Sono ormai indicatori evidenti dei cambiamenti climatici. Analisi delle precipitazioni dell’Arco ionico occidentale e della penisola Salentina. La maggior frequenza di eventi pluviometrici estremi avvengono tra settembre e novembre. Recenti studi dimostrano come negli ultimi decenni sull’arco jonico tarantino è andato lievemente riducendosi il quantitativo di accumulo annuo ma soprattutto si è ridotto il numero di giorni piovosi. In linea di massima piove meno ma quando piove la quantità di pioggia è maggiore
Il Centro funzionale decentrato del Servizio protezione civile della Regione Puglia già il giorno 9 ottobre ha diramato un’approfondita relazione sugli eventi pluviometrici che hanno colpito la provincia di Taranto tra il 6 e l’8 ottobre, innescando violente alluvioni che hanno causato quattro vittime e ingenti danni. Il giorno 11 ha integrato il documento aggiungendo l’analisi degli eventi pluviometrici che negli stessi giorni hanno interessato anche la penisola Salentina.
Per comprendere meglio il documento abbiamo intervistato il dott. Francesco Montanaro esperto di meteorologia e afferente all’Associazione Meteo Valle d’Itria. L’Associazione, costituita da volontari di diversa estrazione culturale e scientifica che a diverso titolo studiano l’interazione del clima e dei fenomeni atmosferici con l’ambiente e il territorio, da anni studia e analizza gli eventi meteorologici e climatici del territorio pugliese.
Può descriverci il tipo di perturbazione che ha interessato la Puglia meridionale tra la fine della prima e l’inizio della seconda settimana di ottobre?
La perturbazione che ha interessato nei giorni dal 6 all’8 ottobre la Puglia meridionale è stata determinata da un vortice di aria fredda di origine atlantica in media troposfera (intorno ai 5.500 metri) entrato e isolatosi (cut off) nel Mar Mediterraneo centro occidentale. Di conseguenza al suolo si è generato un campo di bassa pressione con il suo minimo posizionato sul Mar Tirreno centrale. La circolazione dei venti intorno al minimo è in senso antiorario e di conseguenza sulle zone adriatiche e ioniche i venti hanno assunto una direzione di provenienza dai quadranti sudorientali. La concomitante presenza di un campo di alta pressione sulla regione balcanica ha mantenuto il minimo al suolo e l’annessa perturbazione in posizione stazionaria per quasi 72 ore sulla Puglia e l’elevato gradiente di pressione al suolo hanno favorito venti di forte intensità (fino a 50-70 Km/h). I forti venti sudorientali (scirocco) hanno richiamato aria molto calda e umida dal Mar Mediterraneo meridionale; queste caratteristiche della massa d’aria, unitamente al calore sensibile generato dal Mar Mediterraneo e Mare Jonio ancora caldi, hanno favorito un accumulo nei bassi strati atmosferici di energia potenziale per l’innesco dei moti verticali atmosferici che generano le nubi temporalesche (cumulonembi).
Proprio i forti venti al suolo e la presenza della perturbazione stazionaria sulle regioni meridionali hanno determinato l’ascesa della massa d’aria umida che ha liberato la propria energia termica creando celle temporalesche che tra il pomeriggio del 6 e la notte del 7 ottobre hanno determinato intensi eventi pluviometrici tra il settore ovest della provincia di Taranto e la Penisola Salentina con un accumulo record di 225 mm in 24 ore per la stazione meteo di Corigliano d’Otranto gestita dal Centro Funzionale della Protezione Civile Puglia. Nel pomeriggio del 7 un intenso temporale ha interessato la Valle d’Itria e il Brindisino con valori di 120,4 mm in 24 ore su Brindisi, 114,8 mm su Ceglie Messapica, ma dai dati della rete di stazioni meteo dell’Associazione Meteo Valle d’Itria si è registrato un picco di 174,5 mm raccolti in 24 ore su Alberobello con una punta massima dell’intensità della pioggia (rain rate) pari 525 mm/h misurato alle ore 15,10 (se fosse piovuto con questa intensità per un’ora avremmo accumulato ben 525 mm).
La sera del 7 Ottobre un violento nubifragio si è abbattuto sul settore occidentale della provincia di Taranto con epicentro nel territorio di Ginosa e aree limitrofe con un accumulo di 89,6 mm in un’ora e 119,8 mm in 3 ore rappresentando un record storico per questa stazione. In questo caso la causa è imputabile alla presenza di un minimo al suolo posizionato sullo Jonio Settentrionale che ha intensificato sul Golfo di Taranto i venti caldi e umidi provenienti da sudest. La massa d’aria umida è stata così spinta verso l’entroterra e costretta a sollevarsi lungo la scarpata dei rilievi murgiani tarantini e dei rilievi meridionali materani e data la concomitante presenza di aria relativamente più secca in media troposfera hanno innescato moti ascensionali con formazione dell’intenso nucleo temporalesco che ha colpito l’area summenzionata. In questo caso tra le cause della localizzazione dell’intenso evento vi è anche un fattore orografico che ha condizionato la formazione della nube temporalesca e del relativo nubifragio determinando elevati accumuli di pioggia in poche ore e generando un’alluvione lampo (flash flood).
