Rischio chiusura per l’unico oncologico del Barese

    855
    Tempo di lettura: 2 minuti

    Nonostante le tante emergenze su un territorio colpito duramente dalle patologie tumorali, ma che allo stesso tempo non riesce efficacemente a difendersi o perlomeno a rimarginare le ferite

    Da luglio dell’anno scorso la vicenda tarantina dell’Ilva è balzata agli onori delle cronache e con essa molte questioni correlate. Una di queste è quella relativa alle malattie tumorali di cui moltissimi cittadini tarantini e non solo soffre a causa della diffusione nell’aria di sostanza cancerogene.
    I rischi per la salute, come anche il caso della Fibronit di Bari testimonia, non riguardano soltanto i lavoratori, ma anche persone che all’interno delle fabbriche non sono mai entrate. Fatto sta che la Puglia, ad oggi, è un territorio colpito duramente dalle patologie tumorali, ma allo stesso tempo non riesce efficacemente a difendersi o perlomeno a rimarginare le ferite.
    Queste parole di premessa sono necessarie per segnalare una situazione che l’Unione sindacale di base della provincia di Bari, con il responsabile del settore Vito Galiano, tiene a diffondere. La giornata di oggi sarà dedicata dal sindacato di base a testimoniare il dissenso nei confronti dell’amministrazione dell’Istituto Oncologico Giovanni Paolo II di Bari, «che – come si legge nel volantino dll’Usb – è a rischio di chiusura», difatti è stata diffusa la notizia del taglio dei posti letto, che l’amministrazione dell’Istituto vuol portare da 135 a 85. A questo si aggiunge la «mancanza, da parte dell’amministrazione dell’Istituto, di un piano di risanamento aziendale atto a coprire il disavanzo dell’ente (stando alle informazioni dell’Usb, pare che l’Oncologico sfori di un milione e duecentomila euro al mese e di circa di 15 milioni l’anno) e a rilanciare, quindi, la produttività assistenziale dell’Istituto al fine di abbattere concretamente le liste di attesa e impedire quindi il possibile fallimento e la chiusura dell’unico polo oncologico della provincia di Bari e dell’intera regione.
    Inoltre l’Usb a questa drammatica prospettiva, precisa «che ci troviamo di fronte alla negazione, da parte della Direzione Strategica dell’Oncologico, di importanti diritti e istituti contrattuali nei riguardi delle lavoratrici e dei lavoratori quali ad esempio: l’indennità di sala operatoria, il pagamento di lavoro straordinario effettuato così come il rispetto degli accordi stipulati con la precedente amministrazione sulla retribuzione dei buoni mensa relativi agli anni 2010-2011 e sul riconoscimento delle progressioni economiche orizzontali ai dipendenti assunti negli ultimi 5 anni, il pagamento delle somme residue dei fondi contrattuali, il pagamento di altre importanti indennità».
    Quindi «l’azione di protesta dell’Unione sindacale di base – si legge ancora nel comunicato – si rende necessaria per denunciare la grave situazione economica dell’Istituto e mira principalmente a ottenere una legge speciale per l’Oncologico di Bari che consenta di superare il blocco delle assunzioni e assumere un numero adeguato di personale sanitario (medici, infermieri, tecnici sanitari, operatori socia sanitari, ausiliari) indispensabile per far funzionare a pieno regime le 6 (sei) sale operatorie e non le attuali 2 (due). Tutte le richieste della Usb, che interessano i cittadini-utenti, gli ammalati, il personale dipendente e lo stesso Istituto, sono rimaste inevase o decisamente respinte dall’amministrazione e le problematiche denunciate, oltre a rimanere irrisolte, sono addirittura peggiorate. Lo sciopero proclamato contro un’amministrazione che, come la precedente, costringe i dipendenti a ricorrere al Giudice del Lavoro per farsi riconoscere i diritti negati (con grandi disagi per i dipendenti e per lo stesso Istituto che viene messo nelle condizioni di pagare anche le spese), è giusto e necessario».
    Dunque, come abbiamo imparato dalla vicenda tarantina, salute e lavoro sono due nodi fortemente intrecciati. Difficilmente, forse mai prima d’ora, i due aspetti sono stati trattati assieme. Questo, forse, è già un punto di svolta.