La situazione contemporanea

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Siamo tutti consapevoli che la società contemporanea è in travaglio. L’organizzazione sociale che nel corso della storia si era venuta consolidando nel mondo occidentale è venuta meno. In questi ultimi anni abbiamo tutti assistito al fallimento della società che abbiamo nel tempo costruito per raggiungere quella sicurezza di cui ogni essere vivente ha bisogno. Appare evidente che il mondo occidentale (ma forse, potremmo meglio dire, tutto il mondo) non è più in grado di offrire agli individui quelle sicurezze che ha da sempre promesso. Per superare l’enorme disagio che questa circostanza produce le autorità stanno provando a far passare modelli di vita sociale basati sull’insicurezza, tentando di accreditarne la necessità e la bellezza. Si tenta di dire «insicuro è bello!» e si cerca di far cadere una dopo l’altra le antiche sicurezze che l’individuo riteneva di aver conquistato: la sicurezza della casa, la sicurezza del lavoro, la sicurezza del risparmio, la sicurezza della salute, la sicurezza della vecchiaia… l’elenco, ahimè, è molto lungo ed include tutti i cinque punti elencati precedentemente con i loro vari effetti. Tutto il nostro mondo è entrato in crisi, in una crisi profonda.

Lo smarrimento è abissale, esso infatti tocca e riguarda dolorosamente anche i punti II (la sicurezza della Natura) e V (la sicurezza del Destino personale), incrinando la fiducia nelle modalità tradizionali messe in opera nella disperata ricerca di sicurezza dell’umanità.
Circa il punto II, gli ultimi sviluppi della Fisica, in particolare la meccanica quantistica, introducendo il principio della causalità probabilistica, costringono, in ultima analisi, a rivedere il modello deterministico, portandoci a pensare ad una realtà dotata di un grado di autonomia ed imprevedibilità che implica la sostituzione dell’idea di Grande Architetto con quella del Grande Artista, forzandoci ad accettare come conseguenza l’intima e imprescindibile inconoscibilità della Natura, che ineludibilmente vanifica l’imperativo hilbertiano Wir müssen wissen, wir werden wissen, introducendo una nota di inevitabile pessimismo.
Circa il punto V, qualunque persona di buon senso che non nutra nel profondo pregiudizi irrazionali, non può che rimanere profondamente deluso dalla assoluta inefficacia della organizzazione religiosa tradizionale operante nel nostro mondo occidentale nel suo tentativo di rispondere in modo assoluto e definitivo al grande problema del significato.

Da un lato il Cattolicesimo tradizionale, con la sua inaccettabile pretesa di infallibilità (!) cui cade ineluttabilmente, ogni giorno sempre più visibilmente, la maschera di potere divino e trascendente realizzato in terra, mostrando la vera faccia di organizzazione umana e terrena piena di segreti «inconfessabili» accompagnati dal terrore che vengano divulgati; dall’altro il Cristianesimo riformato aperto e tollerante, ma a totale rimorchio dei progressi e delle istanze della società civile, stanno palesemente a dimostrare che l’organizzazione religiosa, destinata a fornire certezze ultime sul piano della esigenza di significato di cui l’uomo ha sete, non ha più niente da dire e da offrire autonomamente alla disperazione umana.
Ma ciò che più travolge in forma catastrofica il mondo di cui si è avuto finora fiducia è il crollo della struttura economica che fino ad oggi ha retto la nostra società. Al di là delle incredibili speculazioni e della smodata disonestà di buona parte della classe dirigente del nostro mondo occidentale (circostanza di per sé funesta) sembra che il modello di vita in cui alcune sicurezze elementari venivano garantite, quanto meno nei propositi, non sia più economicamente sostenibile. Il lavoro di milioni di individui, la ricerca scientifica in cui si cimentano i migliori cervelli dell’umanità e l’enorme potere realizzativo della organizzazione industriale moderna, non sarebbero in grado di assicurare quelle certezze materiali di cui l’uomo ha bisogno per vivere una vita degna di essere vissuta.

