Sono dati ufficiali dell’Oms e sono stati al centro delle riflessioni preoccupate degli esperti allergologi e pneumologi di tutto il mondo riuniti la scorsa settimana in occasione del Congresso internazionale dedicato alle patologie allergiche e respiratorie tenuto a Genova. Il dato inoppugnabile è dato dall’aumento delle malattie allergiche (respiratorie e non) in tutto il mondo, senza sostanziali differenze fra i Paesi «avanzati» e quelli in via di sviluppo
Asma, riniti, congiuntiviti, dermatiti, e molto altro. Il vasto mondo delle manifestazioni allergiche si fa sempre più rilevante ed arriva ad interessare ben il 40% della popolazione in forme e modi anche nuovi ma sempre con un impatto considerevole sulla salute e sulla qualità di vita dei cittadini. Quasi uno su due è interessato a situazioni e segni clinici rapportabili in misura diretta ad allergie o intolleranze a sostanze chimiche, alimenti, farmaci, con una evidenza particolare per i più giovani ed i bambini in particolare.
Sono dati ufficiali dell’Oms e sono stati al centro delle riflessioni preoccupate degli esperti allergologi e pneumologi di tutto il mondo riuniti la scorsa settimana in occasione di «Highlights in Allergy and Respiratory Diseases», Congresso internazionale dedicato alle patologie allergiche e respiratorie tenuto a Genova.
Il dato inoppugnabile (e sconfortante) è dato dall’aumento delle malattie allergiche (respiratorie e non) in tutto il mondo, senza sostanziali differenze fra i Paesi «avanzati» e quelli in via di sviluppo. Secondo i dati dell’Oms sono centinaia di milioni, ad esempio, gli individui che oggi soffrono di rinite allergica e di questi quasi 300 milioni sono anche affetti da asma bronchiale, con grossi problemi nella qualità della vita, un forte impatto economico per via delle terapie necessarie (e non sempre disponibili) e la conseguenza di circa 250mila decessi all’anno nel mondo per asma di cui gran parte evitabili col giusto approccio medico (per non parlare della prevenzione).
Quaranta abitanti della terra su cento presentano condizioni di reattività allergica o di intolleranza a ciò che respirano o mangiano, a ciò che toccano o di cui si vestono, a ciò che manipolano o che entra in un modo o nell’altro in contatto con il loro organismo. Con la prospettiva di un prossimo ed ulteriore aumento dei dati di incidenza e prevalenza e con la consapevolezza che quando quei bambini che ora cominciano ed evidenziare tendenze allergiche saranno più grandi finiranno per manifestare in maniera ancora più allarmante i sintomi classici delle malattie. Gli stessi casi di allergie complesse e di polisensibilizzazioni presentano aumenti indiscutibili e «spalmati» su tutta la popolazione, con particolare evidenza nelle fasce più giovani sino all’infanzia.
È fortemente verosimile che queste condizioni patologiche aumenteranno ancora proprio per via dei cambiamenti climatici ed a causa dell’aumento del riscaldamento del pianeta oltre che a causa della immissione continua, sul mercato, di sostanze e molecole di cui sappiamo ancora oggettivamente troppo poco e che avrebbero, nei confronti degli organismi viventi, un’attività allergogenica proprio per via della sostanziale impreparazione dell’organismo a «convivere» con essi.
Questi dati offrono una serie di spunti sulla necessità di provvedere ad un ulteriore approfondimento su tali temi anche in ordine alle possibili cause in gioco. Ma non solo. È necessaria una valutazione critica sulle terapie disponibili e sul reale accesso ad esse in ogni parte del mondo altrimenti il prezzo da pagare potrebbe essere davvero molto alto in termini di complicanze e, quindi, di vite umane. Le terapie di desensibilizzazione, estremamente efficaci per contrastare la progressione dei sintomi e della malattia stessa, non sono per esempio disponibili dappertutto e, dove lo sono, hanno costi e modalità diverse da zone a zone (basta vedere la condizione a macchia di leopardo relativa alle regioni italiane) e questo ostacola oggettivamente la possibilità di interventi efficaci ed opportuni.
Per non parlare, naturalmente, della indispensabile necessità di ripensare alla continua immissione sul mercato di molecole di cui si conosce ancora troppo poco e che verosimilmente sono in gioco nella genesi delle malattie da ipereattività.