L’animale è privo della pinna dorsale e della pinna pettorale destra; una grave menomazione causata presumibilmente dalle eliche di motore che gli impedisce di cacciare e, quindi, di provvedere autonomamente ai propri bisogni alimentari. Condizioni tali da metterne seriamente in pericolo la sua sopravvivenza, se non fosse per la coesione del branco che condivide il cibo con l’esemplare certamente reso disabile dall’uomo
Anche le orche sono legate tra loro da vincoli familiari molto stretti. Le recenti ricerche sul campo hanno ulteriormente dimostrato gli intimi e profondi legami, i rapporti vincolanti e le profonde relazioni che intercorrono tra gli esemplari di orca.
Lo rende noto il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri. «Legami talmente articolati che evidenziano le capacità cognitive straordinarie – precisa Ferri – da spingere il branco a prendersi cura degli esemplari “meno fortunati”. Empatia e compassione che diventano regola del branco».
È il caso di un’orca avvistata più volte e studiata nelle acque sudafricane. «L’animale – spiega Ferri – è privo della pinna dorsale e della pinna pettorale destra; una grave menomazione causata presumibilmente dalle eliche di motore che gli impedisce di cacciare e, quindi, di provvedere autonomamente ai propri bisogni alimentari». Condizioni tali da metterne seriamente in pericolo la sua sopravvivenza, se non fosse per la coesione del branco – composto complessivamente da sette esemplari – che condivide il cibo con l’esemplare certamente reso disabile dall’uomo. Tra l’altro, questo non è il primo episodio del genere ad essere documentato. Un’altra orca, priva della coda e della pinna dorsale, avvistata per la prima volta nel 1996, è stata vista dodici anni dopo mentre si nutriva insieme al branco in acque australiane.
«Dobbiamo prendere atto che sulla vita di questi splendidi animali come su quella di numerose altre specie marine ne sappiamo ancora poco – commenta Ilaria Ferri – ma ciò che sappiamo di certo è che tra tutti i cetacei esiste la regola dell’aiutare il prossimo in difficoltà. E che molte opinioni al riguardo, e soprattutto moltissimi pregiudizi, sono ingiustificati e da condannare nel modo più assoluto perché si tratta di specie estremamente complesse dal punto di vista etologico, psicologico e comportamentale. Una ragione di più per dire no alla cattività, la quale, privando gli animali dei loro legami sociali, li costringe a sopportare una condizione di costante maltrattamento e grave stress psicologico che si va a sommare a tutte le altre sofferenze causate dal trascorrere la propria triste esistenza in uno spazio di pochi metri quadrati. Un crimine che dobbiamo fermare».