Le autorità italiane, «colpevoli» di non aver effettuato tutti i controlli dovuti per verificare il rispetto degli obblighi a carico della società, si sarebbero rese responsabili del rilascio di permessi che avrebbero consentito all’Ilva di Taranto di continuare a svolgere la sua attività
L’Italia nuovamente nel mirino dell’Unione europea. La Commissione Ue si avvia ad aprire una procedura di infrazione contro il Belpaese, questa volta a causa della delicata vicenda dell’Ilva di Taranto.
La proposta ha superato la fase istruttoria e il provvedimento sarà ufficializzato a breve.
Secondo Bruxelles, lo Stato avrebbe violato importanti direttive sulle emissioni degli impianti industriali e sulla responsabilità ambientale, e stando alle recenti dichiarazioni di Janez Potocnik, Commissario Ue, il governo non ha fatto tutto il necessario per obbligare l’ente siderurgico a rispettare tali norme, non avendo tempestivamente adottato misure idonee a salvaguardare l’ambiente.
Le autorità italiane, «colpevoli» di non aver effettuato tutti i controlli dovuti per verificare il rispetto degli obblighi a carico della società, si sarebbero rese responsabili del rilascio di permessi che avrebbero consentito all’Ilva di Taranto di continuare a svolgere la sua attività.
La proposta di messa in mora arriva dopo una lunga querelle intrapresa con le autorità italiane già a Marzo del 2012, data a partire dalla quale ha preso il via un fitto carteggio tra la Commissione e l’Italia, finalizzato all’acquisizione, da parte della Ue, di informazioni necessarie a valutare la situazione.
Le risposte italiane alle domande degli uomini di Potocnik date finora non sono, però, risultate sufficienti.
Intanto si movimentano le associazioni ambientaliste, tra cui la Peacelink Taranto, che in questi giorni invierà un nuovo video alla commissione europea, nel quale si documentano emissioni diffuse e fuggitive dallo stabilimento.
«Tali immagini – sottolinea Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione – sono indicative di una esposizione di un numero imprecisato di lavoratori a fumi e vapori che dovrebbero essere convogliati o captati in modo efficace in base alle direttive europee sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, recepite nella legge 626/94 e poi trasfuse nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza».
«Le immagini girate – sempre secondo l’ambientalista – attestano il non rispetto delle prescrizioni dell’Aia, in particolare le prescrizioni relative al confinamento delle polveri che attualmente non avviene per le aree di gestione e movimentazione dei materiali polverulenti, la cui pericolosità è nota. Tale confinamento – conclude Marescotti – doveva servire per evitare le emissioni, vera criticità dello stabilimento e vera questione centrale e spinosa emersa nella perizia dei tecnici della Procura».
Nei prossimi giorni, la lettera di messa in mora, preparata dai servizi del commissario Ue responsabile per l’Ambiente, verrà inviata all’Italia, la quale dovrà rispondere entro 60 giorni.
Successivamente Bruxelles, nel caso in cui ritenesse che l’Italia continui a violare le norme Ue, potrà emettere un parere motivato e deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia dell’Unione.
Carlo Ciminiello