Tap, le ragioni della protesta

838
Tempo di lettura: 5 minuti

Ricordato il rischio di distruggere siti archeologici, il trapianto di oltre 2.000 piante di ulivo, la presenza della posidonia a largo dell’area d’intervento, i delicati equilibri idrogeologici. Sottolineate anche argomentazioni sulla salute che vedono l’intero Salento inserito in una situazione medico sanitaria all’attenzione degli osservatori regionali e nazionali sulle neoplasie. I due punti di debolezza del progetto

«Ci proviamo. Oggi a Lecce mettiamo a confronto il governo nazionale, l’azienda Tap e i comitati dei cittadini per discutere della proposta del gasdotto salentino. Per la prima volta, con un metodo assolutamente innovativo, su un’infrastruttura di valore strategico, si decide discutendo e non ratificando. E discutere significa verificare che gli interessi privati degli operatori economici e gli interessi pubblici delle comunità locali siano conciliabili. I processi partecipati servono a non sbagliare, in fondo. Perché di errori, nel passato, ne sono stati commessi molti. Troppi». Così Guglielmo Minervini, assessore alle Politiche giovanili, trasparenza e legalità, cittadinanza sociale, sport per tutti, Protezione civile della Regione Puglia, annunciava su un social network il confronto pubblico tra le comunità locali, il Governo nazionale e la società Trans adriatic pipeline (Tap) che sta progettando un gasdotto tra l’Azerbaigian e l’Europa con approdo, dopo aver attraversato la Turchia e la Grecia, nel sud della Puglia. L’iniziativa di confronto pubblico e processo partecipativo dal titolo «Il gasdotto Tap e la Puglia» si è tenuta il 27 dicembre 2013 presso le Officine Cantelmo in Lecce.

L’incontro, al quale hanno partecipato i referenti tecnici e politici del ministero dello Sviluppo economico, del ministero dell’Ambiente, tutela del territorio e del mare (Attm), i referenti regionali per l’ambiente, i progettisti dell’opera, gli amministratori locali e i tecnici e i referenti della società civile che, auto organizzata, dice no all’approdo del gasdotto sulle spiagge di Melendugno in località San Foca, segue la fase di ascolto delle comunità locali tenutosi lo scorso 29 e 30 novembre. Nel precedente incontro furono evidenziate, classificandole in 3 grandi gruppi, tutte le criticità della proposta progettuale della Tap: programmazione energetica; mancanze progettuali; impatto dell’opera sullo sviluppo locale.
La giornata è stata caratterizzata da momenti di dialogo e comunicazioni molto difficili con tecnici al tavolo della presidenza, amministratori e qualche cittadino con la voce alta, che in alcuni casi hanno costretto il moderatore, l’assessore Minervini, ad attingere alla sua esperienza politica e pazienza per ritrovare il giusto metodo di confronto e dialogo.

La prima criticità è stata la ratifica dell’accordo tra Turchia, Grecia ed Italia proprio per la realizzazione del gasdotto firmata dal ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino, lo scorso 17 dicembre. Secondo la Farnesina l’opera è strategica per il nostro Paese e per l’Europa, la ministra Emma Bonino nel suo intervento a Baku alla cerimonia ufficiale per la firma della decisione finale d’investimento del Consorzio Shah Deniz sul progetto del gasdotto ha definito la Tap «un progetto strategico, che rappresenta un importante contributo per l’Italia, sia per coprire la nostra domanda energetica sia per diventare un hub energetico nel sud Europa e nel Mediterraneo». Affermazioni queste che hanno fatto credere che tutte le decisioni erano prese sui tavoli internazionali tralasciando le esigenze delle popolazioni locali che da mesi protestano.

