Greenpeace: «Questi piccoli mostri chimici li troviamo ovunque, dai vestiti di lusso a quelli più economici, e stanno contaminando i nostri fiumi da Roma a Pechino. Le alternative per fortuna ci sono e per questo l’industria dovrebbe smettere di usare i piccoli mostri, per il bene dei nostri bambini e delle future generazioni»
Sostanze chimiche pericolose sono state trovate in vestiti e calzature per bambini di grandi marchi come Disney, Burberry e Adidas, secondo il nuovo rapporto reso noto oggi da Greenpeace Asia dal titolo «Piccoli mostri nell’armadio».
I test sono stati condotti su prodotti di 12 note aziende tra cui American Apparel, Gap, Puma e Nike. I risultati mostrano che non vi è grande differenza tra le concentrazioni di sostanze chimiche nei vestiti per bambini (un gruppo che è più vulnerabile all’inquinamento) rispetto a quelle riscontrate nei vestiti per adulti che sono stati analizzati in precedenti analisi condotte dall’associazione.
«Un vero incubo per i genitori che desiderino comprare vestiti che non contengano sostanze chimiche pericolose – afferma Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion Duel di Greenpeace Italia -. Questi piccoli mostri chimici li troviamo ovunque, dai vestiti di lusso a quelli più economici, e stanno contaminando i nostri fiumi da Roma a Pechino. Le alternative per fortuna ci sono e per questo l’industria dovrebbe smettere di usare i piccoli mostri, per il bene dei nostri bambini e delle future generazioni».
Tutti i marchi testati hanno almeno un prodotto nel quale sono state rilevate sostanze chimiche pericolose. Le concentrazioni, ad esempio, di Pfoa (acido perfluorottanico) in un costume Adidas erano molto più elevate del limite previsto da Adidas stessa nella sua lista di sostanze proibite, mentre una maglietta per bambini di Primark conteneva l’11 per cento di ftalati.
Alti livelli di nonilfenoli etossilati sono stati trovati invece in prodotti di Disney, American Apparel e Burberry.
Pfoa, ftalati e nonilfenoli etossilati sono interferenti endocrini, sostanze che, una volta rilasciate nell’ambiente, possono avere potenzialmente effetti dannosi sul sistema riproduttivo, ormonale o immunitario.
«Grazie alla pressione dei genitori e dei consumatori in tutto il mondo, alcuni dei maggiori marchi hanno già aderito all’impegno Detox che abbiamo proposto loro, e molti di loro hanno già iniziato un percorso orientato alla trasparenza e all’eliminazione delle sostanze tossiche dalla loro filiera, ma non basta», spiega Campione.
La Cina rimane il maggior produttore al mondo di tessile e Greenpeace chiede al governo di bandire le sostanze pericolose dall’industria. È importante che il governo pubblichi una lista nera di sostanze da eliminare e chieda alle imprese di agire immediatamente rendendo pubbliche le informazioni sulle sostanze impiegate, per facilitare un processo di trasparenza e pulizia dell’intera filiera.
Greenpeace chiede alle imprese di riconoscere l’urgenza e di comportarsi da leader sulla scena globale, impegnandosi a non rilasciare sostanze chimiche pericolose entro il 1° gennaio 2020. Dal lancio della campagna di Greenpeace «Detox» nel luglio 2011, 18 importanti aziende del settore dell’abbigliamento (tra cui Valentino, Mango e Zara) si sono già impegnate pubblicamente.
I 12 marchi i cui prodotti sono stati testati da Greenpeace per la ricerca «Piccoli mostri nell’armadio»: Adidas, American Apparel, Burberry, C & A, Disney, Gap, H &M, LI-Ning, Nike, Primark, Puma, Uni-qlo.
I 18 marchi che hanno sottoscritto l’impegno Detox: Benetton, C&A, Canepa, Coop Svizzera, Esprit,G-Star Raw, H&M, Inditex, Levi’s, Limited Brands, Mango, Marks & Spencer, Puma, Fast Retailing, Valentino, Adidas, Li-Ning, Nike.
– Il rapporto «Piccoli mostri nell’armadio» (in inglese)
– I progressi fatti dalle aziende nel loro impegno Detox