Nel pomeriggio del giorno 8 ottobre il concomitante arrivo di aria fredda in media troposfera e l’intensificarsi dei venti da sudovest in quota, con un massimo del vento di 140 Km/h posizionato sulla Puglia centrale, hanno favorito la formazione di un nucleo temporalesco autorigenerante (cyclic storm) nel territorio del Tarantino, nell’area di Castellaneta (accumulo di pioggia in 3 ore di 116,8 mm), riattivatosi 3 volte, intervallato da brevi periodi di attenuazione, e che si è in seguito mosso verso la Murgia barese dissolvendosi durante la serata.
È una perturbazione tipica di queste latitudini e in questo periodo?
Se consideriamo la dinamica delle perturbazioni in questo periodo dell’anno è normale avere tali sistemi che innescano fenomeni atmosferici alle volte intensi, come in questo caso, che liberano l’energia termica accumulata dal Mare Mediterraneo durante il lungo periodo di stabilità atmosferica estiva caratterizzata dalla presenza di un’area anticiclonica (anticiclone delle Azzorre o sempre più frequentemente l’anticiclone nordafricano) sul Mediterraneo. Infatti, se si considera l’analisi degli eventi alluvionali sul territorio italiano e anche pugliese si nota come la maggior frequenza di eventi pluviometrici estremi avvengono tra settembre e novembre.
Quanti sono gli eventi pluviometrici tra il 6 e l’8 ottobre nella zona del Tarantino?
Considerando l’intero periodo piovoso iniziato nel pomeriggio del 6 ottobre fino alla sera dell’8 ottobre sul Tarantino e sulla penisola Salentina in molte località, la pioggia caduta è stata mediamente di 120-160 mm ma con valori estremi di 243 e 239 mm rispettivamente su Ginosa e Corigliano d’Otranto. Questi accumuli possono definirsi sicuramente elevati per il breve periodo in cui sono caduti (poco meno di 72 ore) e la vasta area su cui si sono manifestati.
Come si possono definire questi eventi?
Per molte località della penisola Salentina si è trattato di eventi tra i più intensi da quando esistono i rilevamenti delle quantità di pioggia su quelle località. In molti casi non è fuori luogo definire l’evento con il carattere di eccezionalità. Infatti, su Ginosa si sono misurati quantitativi record per piogge cumulate in 1-3-6 ore con rispettivamente 86,8–119,8–136,8 millimetri (cioè litri di pioggia caduti su un metro quadrato) da quando esiste la stazione meteo dell’ufficio idrografico (anno 1932); questa quantità di precipitazione ha concorso a determinare l’alluvione lampo (flash flood) che ha devastato questo territorio. Anche per Corigliano d’Otranto (inizio rilevamento anno 1994) si sono superati i valori record per cumulati di precipitazione di 1-3-6-12-24 ore. Per Ginosa e Corigliano d’Otranto l’elaborazione dei dati mediante i metodi di probabilità pluviometrica (legge di Gumbel) indica tempi di ritorno di tali eventi superiori ai 100 anni. Per molte altre località della penisola Salentina, del Brindisino e Tarantino i tempi di ritorno sono superiori ai 50 anni. Per Brindisi è da notare come per gli accumuli di pioggia di 3-6 ore i tempi di ritorno sono superiori ai 100 anni. Nel complesso possiamo dire che su 31 stazioni di rilevamento gestite dal centro funzionale Protezione Civile della Puglia presenti nella penisola Salentina ben 16 hanno avuto valori di accumulo superiori alla soglia di elevata criticità.
Nell’ultimo decennio nella zona tarantina ci sono stati diversi eventi pluviometrici importanti. Esiste una motivazione particolare?
La maggior parte degli eventi pluviometri che hanno interessato il Tarantino negli ultimi anni si sono manifestati prevalentemente tra l’inizio della stagione autunnale e in minor misura in quella primaverile quando la circolazione atmosferica sulle nostre regioni favorisce forti contrasti tra masse d’aria con origine e caratteristiche termodinamiche molto diverse tra loro e che sono la causa della genesi dei sistemi perturbati che interessano il territorio pugliese. Tali eventi pluviometrici sono associati a perturbazioni che provengono dai settori meridionali e occidentali del Mediterraneo. I valori di temperatura superficiale del mare Mediterraneo e dello Jonio nell’ultimo decennio evidenziano valori termici superiori alla media trentennale. Questo si traduce in una maggiore disponibilità di energia termica immagazzinata nel mare destinata a essere liberata in atmosfera sotto forma di calore sensibile e latente in presenza di perturbazioni e che quindi si mostrano più foriere di precipitazioni intense.