A Lecce il rappresentante del ministero dello Sviluppo economico, il Sottosegretario di Stato Claudio De Vincenti, ha precisato che l’accordo non ha individuato il percorso dell’infrastruttura ma solo l’intenzione dell’Italia ad aderire alla grande opera.
I tecnici coinvolti dai comitati di cittadini hanno ben sviscerato le lacune del progetto tanto che sia la Regione Puglia sia i rappresentati del ministero dell’Attm, il Direttore Generale per le valutazioni ambientali Mariano Grilli e il componente della commissione Via nazionale Graziano Falappa, hanno chiesto di raccogliere tutte le osservazioni in un documento di cui si terrà conto nelle fasi istruttorie per la valutazione d’impatto ambientale.
Durante il dibattito i comitati contro il progetto Tap, il cui inizio dei lavori è previsto per il 2015 e la consegna alla rete italiana del primo gas nel 2019, hanno fatto emergere tutte le loro valide motivazioni sulla non opportunità di realizzare la Tap in una situazione paesaggistica e storico archeologica delicata; territorio quello del Salento che per molti aspetti appare compromesso e non in grado di ospitare nuove grandi opere.
Nel dettaglio si è ricordato il rischio di distruggere siti archeologici, il trapianto di oltre 2.000 piante di ulivo, la presenza della posidonia a largo dell’area d’intervento, i delicati equilibri idrogeologici. Sono state portate all’attenzione del tavolo della presidenza anche argomentazioni sulla salute che vedono l’intero Salento inserito in una situazione medico sanitaria all’attenzione degli osservatori regionali e nazionali sulle neoplasie, tema questo ben argomentato del presidente della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt) della sezione provinciale di Lecce, Giuseppe Serravezza.

Due sono i punti di grande debolezza del progetto Tap:
La Tap non ha come collegamento alle infrastrutture esistenti Melendugno, dove il gasdotto dovrebbe lasciare i fondali marini per approdare sulla terra ferma, ma lo snodo Snam di Mesagne sulla strada per Sandonaci, in provincia di Brindisi. Una distanza che, in linea l’aria, è di circa 55 chilometri, molto più lunga se si considera che bisognerà scegliere il percorso migliore lungo il quale realizzare il tratto di gasdotto di collegamento.
Il secondo punto delicato è legato alla combustione a terra per motivi di sicurezza di parte del gas trasportato. Dalla qualità del gas combusto dipende la produzione di sostanze inquinanti che saranno rilasciate in atmosfera; oggi il progetto ha solo sviluppato modelli basati su composizioni teoriche del gas. In definitiva il progetto messo a punto dalla società Tap si basa su modelli che ipotizzano una qualità del gas trasportato che sarà raffinato all’origine, in impianti che dovrebbe essere realizzati in Azerbaigian e gestiti da chi non si sa.

L’iter di valutazione d’impatto ambientale in Regione Puglia inizierà il 4 gennaio 2014, mentre a livello ministeriale si sono già chieste le prime integrazioni e si pensa di completare l’iter, considerando tutte le possibilità comprese le alternative di tracciato e la più remota «opzione zero», entro maggio 2014. Per il parere finale al progetto da parte del ministero dello Sviluppo economico il parere amministrativo/politico della Regione Puglia non è vincolante ma, è stato detto, sarà tenuto in debito conto per le controdeduzioni.
L’incontro è terminato con la dichiarazione del Sottosegretario di Stato Claudio De Vincenti che ha confermato il valore strategico del gasdotto Tap, garantendo anche che per realizzare l’opera si terrà conto delle esigenze del territorio di cui si è fatta carico la Regione Puglia. Ogni valutazione avrà come base solida di discussione prima di tutto gli aspetti tecnici scientifici e in seconda battuta l’esigenza delle popolazioni locali per le quali, assicura De Vincenti, «il Governo avrà un approccio aperto».

Intanto iniziano a crescere le prime concrete proposte che vedono spostare l’approdo della Tap più a nord dell’attuale; proposte che comprendono l’area industriale di Brindisi e la centrale Enel di Cerano, che in futuro potrebbe avere una riconversione da carbone a gas a vantaggio della qualità dell’area. Proposte queste che si basano su una vocazione industriale già avviata del territorio brindisino con un’infrastrutturazione esistente oltre all’avvicinamento dell’approdo, con notevole riduzione delle distanze e dei costi di esecuzione, al punto di collegamento alle infrastrutture Snam esistenti in agro di Mesagne.
Resta fermo, qualunque sarà il punto di approdo, che qualcuno si dovrà far carico della qualità del gas immesso nella Tap alla fonte, cioè in Azerbaigian. Magari si potrebbe già da ora pensare a una raffineria gestita da europei che possano garantire nella gestione un monitoraggio dei processi produttivi.