Il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando vuole la massima partecipazione. Natura e Parchi «costituiscono un sistema integrato di sviluppo che, seppur implementabile, rappresenti l’esempio tangibile dell’effettiva percorribilità di un modello che vede nella conservazione e nello sviluppo della biodiversità il motore primario per il conseguimento di benessere sociale e di opportunità di sviluppo locale durevole e sostenibile»
È il ministro dell’Ambiente in persona, Andrea Orlando, che scrive alle associazioni di protezione ambientale e auspica la più ampia presenza e partecipazione per un loro contributo effettivo e proficuo ai lavori preparatori per i tre giorni, in programma a Roma dal 10 al 12 dicembre, della Conferenza nazionale «La Natura dell’Italia. Biodiversità e aree protette: la Green economy per il rilancio del Paese», promossa dal ministero dell’Ambiente, dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, dall’Unioncamere e dalla Federparchi.
L’invito segue la partecipazione del Ministro al convegno svoltosi lo scorso 3 ottobre a Milano e organizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile dal titolo «Infrastrutture verdi e il capitale naturale nel quadro dell’attenuazione e dell’adattamento alla crisi climatica». Il secondo incontro preparatorio per la Conferenza nazionale di dicembre è in programma per il 30 ottobre a Palermo. Come tema principale dell’incontro siciliano è la centralità delle aree protette con attenzione sul ruolo che queste hanno svolto e svolgono nel nostro paese per la conservazione della biodiversità. Orlando nella lettera d’invito rileva come le aree protette «costituiscono un sistema integrato di sviluppo che, seppur implementabile, rappresenti l’esempio tangibile dell’effettiva percorribilità di un modello che vede nella conservazione e nello sviluppo della biodiversità il motore primario per il conseguimento di benessere sociale e di opportunità di sviluppo locale durevole e sostenibile».
Il sistema delle risorse naturali è un patrimonio essenziale per la qualità della vita e per la vita stessa che dal punto di vista economico è in gran parte poco tangibile per la difficoltà di attribuire a esso un valore economico specifico. La difficoltà di attribuire al «bene natura» un valore economico tangibile dipende, oltre che dalla straordinaria complessità degli ecosistemi, dal fatto che gran parte delle risorse naturali non sono monetizzabili, poiché la loro disponibilità non è legata direttamente a una transazione economica.
Così, risulta difficile quantificare il valore economico di un’aria più pulita o meno pulita, aria da respirare; non si riesce a quantificare il valore economico di una falda acquifera o di uno specchio d’acqua compromessi dallo sversamento di idrocarburi; non si riesce a monetizzare un paesaggio naturale con tutta la sua biodiversità e geodiversità o un paesaggio costruito sapientemente dall’uomo; non si riescono a quantificare economicamente i comportamenti delle popolazioni locali nella tradizione dei rapporti sociali e dei rapporti con il loro territorio. In molti casi la conversione in valore economico diventa quasi impossibile. La mancanza di valori numerici di riferimento, paragonabili a quelli delle attività economiche tradizionali, fa sì che il valore del «capitale naturale» non sia percepito o sia percepito prossimo a zero.
La Green economy può dare una svolta alla politica di tutela della natura e ripresa dell’economia, rivolta questa più alla valorizzazione delle risorse umane che al consumo di risorse naturali. Tra gli ambiti specifici d’intervento della Green economy ci sono proprio le aree protette, infatti, esse sono uno degli strumenti fondamentali per le strategie di conservazione della biodiversità e geodiversità e il mantenimento dei servizi degli ecosistemi. Le aree protette hanno una funzione primaria e irrinunciabile per la conservazione del patrimonio naturale, alla quale devono unire una serie di attività sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. La sopravvivenza delle aree protette, la loro capacità di svolgere un’azione sistemica nel territorio, dipende dalla consapevolezza e coinvolgimento delle comunità locali che vivono al loro interno.
In questa direzione sembra voglia agire il ministro dell’Ambiente. Prendendo spunto dalle politiche dell’Unione europea il ministro Orlando nella nota rileva che «la Green economy è il modello in grado di coniugare la necessaria conservazione dell’ambiente con le nuove frontiere dello sviluppo per il benessere della collettività». Sembra che almeno in questa fase politica la tutela della natura e della qualità della vita, che passa anche dalla tutela della biodiversità e geodiversità, dalla gestione delle aree protette, grande patrimonio naturale del nostro Paese, abbia interlocutori politici che a differenza di altri casi riescono ad assegnare a essi un valore alla stregua dei beni economici tradizionali.