Se dovessimo prendere in considerazione non tutta la serie storica dei dati pluviometrici ma solo gli ultimi 10 anni, come possiamo classificare gli eventi di ottobre?
Gli eventi dell’ottobre 2013 assumono in alcuni casi carattere di eccezionalità poiché in alcune località della penisola Salentina si sono raggiunti valori di precipitazione che rappresentano il valore massimo storico dall’inizio delle registrazioni su intervalli di tempo tra 15 minuti e 24 ore (Corigliano d’Otranto su tutti gli intervalli di tempo; Ginosa sui cumulati di 5-15-30 minuti 1-3-6 ore; Gallipoli sui 30 minuti e 3 ore; San Pancrazio Salentino su 12 ore; Ceglie Messapica su 6-12 ore). In realtà sempre nell’area del tarantino c’è da ricordare l’evento alluvionale dell’8/9/2003 dove sulla stazione di Castellaneta si è raggiunto il valore storico di accumulo su 1-3-6-12-24 ore rispettivamente di 142-224-243-244-244 millimetri). In quell’occasione l’evento dette luogo a 3 vittime ed a ingenti danni.
Altro evento degno di nota è anche l’alluvione avvenuta in Terra di Bari il 22-23 dell’ottobre 2005 che devastò i territori murgiani meridionali e la parte meridionale della città di Bari (epicentro pluviometrico sulla Foresta Mercadante con accumulo si registrano anche in quel caso un massimo storico su 6 ore con accumulo di 152,6 mm) determinando 4 morti e ingenti danni e sfollati. Quello che si è notato sul Tarantino e sul resto del territorio pugliese è il verificarsi di eventi pluviometrici estremi con frequenza sempre più ravvicinata.
Recenti studi dimostrano come negli ultimi decenni sull’arco jonico tarantino è andato lievemente riducendosi il quantitativo di accumulo annuo ma soprattutto si è ridotto il numero di giorni piovosi. In linea di massima piove meno ma quando piove la quantità di pioggia è maggiore. Infatti, concentrandosi sugli eventi di pioggia sono aumentati i casi con precipitazioni di durata inferiore alle 8 ore rispetto a quelli a 24 ore. Infatti, se si scorrono i dati registrati nell’evento di ottobre 2013 si può notare come i valori maggiori di accumulo di pioggia si sono verificati maggiormente per intervalli da 15 minuti a 6 ore. Estendendo l’analisi ai giorni piovosi con accumuli complessivi su 24 ore di 20 mm, 35 mm, 50 mm sull’arco jonico tarantino si è notato una sensibile riduzione dei giorni con accumulo compreso tra 20 e 35 mm, rispetto al numero di giorni con accumulo giornaliero superiore ai 50 mm. Questo indica come i giorni più piovosi tendono con maggiore frequenza a superare la soglia dei 50 millimetri. Dall’elaborazione delle curve di probabilità pluviometrica si nota come eventi pluviometrici nel breve periodo (15 minuti-6 ore) che mostravano tempi di ritorno di circa 50 anni negli ultimi 15 anni hanno probabilità di accadimento ridotta a 20-25 anni. Anche questo può essere indizio di un cambiamento climatico ormai in atto ed eventi come quello accaduto potrebbe ripresentarsi tra qualche anno.
Alcuni studi sostengono che entro il 2044 il mite clima dell’Italia sarà solo un ricordo. Che tipo di clima dobbiamo aspettarci. Cosa ne pensa?
In effetti l’aumento delle temperature è un fatto incontrovertibile presente anche nel nostro territorio. In futuro assisteremo a un aumento ulteriore delle temperature che secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) vedrebbe un aumento delle temperature medie del pianeta entro il 2100 a livello globale in un range compreso tra i 2 e i 4°C rispetto ai valori attuali. Sul nostro territorio l’aumento delle temperature si manifesterà maggiormente nella stagione estiva con più frequenti ondate di calore diurno e notturno. Facendo alcune considerazioni sulla frequenza e intensità delle ondate di calore, in termini di giorni consecutivi con temperature sopra di un dato valore soglia si è notato una maggiore frequenza non soltanto nei due mesi canonici più caldi dell’anno (luglio e agosto) ma anche in periodi come fine maggio e giugno ed anche nell’intero mese di settembre.
