Gli edifici crollano sotto l’azione del terremoto a causa della loro massa che, per il principio di inerzia, tende e rimanere ferma mentre il terreno sottostante si sposta. Ciò fa insorgere all’interno della struttura tensioni e deformazioni che possono causarne anche il collasso. Se disponessimo di un materiale da costruzione ultraleggero (come una specie di «superpolistirolo») potremmo realizzare edifici perfettamente antisismici. In effetti, in Giappone la case venivano costruite in legno con pareti di carta proprio per la leggerezza di tali materiali. In mancanza di un materiale ultraleggero, dobbiamo necessariamente usare materiali in grado di resistere alle sollecitazioni che nascono nella struttura durante il terremoto a causa della loro stessa massa.
A questo punto, è utile definire il concetto di frequenza naturale. Ogni struttura, se eccitata e poi lasciata libera, oscilla naturalmente compiendo un determinato numero di cicli al secondo, che costituiscono appunto la sua frequenza naturale fn, che risulta essere proporzionale alla rigidezza della struttura (K) ed inversamente proporzionale alla sua massa (m), secondo la relazione:
fn = (1/2Ξ)*(K/m)
Gli edifici hanno in genere frequenze naturali di pochi Hz (l’Hertz è l’unità di misura della frequenza e corrisponde a cicli al secondo). Osservando la (Fig. 1) è facile vedere che strutture leggere e/o rigide sono caratterizzate da alte frequenze, mentre strutture pesanti e/o flessibili avranno basse frequenze naturali. Questo significa che un grattacielo (alto e flessibile) oscilla più lentamente di una casa in mattoni (tozza e rigida). Quando una struttura viene eccitata alla propria frequenza naturale si ottiene la massima risposta in termini di deformazioni e sforzi.
I terremoti sono in genere composti da serie di onde sismiche che spaziano dalle frequenze più basse fino a quelle più alte, con una distribuzione energetica tutt’altro che uniforme, rappresentata schematicamente in Figura 1. Purtroppo i terremoti sono in genere più energetici proprio nell’intervallo di frequenze dove cadono normalmente quelle degli edifici. Per uscire da questa zona pericolosa, normalmente si aumenta la frequenza naturale della struttura cercando di alleggerirla e/o di irrobustirla (come detto in precedenza). Questo è quello che fa l’ingegneria antisismica convenzionale.
Osservando il grafico di Figura 1 si vede che, nella zona delle alte frequenze, la curva raggiunge un valore praticamente costante e non si abbassa più. Questo significa che una struttura, per quanto rigida o leggera, non può sottrarsi ad un certo livello di terremoto. Al contrario, nella zona delle basse frequenze si osserva che la curva di Figura 1 parte da zero. Ciò significa che in tale intervallo di frequenze il terremoto non ha in pratica energia perché il corrispondente moto sismico avviene a velocità troppo basse. Durante il recente terremoto che ha colpito il Giappone, l’intera isola di Honshu si è spostata di diversi metri; però, questo enorme spostamento è avvenuto a velocità molto bassa e non ha causato danni alle strutture.
Purtroppo soltanto i grattacieli più alti hanno frequenze così basse da non risentire (o quasi) del terremoto. Ovviamente, non possiamo costruire solo grattacieli. Nel prossimo paragrafo vedremo come sia possibile far assumere ad un edificio normale una frequenza così bassa.
Figura 1. Rappresentazione schematica del contenuto energetico di un terremoto in funzione della frequenza. È evidente che a basse frequenze il terremoto ha poca energie. Strutture aventi frequenze proprie basse sono pertanto «naturalmente» protetti.
L’isolamento sismico consiste nell’inserimento, fra la fondazione e la base dell’edificio, di opportuni dispositivi, detti appunto isolatori sismici, in grado di reggere il perso della struttura e di consentire contemporaneamente spostamenti laterali. In questo modo la componente orizzontale del terremoto (che è la più pericolosa ai fini dell’integrità strutturale) viene filtrata, attutita ed ammortizzata. In pratica, l’edificio assume una frequenza naturale molto bassa (tipicamente 0,5 Hz) e, durante il terremoto, si muove lentamente al di sopra del sistema di isolamento sismico, offrendo protezione non solo alla struttura portante, ma anche ai contenuti che, a volte, hanno un valore superiore a quello dell’edificio stesso (basti pensare a ospedali, musei, banche dati). Al termine di un terremoto, un edificio sismicamente isolato è perfettamente agibile. Non c’è pertanto bisogno di evacuare gli abitanti (e trovare loro una problematica sistemazione provvisoria), né di ricostruire. I vantaggi economici che ne derivano superano di gran lunga i costi di applicazione di questa tecnologia, che sono in genere inferiori al 10% del costo dell’edificio al grezzo. Purtroppo, per far questo, occorre una lungimiranza che questo Paese non ha ancora dimostrato di avere. Ci sono comunque, a onor del vero, segnali incoraggianti.
Gli isolatori sismici, oltre a garantire la funzione di appoggio, devono avere: a) una bassa rigidezza orizzontale; c) una buona capacità dissipativa; d) una buona capacità di ricentraggio per limitare gli spostamenti durante il terremoto e lo spostamento residuo al termine dell’evento. Le ultime due proprietà possono essere affidate anche a dispositivi ausiliari.
Le più diffuse tipologie di isolatori sono due: gli isolatori elastomerici armati (con o senza nucleo centrale in piombo) e gli isolatori a scorrimento (a superficie piana o curva, quest’ultimi anche conosciuti come «pendoli scorrevoli»).
L’isolatore in gomma armata con piastre d’acciaio (Figura 2) è certamente il più diffuso. La gomma, che può essere naturale o (più raramente) sintetica, fornisce la flessibilità e la forza elastica di ricentraggio. Aggiungendo particolari additivi, la gomma può assumere anche discrete capacità dissipative. In zone ad elevata sismicità, dove occorre una notevole capacità dissipativa per limitare gli spostamenti della struttura isolata, al centro dell’isolatore può essere disposto un nucleo di piombo.
Figura 2. Isolatore elastomerico in gomma armata con piastre d’acciaio. Le piastre conferiscono all’isolatore un’alta rigidezza verticale, che consente di reggere il peso della struttura per tutta la vita utile dell’edificio.
Gli isolatori a scorrimento a superficie piana (comunemente chiamati «slitte») vengono in genere usati in parallelo agli isolatori elastomerici o ad altri dispositivi elastici in grado di fornire la forza di ricentraggio (che essi non possiedono). Tale forza di ricentraggio è invece presente nei cosiddetti pendoli a scorrimento (Figura 3) che recentemente sono stati largamente utilizzati in Abruzzo.
Figura 3. Isolatore a scorrimento a superficie curva (pendolo scorrevole). In questi dispositivi la superficie di scorrimento ha in genere un raggio di curvatura di qualche metro, che consente alla struttura di «ricentrarsi», di tornare cioè nella posizione iniziale al termine del terremoto.