Lentamente e progressivamente è stato introdotto il precariato. La certezza del lavoro non esiste più (art. 4 della nostra Costituzione). I giovani, privati di una qualsiasi prospettiva sul futuro, non trovando lavoro ripiegano per necessità su attività precarie e devono accettare di essere sottopagati (art. 36 ella nostra Costituzione). La libertà sindacale non è più garantita (articoli 39 e 40 della nostra Costituzione). Gli appartenenti a sindacati sgraditi (art. 39) vengono licenziati e la reintegrazione nel posto di lavoro richiesta dalla legge con sentenza di tribunale disattesa. Si organizzano referendum grotteschi in cui la risposta è condizionata dall’offerta di prospettive di lavoro. Se voterai sì alla rinunzia di alcuni tuoi diritti sindacali, avrai lavoro, se voterai no resterai disoccupato. Un grande esempio di democrazia!

Qualche tempo fa sono rimasto turbato da un signore anziano, visibilmente in cattivo stato di salute, davanti a me nella coda in un poliambulatorio della Asl, il quale, dopo aver contrattato a lungo con l’impiegato la data per un certo esame diagnostico, quando alla fine trovò l’ accordo e la macchina già stava già stampando il foglio con i dati dell’appuntamento, appena seppe dall’impiegato quanto avrebbe dovuto pagare per il ticket (140 Euro), non ebbe un attimo di esitazione e disse subito, con un certo imbarazzo, all’addetto allo sportello: «mi scusi per il tempo che le ho fatto perdere, ma rinunzio alla prestazione». Mi turbò particolarmente il mormorio critico di malumore che si levò dal pubblico in coda. Erano tutti disgustati perché il poveretto aveva fatto perdere tempo con la sua lunga discussione sulla data dell’appuntamento!

È un periodo di crisi da cui prima o poi si uscirà, così si pensa. Ma ne siamo proprio sicuri? Quando nel 2050 la popolazione africana sarà pari all’attuale popolazione mondiale (circa 6 miliardi di persone) avremo a che fare soltanto con le avanguardie affamate che tanto infastidiscono il benpensante medio odierno o dovremo riuscire a convivere con numeri insostenibili assai più imponenti di extracomunitari in cerca di salvezza? No, mi dispiace, ma a questo periodo di crisi necessariamente seguiranno altri periodi di crisi sempre peggiori. La crescita della popolazione della vicina Africa è una conseguenza matematica ineludibile: se non si prendono oggi (2013) immediati, e quindi improbabili, provvedimenti per contenere sensibilmente il fattore di crescita di quelle popolazioni, ci troveremo domani (2050) matematicamente quei numeri. In fondo, il 2050 è separato da noi soltanto da un paio di generazioni!

Certo, la desiderata sicurezza si può ottenerla in tante maniere. Si può pensare di impedire con le armi l’arrivo di un’immigrazione fastidiosa, si possono affondare i loro barconi con il cannone, si può sfoltire, con il lancio di bombe atomiche o quant’altro, l’eccesso di popolazione cui non sappiamo offrire una vita decente. Ma queste sono soluzioni che nessuna persona di buon senso vorrà prendere in considerazione.

Il mondo e la società umana mondiale così come li conosciamo sono in affanno. Le risorse per il sostentamento della umana famiglia sono in via di esaurimento, lo smaltimento dei rifiuti diventa sempre più problematico, il numero degli abitanti del pianeta aumenta a dismisura, l’ambiente si va inquinando gravemente e irrimediabilmente, gli arsenali di bombe atomiche sono pieni, mentre nuovi Stati bussano prepotentemente alla porta per entrare nel club atomico ed infine le enormi differenze di stile di vita, livello culturale e livello economico fra gli abitanti della terra creano tensioni insopportabili che non possono che sfociare in guerre, distruzioni e dissennato spreco di vite e di ricchezza. Estrapolando i dati in nostro possesso non è difficile prognosticare una prossima e ventura fine della nostra civiltà.

Anche se in fondo al cuore ciascuno di noi tenta di rappresentarsi questo scenario come impossibile, ritenendo che l’uomo con la sua intelligenza e le sue conquiste scientifiche rappresenti una forma di vita straordinaria e irripetibile, la cruda realtà sta davanti agli occhi di chiunque voglia considerarla con la dovuta razionalità e freddezza. E pertanto si è costretti a concludere: l’umanità corre diritta verso l’estinzione.

Urge un salto di qualità di carattere morale, una Mετάνοια, un cambiamento di mentalità radicale si impone. Siamo stati educati da sempre, tutti i popoli indistintamente, secondo una regola iniqua e insostenibile: Conquistare, Possedere, Distruggere, alla quale non sono stati posti limiti di alcun tipo. È urgente convertirsi a una regola più accettabile e sostenibile, l’unica che ci permetterà di sopravvivere e che si può esprimere in Fruire, Condividere, Costruire.

