Se il supervulcano dello Yellowstone si svegliasse

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Da una rielaborazione di questa foto satellitare della Nasa si può vedere fin dove arrivarono le ceneri ed altro materiale piroclastico eruttati dall'ultima grande manifestazione di 640.000 anni fa dal supervulcano di Yellowstone
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Sarebbe una catastrofe per tutto il pianeta. In particolare gran parte degli Usa verrebbero coperti da un metro di ceneri e lapilli, mentre sugli alti strati dell’atmosfera terrestre potrebbe addensarsi una nube di cenere capace di ridurre sensibilmente per qualche anno l’ingresso dei raggi solari sulla Terra. Il pericolo della radioattività. Su tutto il pianeta sono sei i supervulcani dormienti, ma potenzialmente ancora attivi, fra questi quello dei Campi Flegrei

Esistono vulcani e vulcani, alcuni sono «tradizionali» come i nostri Etna e Stromboli, altri un po’ più «energici» come quelli indonesiani, ma poi c’è una categoria che solo a nominarla fa paura: i supervulcani. Quest’ultimi hanno una potenza eruttiva di 1.500/2.000 volte maggiore di quella del Monte St. Helens che nel 1980 negli Usa esplose causando la distruzione totale della grande foresta circostante, nonché ingenti danni alle cose e alle persone.
I vulcani «normali», come quello del Monte St. Helens, constano di una camera magmatica che può raggiungere i 2 o 4 Km di diametro, i supervulcani invece sono caratterizzati da laghi sotterranei di magma che possono andare da 10 a 50 km di estensione. L’eruzione di uno di questi supervulcani potrebbe influire sul clima della Terra in maniera devastante.
Abbiamo a tal proposito un esempio: circa 74.000 anni fa un supervulcano indonesiano, dove oggi esiste il lago Toba a Sumatra, esplose e immise nell’atmosfera del pianeta tanta di quella cenere che schermò per molti anni i raggi del Sole. Il risultato fu catastrofico. Tutta la biodiversità della Terra fu sconvolta, foreste e praterie si trasformarono in terreni aridi e desertici, gran parte degli animali erbivori morirono e lo stesso uomo, ridottosi in meno di 10.000 esemplari in tutto il pianeta, corse il rischio di scomparire. Molti geologi, relativamente alle grandi estinzioni di massa sulla Terra (ce ne sono state 8 da quando sono comparse le prime forme di vita) ipotizzano che i supervulcani abbiano avuto un ruolo determinante.
I vulcani «normali» si trovano lungo le linee di confine delle placche tettoniche terrestri dove avvengono fenomeni di subduzione (una parte della roccia terrestre s’infila sotto un’altra che si muove in direzione opposta), tale processo, a causa degli attriti, della pressione e della temperatura, determina la fuoruscita di magma sulla superficie della Terra. Nascono così i vulcani che conosciamo. I supervulcani, invece, hanno generalmente una linea diretta con il Mantello terrestre, non sono generati dalla frizione delle placche tettoniche, ma da sacche di magma che dall’Astenosfera (l’astenosfera è formata da rocce fuse e fluide su cui poggia la litosfera con i suoi continenti) formano veri e propri laghi di fuoco sotto la crosta terrestre, conosciuti come Punti Caldi. Quando per fenomeni di spinta di risalita del mantello questi supervulcani eruttano, emettono generalmente nell’ambiente e nell’atmosfera una quantità di materiale migliaia di volte maggiore di quello che viene immesso da un normale vulcano. L’ultima grande eruzione di un supervulcano per gli scienziati è avvenuta 74.000 anni fa, da allora ad oggi, per fortuna, solo eruzioni più o meno violente di «normali» vulcani.
Su tutto il nostro pianeta sono sei i supervulcani dormienti, ma potenzialmente ancora attivi, come: lo Yellowstone nell’omonimo parco naturalistico in Usa, l’indonesiano Toba, la Valles caldera nel Nuovo Messico, la Long Valley in California, l’Aira caldera nella baia di Kagoshima in Giappone e i nostri Campi Flegrei in Campania. Tra tutti questi due preoccupano maggiormente gli scienziati: i Campi Flegrei che fino a qualche anno fa si sono sollevati di circa 50 cm (per fortuna ora il fenomeno si è fermato) e lo Yellowstone. Quest’ultimo ha cominciato ad attivarsi in maniera preoccupante sollevando il terreno circostante di quasi un metro.
I vulcanologi temono che da un momento all’altro possa esplodere. Se ciò accadesse sarebbe una catastrofe per tutto il pianeta. In particolare gran parte degli Usa verrebbero coperti da un metro di ceneri e lapilli, mentre sugli alti strati dell’atmosfera terrestre potrebbe addensarsi una nube di cenere capace di ridurre sensibilmente per qualche anno l’ingresso dei raggi solari sulla Terra. In questo modo si riproporrebbero le drammatiche condizioni che interessarono la vita sul nostro pianeta circa 74.000 anni fa.
L’ultima devastante eruzione dello Yellowstone pare sia avvenuta 640.000 anni fa, e da allora ad oggi ha accumulato tanta di quella energia che a stento viene trattenuta dalla crosta terrestre. La sua camera magmatica sembrerebbe estendersi per una considerevole dimensione: circa 30 per 70 chilometri e raggiungere una profondità di 14 chilometri. Un potenziale energetico che se utilizzato (è solo un’ipotesi, ovviamente!) fornirebbe la corrente elettrica a tutto il Pianeta per oltre un decennio.
In tutto questo c’è poi un fatto ancora più preoccupante che pochi conoscono: sopra la camera magmatica dello Yellowstone esiste un vasto giacimento di uranio che in caso di esplosione distribuirebbe questo minerale radioattivo su tutta l’America del Nord. Ceneri radioattive attraverso il fallout ricadrebbero a terra contaminando acque e suoli. Sarebbe una catastrofe infinita.
Ma se ciò accadesse in Italia a causa dell’eruzione violenta dei Campi Flegrei, cosa accadrebbe? Se l’eruzione fosse devastante come quella di 74.000 anni fa del lago Toba in Indonesia, sparirebbero: Caserta, Salerno e Napoli. Le implicazioni negative dell’evento giungerebbero fino a Roma e a sud fino a Vibo Valentia. Un gigantesco tsunami sommergerebbe le isole campane e parte di quelle pontine. L’agricoltura di metà Italia verrebbe azzerata e i morti si conterebbero a milioni. Ma per fortuna, visto che da qualche anno il supervulcano dei Campi Flegrei è tornato a dormire, questo pericolo per il momento non c’è. Resta invece preoccupante quello dello Yellowstone che sembra non volersi fermare.