Ondate di calore più frequenti indicano una maggiore possibilità di propagazione d’incendi del bosco e distruzione del patrimonio forestale con l’alterazione del suolo interessato dall’incendio che determina uno strato superficiale quasi impermeabile alle precipitazioni favorendo il ruscellamento delle acque in superficie con conseguente erosione del suolo e perdita di suolo utile, in pratica si accelererebbe il processo di alterazione fisica e organica del suolo favorendo il processo di desertificazione. Inoltre le precipitazioni tenderanno a concentrarsi in brevi periodi e dato i maggiori accumuli di energia termica da parte della superficie marina si avrà maggiore energia a disposizione per le prime perturbazioni autunnali che giungeranno nel bacino del Mediterraneo generando eventi pluviometrici estremi con una frequenza temporale maggiore ed anche l’evento eccezionale del 6-8 ottobre potrebbero rappresentare una «quasi normalità» nei prossimi 30 anni.
Il tutto si tradurrà in più frequenti episodi di criticità idrologica (esondazione dei corsi d’acqua, alluvioni) e di fenomeni di dissesto idrogeologico (frane) mostrando la fragilità di un territorio che è sfruttato e deturpato dall’attività antropica che non «vede» e non rispetta le caratteristiche intrinseche proprie dell’ambiente in cui l’uomo vive e opera.
Inoltre gli eventi estremi fanno sì che la grande quantità d’acqua che cade tende a ruscellare in superficie favorendo condizioni di alluvionamento e determinando scarsa infiltrazione di acqua nel sottosuolo che giunge ad alimentare le riserve idriche degli acquiferi. Per un territorio come la Puglia si tradurrà in una diminuzione di risorse idriche nel sottosuolo a fronte di una maggiore e pressante domanda di acqua da parte delle attività antropiche.
Inoltre gli studi fin qui condotti hanno dimostrato un aumento medio del livello del mare di circa 19 cm nel corso dell’ultimo secolo. L’ulteriore aumento della temperatura media mondiale favorirà una maggiore fusione dei ghiacciai continentali determinando una maggiore disponibilità di acqua allo stato liquido nei mari, un aumento della temperatura dei mari darà una maggiore dilatazione termica di questi ultimi. Il tutto si tradurrà in un ulteriore aumento del livello del mare più rapido di quello fin qui osservato con conseguenze sulle zone litorali (più frequenti condizioni d’inondazioni delle zone litorali basse in conseguenza delle mareggiate (vedi le zone litoranee tra Manfredonia e Margherita di Savoia) il processo di erosione dei litorali sabbiosi che rappresentano delle unità morfologiche di transizione tra ambiente subaereo e marino e quindi intrinsecamente fragili a una variazione del bilancio delle forze esterne che hanno concorso alla loro formazione. Questo significa che con più facilità l’aumento del livello del mare e le mareggiate metteranno in crisi il sistema costiero determinando una modifica del paesaggio con arretramento delle spiagge e sconvolgendo gli ecosistemi caratteristici dei sistemi litoranei sabbiosi e dunari ma in più rappresenterà anche una perdita economica notevole per una regione come la nostra votata al turismo balneare.
Dal confronto esaustivo avuto con il dott. Francesco Montanaro si può cogliere che gli eventi che hanno interessato la Puglia meridionale, tra il 6 e l’8 di ottobre, hanno fatto registrare su 16 delle 31 stazioni di rilevamento, gestite dal centro funzionale Protezione Civile della Puglia presenti nella penisola Salentina, valori di accumulo di pioggia superiore alla soglia di elevata criticità. Il periodo più critico per gli eventi meteorologici estremi sul territorio italiano e anche pugliese è tra settembre e novembre. I dati sono incontrovertibili, i valori di temperatura superficiale del mare Mediterraneo e dello Jonio nell’ultimo decennio evidenziano valori termici superiori alla media trentennale. Questo si traduce in una maggiore disponibilità di energia termica immagazzinata nel mare destinata a essere liberata in atmosfera sotto forma di calore sensibile e latente in presenza di perturbazioni e che quindi si mostrano più foriere di precipitazioni intense.
Analizzando gli ultimi avvenimenti che hanno interessato il sud della Puglia e prendendo in considerazione la serie storica dei dati pluviometrici a questi si assegna, per eventi pluviometrici nel breve periodo (15 minuti – 6 ore), un tempo di ritorno di circa 50 anni; invece gli stessi eventi, prendendo in considerazione solo i dati degli ultimi 15 anni, presentano una probabilità di accadimento che si riduce a 20-25 anni.
In futuro assisteremo a nuovi aumenti delle temperature che secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) vedrebbe un aumento delle temperature medie del pianeta entro il 2100 a livello globale in un range compreso tra i 2 e i 4°C rispetto ai valori attuali. Il cambiamento climatico ormai in atto ed eventi come quello accaduto potrebbero ripresentarsi tra qualche anno con frequenze di accadimenti non più definibili «eccezionali» ed effetti al suolo sempre più indicativi e devastanti.