Se non ci convertiremo andremo incontro ad una fine inevitabile. D’altra parte, non sarebbe la prima volta che forme di vita imponenti e largamente diffuse scompaiono per l’incapacità di pianificare il proprio futuro. C’è una ragione valida che possa essere accampata per sostenere che ciò non potrà accadere anche all’umanità, continuando sul percorso fin qui seguito? Noi non ne conosciamo nessuna.

È possibile che il lettore si ponga alcune domande critiche sulla visione apocalittica che stiamo presentando.

– L’invocata Mετάνοια, non costituisce una utopia irrealizzabile?

– Il fallimento delle religioni tradizionali può essere con successo sostituito da una nuova religione mondiale fondata su un Weltethos, condiviso fra tutti i popoli della terra secondo la splendida proposta, basata sul principio di reciprocità, cui il teologo Hans Küng sta intensamente lavorando?

Le domande sono ragionevoli, ma deve essere ben chiaro che la situazione è tale che se l’umanità non sarà capace di trasformare l’utopia in realtà, salvo colpi di fortuna e l’avverarsi di circostanze impreviste, non ci sarà salvezza per la razza umana. La ricerca della sicurezza e del benessere nelle attuali condizioni della società Umana sta risultando una chimera impossibile a realizzarsi.

In situazioni di emergenza non resta che sperare che anche l’utopia diventi realtà. Noi non riteniamo possibile né pretendiamo che tutta l’umanità da un giorno all’altro abbracci improvvisamente e comprenda «toto corde» l’urgenza dell’utopia di costruire una società solidale e partecipata, fondata sul principio della reciprocità. Ci appelliamo soltanto alle persone responsabili di buona volontà del mondo più evoluto e meno evoluto, affinché esse per prime realizzino con sincerità e abnegazione la necessaria Mετάνοια che gli permetta di cooperare fruttuosamente per gettare le fondamenta di una rapida costruzione di un mondo nuovo, capace di riscattarsi decidendo tutti insieme di prendere quei provvedimenti nuovi e rivoluzionari che prevedano per la razza umana una sopravvivenza felice, in solida sicurezza e in armoniosa pace, nel benessere per tutti.

È indubbio, la strada è in salita e le cose da fare sono molte. Guardandosi attorno nel panorama culturale attuale spesso si è attanagliati dallo sconforto. Bisogna convincersi che l’utopia può diventare realtà solo che lo vogliamo. I profeti, gli uomini illuminati di tutti i tempi hanno predicato la necessità di una radicale «rinascita» che riesca ad investire tutto il mondo. L’uomo, se vuole sopravvivere, deve cambiare, deve diventare un altro. Siamo di fronte ad un bivio drammatico: O l’umanità riesce a «rinascere» e cambiare radicalmente mentalità o «si estinguerà». Il cuore della predicazione di Cristo è l’invito a una grande e generale rinascita, che però il Cristianesimo reale purtroppo non ha mai attuato.

Ricordiamo l’incontro di Cristo con Nicodemo, in cui questi fu esortato a nascere di nuovo. «Come può un uomo nascere di nuovo quando è già vecchio?» Chiese Nicodemo stupito. «Non ti meravigliare se ti ho detto, bisogna che nasciate di nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai da dove viene né dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». Occorre un nuovo Rinascimento su scala mondiale. Il mondo intero, l’umanità tutta quanta, deve rinascere! Gli uomini, tutti, nessuno escluso, diventati sacerdoti e re di se stessi, dovranno agire da spiriti liberi, non più vincolati e terrorizzati da regole artificiali e assurde, né stretti in miopi egoismi, dovranno imparare a scegliere in assoluta libertà, come il vento, simbolo dello spirito, che soffia e liberamente va dove vuole. E nella nuova libertà dell’uomo nuovo, che «impassibilmente» riuscirà a rinascere, l’umanità dovrà scegliere e sceglierà che l’ultima speranza, l’ultima risorsa per sopravvivere e non scomparire, non sta in mirabolanti scoperte scientifiche e invenzioni tecnologiche, ma sta nel realizzare il grande comandamento, il grande invito alla solidarietà che tutti i profeti hanno da sempre invocato e predicato:

Amatevi gli uni gli altri.

Se, e soltanto se, saremo capaci di realizzare questa «grande utopia», basata sul principio di reciprocità, il mondo riuscirà a sopravvivere sicuro e felice nel benessere di tutti.