Le origini dell’uomo europeo nel DNA dei Sardi

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Irgb-Cnr, CRS4 e Università di Sassari danno un importante apporto per la conoscenza dell’evoluzione umana attraverso uno studio del genoma su una casistica di ampiezza record. Scoperto che la popolazione isolana assomma la maggioranza delle varianti del cromosoma Y presenti nel continente europeo e confermata la comparsa dell’Homo sapiens a circa 200mila anni fa

Pubblicata nell’ultimo numero di «Science» un’analisi dettagliata del DNA del cromosoma Y di 1.200 sardi che fa luce sulla storia evoluzionistica della popolazione isolana e, più in generale, contribuisce a ricostruire le vicende del primo popolamento in Europa, fornendo anche una stima sull’epoca di origine dell’Homo sapiens moderno. La ricerca, che per la prima volta ha applicato su una casistica così numerosa le più avanzate tecniche di sequenziamento dell’intero genoma da cui sono stati «estratti» e analizzati i dati del cromosoma Y, ha visto primariamente coinvolti tre gruppi sardi: l’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) di Monserrato (Cagliari), il Centro di sequenziamento e supercalcolo del Crs4 e l’Università degli Studi di Sassari.
Il DNA varia da individuo a individuo in seguito ad «errori» durante la sua replicazione, noti come «mutazioni», che quando riguardano le cellule deputate alla riproduzione sessuata si accumulano di generazione in generazione. Il confronto tra i punti in cui le sequenze di DNA differiscono tra individui o popolazioni in aree del mondo diverse (varianti genetiche), fornisce informazioni preziose su somiglianze, differenze, origine e relazioni passate, anche preistoriche.
Il cromosoma Y è particolarmente adatto per tali analisi, poiché viene trasmesso solo dai padri ai figli maschi ed è presente solo nei maschi in copia singola senza i rimescolamenti tra i contributi paterni e materni tipici degli altri cromosomi. La frequenza delle mutazioni su questo cromosoma fornisce un «orologio molecolare» ideale per ricostruire avvenimenti del passato, anche remoto.
«Abbiamo identificato nei cromosomi Y sardi che abbiamo analizzato, le varianti genetiche che permettono di risalire agli antichi progenitori che vivevano nell’isola e di collegare le varie linee ancestrali di questo cromosoma ad eventi di espansione demografica avvenuti nel passato», spiega Paolo Francalacci, docente di Genetica presso il dipartimento di Scienze della natura e del territorio dell’Università di Sassari e primo autore dello studio. «In particolare – continua – abbiamo ricostruito una serie di “stratificazioni” genetiche a partire dall’espansione demografica di un gruppo di individui avvenuta circa 8.000 anni fa (che rappresentano il nucleo fondante di questa popolazione) fino ad arrivare ad apporti successivi nel Neolitico e in misura molto minore in epoca Romana e Vandalica. Tra l’altro, grazie ai dati disponibili sui campioni sardi siamo andati indietro nel tempo anche prima del loro arrivo in Sardegna fino ai progenitori africani di tutti gli uomini della nostra specie vissuti circa 180.000-200.000 anni fa, un’epoca più antica di oltre 50.000 anni rispetto a quanto indicato dalla maggior parte degli studi precedenti».
«Il nostro studio conferma che i sardi hanno nel loro DNA una serie di caratteristiche peculiari, ma rivela anche che posseggono la maggior parte della variabilità presente sul DNA del cromosoma Y degli altri popoli europei. Si tratta cioè della singola popolazione che sembra racchiudere meglio le caratteristiche genetiche di tutti gli europei – prosegue Francesco Cucca, direttore dell’Irgb-Cnr e professore di Genetica medica del dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari -. Tale caratteristica rende questa popolazione una risorsa preziosa, sia per studi evoluzionistici (come quello pubblicato su “Science”) sia per studiare i fattori genetici di rischio per malattie frequenti nell’isola e nel resto d’Europa».
Alla ricerca hanno contribuito tra gli altri, Laura Morelli dell’Università di Sassari (prematuramente scomparsa), Carlo Sidore e Serena Sanna dell’Irgb-Cnr, Riccardo Berutti del Crs4, Andrea Angius dell’Irgb-Cnr/Crs4 insieme a ricercatori di altri gruppi nazionali ed europei (rispettivamente Università di Pisa e di Bilbao) ed americani (University of Michigan e National Institute on Aging di Baltimora).