Il consiglio a praticare attività fisica, se non sportiva vera e propria, si infrange innanzitutto sulle barriere delle abitudini consolidate poi sulla mancanza di modelli ed infine sul senso stesso del messaggio che molti interpretano come formale o rituale. «Movimento in salute» è un progetto interessante ed accattivante, che mira a far scendere la medicina dal piedistallo delle indicazioni formali e teoriche e portarla ad un confronto quotidiano con i pazienti individuando strategie concrete di cambi di stili vita e di abitudini
Che la sedentarietà e l’inattività fisica sia ormai un problema di fondo della nostra quotidianità è cosa ormai risaputa. Che l’attività corporea consenta di mantenere inalterate (nei limiti del possibile) moltissime capacità dell’organismo è affermazione altrettanto veritiera. E che la stragrande maggioranza delle malattie cronico degenerative di interesse generale (dal sovrappeso al diabete mellito, dall’ipertensione all’osteoporosi, dai disturbi cerebrovascolari all’infarto ad alcuni tipi di tumore) siano meglio prevenute e contrastate con una buona dose giornaliera di ginnastica o anche di semplice moto è una consapevolezza che la scienza ha sempre più chiaramente messo in luce al punto da far considerare l’attività fisica come una vera e propria panacea al pari, se non meglio, di moltissimi farmaci più o meno tradizionali.
Tutti d’accordo, dai medici ai pazienti, e tutti entusiasti dei risultati che di volta in volta vengono evidenziati da ricerche e studi che, manco a dirlo, confermano ogni volta di più la necessità di stare molto meno incollati alle sedie ed alle poltrone e molto più in palestra o per le strade a correre o a pedalare. Molto meno d’accordo quando si tenta di tradurre in pratica questa consapevolezza per farla diventare pratica non estemporanea bensì regola di vita.
Il consiglio a praticare attività fisica, se non sportiva vera e propria, si infrange innanzitutto sulle barriere delle abitudini consolidate poi sulla mancanza di modelli ed infine sul senso stesso del messaggio che molti interpretano come formale o rituale. Ci sarebbe da chiedersi se non sia venuto il tempo di scrivere sulla ricetta rosa del Sistema sanitario nazionale l’indicazione perentoria a muoversi, a correre, a nuotare o a pedalare evitando che quelle indicazioni si perdano nell’indifferenza o nella sottovalutazione.
Da più parti si sta cercando di correre ai ripari, specie in conseguenza di sempre maggiori evidenze scientifiche del rapporto fra le conseguenze della sedentarietà e l’insorgenza di malattie anche gravi (è di queste ore la comunicazione medica relativa alla dimostrata correlazione, su un ragazzo italiano, fra sedentarietà, obesità, fegato grasso ed insorgenza di tumore epatico) rispetto a cui si impone un cambio di strategia o l’individuazione di modelli originali di intervento medico. È anche per questo che le Regioni stanno adottando misure di programmazione indirizzate alle Asl perché vengano previsti ed attuati programmi di incentivazione all’attività motoria rivolti ai cittadini affinché, sotto la guida dei medici curanti, comincino a considerare lo sport come una vera e propria medicina da «assumere» con effetti nient’affatto trascurabili. In Puglia, ad esempio, il Programma regionale sperimentale «Movimento in salute», da attuare nelle Asl BT e BA, adottato con DGR n. 2374 del 19/11/2012 (BURP n. 180 del 12/12/2012), prevede la formazione di Gruppi di Cammino (e di attività fisica anche leggera e comunque non sportiva poiché rivolta a cittadini in genere non abituati a svolgere sforzi fisici di rilievo) che, individuati dai propri medici di famiglia sia fra i cosiddetti normali sia fra i portatori di patologie varie come ipertensione arteriosa, diabete mellito, sovrappeso e così via, vengano motivati, coordinati e controllati ad un’attività motoria anche semplice nel proprio ambiente urbano.
Il progetto prevede la collaborazione con i Comuni (a cui spetta il compito di predisporre ed approntare itinerari viarii comodi e sicuri a disposizione dei corridori e dei camminatori), con medici sportivi, laureati in scienze motorie, palestre, infermieri e con le Università e si impegna ad un iter lungo e significativo in cui i partecipanti (arruolati fra i pazienti dei medici di medicina generale) vengono visitati e «verificati» all’inizio del progetto e a distanza di tre, sei e dodici mesi. Ai pazienti coinvolti vengono fornite informazioni e chiarimenti, viene stilata una sorta di carta personalizzata della salute, vengono suggeriti i modelli di impegno fisico più opportuni, ed indirizzati alla frequenza di un gruppo di cammino o di corsa, con tanto di capogruppo responsabile, contapassi e cardiofrequenzimetro. Ciascuno troverà dal proprio medico le indicazioni per lo sforzo più consono ed opportuno al proprio stato e, a seconda delle territorialità, potrà scegliere fra l’attività di palestra e quella di strada. Fra un anno, infine, si cercherà di valutare l’esito del progetto per riproporlo, se possibile, su scala di maggiori dimensioni.
«Movimento in salute» è un progetto interessante ed accattivante, che mira a far scendere la medicina dal piedistallo delle indicazioni formali e teoriche e portarla ad un confronto quotidiano con i pazienti individuando strategie concrete di cambi di stili vita e di abitudini, nella speranza che, di fronte ad un impegno diretto e preciso proposto dal medico di famiglia, qualcuno scelga di cambiare il proprio atteggiamento nei confronti dell’attività motoria. Certo, i numeri previsti sono ancora troppo piccoli per potersi parlare di una rivoluzione e poche decine di corridori in più per ogni città non faranno cambiare in tempi brevi il contesto complessivo di cui la nostra società sedentaria si è ammalata. È però un inizio, affascinante e suggestivo, in direzione di un rapporto diverso con la propria salute, intesa, finalmente, non solo come risoluzione delle malattia ma anche e soprattutto come mantenimento delle condizioni di benessere psicofisico.