La Natura d’Italia uccisa dalla burocrazia

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È un vero attacco alla funzionalità degli Enti parco. Il personale dei parchi passa il suo tempo a chiedere il Durc della Telecom prima di poter pagare la bolletta, a verificare il certificato antimafia dell’artigiano del paesino del Parco che produce cartelli in legno dei sentieri, a strutturare un complicatissimo piano della performance per dimostrare al mondo che quei 6, 10, 12 dipendenti lavorano, senza rendersi conto che una volta fatto il piano della performance non resta più tempo per lavorare davvero

L’Associazione italiana direttori e funzionari aree protette (Aidap) ha lanciato un accorato comunicato affinché si intervenga a livello ministeriale per operare una semplificazione nel funzionamento dei Parchi che sono praticamente ridotti all’immobilità dalla burocrazia. Questo il comunicato.

Nel quadro generale di crisi che attanaglia il nostro Paese, la Pubblica amministrazione sta vivendo uno dei peggiori momenti della sua storia repubblicana. Chiunque entri in un ufficio pubblico non può fare a meno di respirare un’aria di disperazione, smarrimento, affanno nel seguire i mille adempimenti, attesa dell’evento finale.
Fra tutti i motivi di tale situazione, quello prevalente è l’assoluta sproporzione tra gli obiettivi di ciascuna amministrazione e l’enorme mole di burocrazia, molto spesso inutile, cui tutti gli uffici pubblici devono dedicarsi.
Ormai la mission istituzionale degli enti pubblici è diventata un elemento secondario, perché il mero funzionamento dell’Ente pubblico richiede così tante energie che non resta il tempo per fare altro.
Noi di Aidap potremmo dire che i parchi sono realtà particolari che più di altri meritano di potersi concentrare sulle loro primarie finalità, ma è vero invece che tutta la Pubblica amministrazione deve reagire a questa situazione perché i parchi operano in rete con tutto l’apparato pubblico, che deve essere sano ed efficiente in modo sinergico.
Il cosiddetto Popolo dei Parchi, che in questi anni ha lottato per difendere le aree protette da attacchi diretti e frontali, ora reagisce con altrettanta forza all’attacco subdolo e nascosto, che secondo un disegno troppo chiaramente ispirato al programma della dimenticata loggia P2, appare ancora più pericoloso e potenzialmente mortale.
Basta fare due chiacchiere con qualsiasi direttore, funzionario ed impiegato di aree protette, che si capisce subito come il quotidiano lavoro non sia altro che quello di fare assurde pratiche burocratiche anche per il più semplice dei gesti, come pagare una bolletta, acquistare una fototrappola da 200 euro, riparare un metro di staccionata.
Il personale dei parchi (anche di quelli con piante organiche da piccolo supermercato di periferia, ovvero 6, 10 o 12 dipendenti) passa il suo tempo a chiedere il Durc della Telecom prima di poter pagare la bolletta (cosa allucinante nella sua stupidità), a verificare il certificato antimafia dell’artigiano del paesino del Parco che produce cartelli in legno dei sentieri, a strutturare un complicatissimo piano della performance per dimostrare al mondo che quei 6, 10, 12 dipendenti lavorano, senza rendersi conto che una volta fatto il piano della performance non resta più tempo per lavorare davvero.
Sul sito dei parchi non appaiono più animali, foreste, sentieri, visitatori, ma piuttosto enormi settori sulla trasparenza e l’anticorruzione, compilati con intere settimane di lavoro inserendo dati assurdi che nessuno mai leggerà e che, soprattutto, non servono davvero a garantire la regolarità dell’operato dei parchi stessi.
Nello stesso momento infatti, i grandi corruttori del Paese continuano ad agire indisturbati, ricoprendo spesso anche il ruolo di legislatore e, in tale veste, dichiarando senza vergogna in televisione che «è cosa normale evadere le tasse nelle transazioni immobiliari».
Questa situazione di disagio, si badi bene, viene lamentata anche dai dirigenti apicali di ministeri come quello dell’Ambiente, con il paradosso che i vertici nazionali della burocrazia si lamentano della troppa burocrazia cui sono sottoposti da parte dello stesso Stato che rappresentano.
L’elenco degli adempimenti, spesso assurdi ed inutili ma comunque assolutamente eccessivi, potrebbe riempire qualche pagina ed il legislatore li conosce bene, avendoli inventati lui. Il senso però è quello di una situazione in cui ormai si è convinti che i nemici dello Stato, entrati dentro ai suoi vertici, abbiano trovato il modo per distruggerlo per inedia.
Il disegno infatti è evidente ed appare chiaramente eversivo: la Pubblica Amministrazione viene fatta diventare inutile, così che siano i cittadini stessi, sobillati ad arte, a scagliarsi contro i singoli enti chiedendone la soppressione per inutilità; i Parchi, su questo fronte, sono i primi della lista. Anche le realtà d’eccellenza e le persone che dedicano la propria vita al bene dello Stato, vengono messe nelle condizioni di non poter produrre benefici. L’esperienza delle Province è su questo estremamente indicativa, vedendo la chiusura indiscriminata anche di quelle che funzionano e danno servizi eccezionali ed insostituibili.
Aidap lancia dunque un allarme fortissimo alla «buona» politica, perché davanti ad una crisi eccezionale reagisca in modo eccezionale, spazzando via tutti gli inutili appesantimenti burocratici che hanno reso i parchi assolutamente in difficoltà nel fare il proprio lavoro. Politici e dirigenti vengano responsabilizzati e seriamente puniti laddove sbagliano, avendo però la libertà di agire come i privati laddove lo Stato chiede loro risultati di efficienza da privati.
Se non lo fa la politica si rischia che qualcun altro decida di farlo, ma il Popolo dei Parchi ha fiducia che il ministro dell’Ambiente Orlando, sempre più apprezzato dal settore, saprà ascoltare questo grido di allarme ed agire di conseguenza in sede governativa e parlamentare.
Gli orsi che muoiono in Abruzzo non possono certo aspettare il Durc!