat-2; la fase attuale è molto delicata, poiché se dal 1995 (quando è cominciata l’osservazione) alla prima metà del duemila la situazione è stata abbastanza stabile, successivamente il volume di acqua della Beaufort Gyre ha cominciato a crescere a un ritmo di 2 centimetri all’anno.
Sembra che la cupola generata dalla Beaufort Gyre sia cresciuta, dal 2002 al 2011, di circa 15 cm.
Naturalmente l’ipotesi di un deciso cambiamento climatico ha scatenato la fantasia dei catastrofisti e dei sensazionalisti, che hanno chiamato in causa il famoso film The day after tomorrow, che dipinge una Terra preda di una nuova glaciazione provocata dall’alterazione del flusso della mitigante Corrente del Golfo. È ovvio che interpretazioni così fantasiose non fanno altro che legittimare coloro che sostengono che il riscaldamento globale e i problemi a esso connessi siano una grande bufala o, se non altro, fenomeni non di carattere antropico ma del tutto naturali.
Più condivisibile appare l’atteggiamento dei team di ricerca che già da anni studiano il problema e che si propongono, per il prossimo futuro, di rielaborare tutti i dati raccolti dal 1995 a oggi, provando a desumere le cause dei mutamenti in atto, e di intensificare i controlli sui flussi delle correnti e dei venti di superficie e sui movimenti dei ghiacci grazie all’ausilio di Cryosat-2 e di Envisat, il satellite lanciato nel marzo del 2002 dall’European Space Agency che da oggi si concentrerà sull’osservazione del fenomeno.