Senza ripensamenti il massacro dei delfini

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foto tratta da http://www.occupyforanimals.org/
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Dopo la caccia per «uso scientifico» delle balene continua la «pratica culturale» giapponese che uccide da settembre a marzo centinaia di delfini. Interventi di protesta a tutti i livelli contro questa ipocrisia nipponica e l’Enpa chiede alla Bonino di intervenire

Ormai è caccia al delfino. Dal Giappone giungono immagini raccapriccianti che stanno facendo il giro del globo. Fortunatamente, si susseguono gli appelli contro la mattanza.
L’Ente nazionale protezione animali si appella al ministro degli Esteri, Emma Bonino, affinché l’Italia prenda posizione contro la barbarie di Taiji, città nella cui baia è stato catturato, nei giorni scorsi, un branco di oltre 250 delfini.
«Il mondo intero sta protestando contro questo ennesimo massacro, attori e personaggi della cultura e dello spettacolo stanno esprimendo il loro disappunto e il disgusto per questa pratica tanto barbara quanto incivile, da Yoko Ono ai report di tutti i principali telegiornali dagli Usa all’Australia», sottolinea la Protezione animali, chiedendo a Bonino che «anche il nostro Paese dia prova di altrettanta sensibilità e civiltà».
Non si fa attendere la fredda risposta del segretario di Stato giapponese: «Fa parte della nostra tradizione. Ogni anno avviene il massacro di migliaia tra delfini, focene e piccoli cetacei. Questo ha inizio a settembre e solitamente prosegue fino alla fine di marzo dell’anno successivo».
In difesa dei delfini è scesa in campo, nel fine settimana, anche l’ambasciatrice americana in Giappone, Caroline Kennedy: «Sono profondamente preoccupata per la disumanità dell’azione della caccia. Il governo degli Stati Uniti si oppone alla caccia dei delfini», ha scritto su Twitter la figlia dell’ex presidente Usa John Fitzgerald Kennedy.
La Sea Shepherd Conservation Society, che «combatte» da anni il Sol Levante per le sue pratiche di caccia di balene a «uso scientifico», ha riferito che quasi 300 delfini erano stati spinti nella baia di Taiji, tra cui cuccioli e un rarissimo caso di femmina albina.
A partire dal 2010 l’associazione ambientalista ha una presenza costante di volontari che tengono d’occhio la Baia. Vengono chiamati «Guardiani della Baia».
Il vice-coordinatore del Triveneto di Sea Shepherd, Eugenio Fogli, ha il compito di catturare la maggior documentazione video e foto possibile per mostrare cosa accade ai danni dei delfini. Stando alle sue dichiarazioni la maggior parte dei mammiferi viene spinta verso le reti per poi venire uccisa, mentre una piccola parte viene tenuta in vita e venduta ai delfinari dove vengono addestrati. Una minoranza viene invece «salvata», anche se fortemente traumatizzata, per essere poi rivenduta.
Il governo nipponico ribadisce che la caccia al delfino è parte integrante della tradizione giapponese e che essa viene eseguita nel rispetto della legge, ricordando che dal 1986, inoltre, questi cetacei non rientrano più nella classe delle specie protette.
Non sussisterà alcuna responsabilità giuridica probabilmente, ma su quella morale non si discute invece, senza considerare che gran parte della carne recuperata sarà consumata dall’uomo, con il rischio di danni alla salute visti i quantitativi di mercurio rilevati, mentre alcuni capi finiranno in cattività nei parchi marini.