È un microbo correlato con una serie di malattie gastrointestinali ma uno studio italiano svela nuovi aspetti dell’infezione da Helicobacter Pylori consentendo l’individuazione di un’ampia serie di malattie non gastrointestinali correlate con la presenza del microbo, e facendo irrobustire la tesi secondo cui l’HP sarebbe in gioco anche nella determinazione di altre patologie
L’Helicobacter Pylori è un microbo ormai chiaramente correlato con una serie di malattie gastrointestinali delle quali è chiaramente una causa o una concausa.
Esofagiti, gastriti, duodeniti, ulcere della parte più alta del canale digerente sono state poste in evidente relazione di causa ed effetto con la presenza del batterio e tutti gli studi specialistici sull’argomento hanno ribadito questo nesso eziopatogenetico, all’inizio solo ipotizzato ed attualmente invece completamente chiarito in maniera estremamente dettagliata.
L’Helicobacter determina col passar del tempo un vero e proprio indebolimento della mucosa gastrointestinale cui fanno seguito delle lesioni di varia entità e grado destinate a produrre conseguenze croniche anche severe.
Infiammazioni croniche allo stomaco (dalle difficoltà alla digestione sino alla possibilità di veri e propri sanguinamenti cospicui) sono la prima e più frequente conseguenza dell’attività lesiva del microbo che però può arrivare col tempo alla alterazione dei tessuti sino alla formazione di tumori sia dell’esofago sia dello stomaco e del duodeno.
È per questo motivo che i gastroenterologi stanno spingendo sempre più in direzione di una diagnosi precoce della presenza dell’Helicobacter nel canale alimentare dell’uomo per poter giungere quindi alla sua eradicazione mediante appropriati protocolli terapeutici standardizzati ed omogenei in tutto il mondo e basati sull’utilizzo di antibiotici ed inibitori della produzione di acido cloridrico della durata di sette-dieci giorni a seconda dello schema utilizzato.
La diagnosi è affidata alla biopsia, nel caso in cui il paziente si sottoponga ad esame esofagogastroduodenoscopico, o più semplicemente all’Urea Breath Test nel caso in cui, invece, il paziente non abbia stretta necessità di eseguire l’endoscopia, come avviene ad esempio nel caso di congiunti di pazienti affetti da infezione da HP (per i quali la eliminazione del batterio serve sia per non essere infetti sia per non ritrasmetterla a ping pong al proprio familiare che si fosse sottoposto a trattamento eradicante) oppure nel caso di controlli successivi alla terapia antibiotica di eradicazione (che naturalmente pur avendo una efficacia molto elevata non ha la garanzia del 100% di successo).
La semplicità di esecuzione del Breath Test, che è un facile esame del respiro raccolto in un paio di provette, deve spingere sempre più ad accostarsi a questa manovra diagnostica e sta determinando, man mano, una progressiva scomparsa dei bacini di persistenza dell’Helicobacter nella popolazione.
Nuovi dati, però, recentemente pubblicati da Francesco Franceschi ed Antonio Gasbarrini del Policlinico Gemelli di Roma ed apparsi sul «Nature Review Gastroenterology Hepatology» svelano nuovi aspetti dell’infezione da Helicobacter Pylori consentendo l’individuazione di un’ampia serie di malattie non gastrointestinali correlate con la presenza del microbo, e facendo irrobustire la tesi secondo cui l’HP sarebbe in gioco anche nella determinazione di altre patologie.
Ben tre quadri clinici extra digestivi assai complessi sono stati infatti rapportati all’attività del batterio: si tratta della piastrinopenia autoimmune (Itp), dell’anemia sideropenia idiopatica e della carenza di vitamina B12. La Itp in particolare, che consiste nella riduzione del numero di piastrine circolanti non associata ad altre cause evidenziabili, è stata meglio studiata e posta in relazione con la presenza dell’Helicobacter proprio da studi svolti in Italia.
Ma c’è di più. Relazioni fortemente suggestive sembrano esistere anche fra presenza dell’Helicobacter nell’organismo e sindrome coronarica acuta, pre-eclampsia nonché alcune patologie del fegato, del pancreas e del colon.
C’è molto da studiare e da conoscere, a proposito delle conseguenze della permanenza dell’Helicobacter nel canale intestinale umano. Molti meccanismi (come nel caso dell’ulcera e delle gastriti) sono stati evidenziati con sufficiente chiarezza mentre molti altri sono solo in una fase iniziale di studio. Quel che è certo è che la grande presenza di HP nell’uomo, in passato, ha prodotto molti danni, per tanto tempo attribuiti a cause diverse da quella infettiva. La conoscenza sempre maggiore del problema, la diagnosi precoce, la prevenzione delle complicanze e la possibilità di un vaccino anti-Helycobacter aprono nuove ed interessanti prospettive per patologie a volte ritenute misteriose.