Pubblicare nella settimana di Ferragosto manuali operativi riferiti ad un Sistema congelato per mesi è un colpo basso che riconferma il totale distacco tra l’Italia che legifera e l’Italia che lavora. Ma davvero si può pensare che quelle poche aziende che tentano di restare a galla in questo mare di lacrime si mettano a revisionare chiavette usb, black box, a verificare e riallineare i dati aziendali quando è stato già più volte dimostrato che questo Sistema, così come è stato concepito, non funziona?
E si ritorna a parlare del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri). Ormai ce ne occupiamo da tempo e l’evolversi della questione prende sempre più i caratteri di una telenovela di basso rango. È da non credere quello che si sta manifestando davanti agli occhi, pochi occhi la maggior parte sono in ferie, degli operatori di settore.
Come per incanto, ma ormai noi a questi giochetti siamo abituati e non ci sconvolgono bensì stimolano sorrisi, sul sito ufficiale Sistri vediamo pubblicati in «Aggiornamento sezioni documenti» il Manuale operativo Sistri, le Guide rapide (Produttore, Trasportatore, Recuperatore-Smaltitore, Intermediari), i Casi d’uso (Microraccolta, Gestione arrivi, Trasporto intermodale, Trasporto trasfrontaliero), ecc.
Sembrerebbe che tutto sia pronto per mettere in partenza il Sistema il 1° Ottobre 2013. Peccato che il Sistri non sia mai decollato, che sia un sistema inutile, costoso e assolutamente svincolato dalla quotidiana operatività delle aziende, che meno di un mese fa sia stata istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta in materia di Sistri, coordinata da Edo Ronchi e costituita da 38 organizzazioni, la quale pur condividendo l’utilità del Sistri abbia ritenuto che non sia questo Sistema la vera soluzione al problema di una corretta tracciabilità dei rifiuti.
Chi ha seguito la vicenda Sistri sostiene che si tratta di passi dovuti da parte del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Mattm) e/o di Selex per ragioni contrattuali, tra l’altro ipotesi rafforzata da quanto già espresso dallo stesso Andrea Orlando, ministro dell’Ambiente, durante il convegno Cna tenutosi il 15 luglio a Roma, durante il quale lo stesso ha esordito dicendo: «noi abbiamo un obbligo contrattuale e nessun soggetto terzo si assume la responsabilità di dire che quel contratto, al di là di elementi di interesse della Magistratura, è venuto meno».
Tuttavia, pubblicare nella settimana di Ferragosto manuali operativi riferiti ad un Sistema congelato per mesi è un colpo basso che riconferma il totale distacco tra l’Italia che legifera e l’Italia che lavora.
Ma davvero si può pensare che quelle poche aziende che tentano di restare a galla in questo mare di lacrime si mettano a revisionare chiavette usb, black box, a verificare e riallineare i dati aziendali quando è stato già più volte dimostrato che questo Sistema, così come è stato concepito, non funziona?
Una particolare nota merita la grande novità che è stata annunciata dal ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, il quale, in occasione del congresso nazionale degli Ingegneri a Brescia, ha annunciato che il «Governo sta valutando la possibilità di alleggerire l’adempimento con l’abolizione per i rifiuti non pericolosi».
In sostanza, all’atto pratico, chi ha la «fortuna» di produrre sia rifiuti pericolosi sia rifiuti non pericolosi, chi ha la «sfortuna» di doverli trasportare entrambi, chi ha la «sfortuna» di recuperarli-smaltirli entrambi, si troverà a gestire un doppio binario e ad amministrare una grande confusione nel controllo documentale delle movimentazioni.
Perché non si vuole capire che «la tracciabilità dei rifiuti» è già presente e si potrebbe informatizzare con l’invio dei dati (Formulari di identificazione rifiuti, Fir, Registri di carico e scarico, Modello unico di dichiarazione ambientale, Mud) alle Agenzie regionali per l’Ambiente rendendoli accessibili alle Arpa e agli Organi di polizia così da effettuare controlli immediati su strada che permettano di valutare, davvero, la veridicità di tutto quello che è riportato sui Fir, controllo che, a primo acchito, potrebbe sembrare cosa abbastanza banale ma che invece apre la strada ad una serie di valutazioni ed osservazioni in merito all’esistenza e alla validità di provvedimenti autorizzativi, assegnazioni codici Cer, caratteristiche del rifiuto, stato fisico, caratteristiche di pericolo e tanto altro ancora.
Quello che manca sono appunto i controlli, oltre che su strada, anche all’interno delle aziende per verificare la corretta gestione dei rifiuti che non significa controllare il come sono state scritte o archiviate le varie documentazioni, certo potrebbero verificarsi errori nella scrittura, errori che però permettono, comunque, di tracciare la corretta gestione del rifiuto e sostenere la buona fede dell’operatore, bensì i controlli veri, ossia, quelli che permettono di descrivere il ciclo produttivo di una attività verificandone la regolare produzione di rifiuti, connessa alla mole di prodotto, e la successiva buona gestione degli stessi.
Certo, per far questo servirebbero Organi di controllo adeguatamente formati ma forse, in tal caso, non si potrebbero lanciare carriere pubbliche dai compensi elevatissimi e attivare Sistemi, dalle mille ombre, per informatizzare un qualcosa che è già discretamente, migliorabile sicuramente ma con senno, gestito celando tale circostanza sotto motivazioni dettate da norme Ue o, peggio ancora, a garanzia di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell’illegalità.
Quello che serve è una cultura ambientale seria fatta di studio, ricerca, approfondimento, semplicità di applicazione, trasparenza; una cultura che sia alla portata di tutti, che venga spiegata, capita, valutata, vissuta, incoraggiata da tutti perché piena di pratiche buone, oneste, che permettano il miglioramento della vita della comunità intera.