Nel Nord non pioveva tanto dal 1845

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foto di Pina Catino
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La campagna oceanografica Carpet dell’Ismar-Cnr rileva nel bacino cambiamenti nella dinamica delle acque, conseguenti all’inverno particolarmente mite e piovoso. Le conseguenze, attese nell’area già in primavera, hanno effetti sulle dinamiche dell’intero pianeta

Si è appena conclusa nell’Adriatico settentrionale la campagna oceanografica internazionale «Carpet, Characterizing Adriatic Region Preconditioing EvenTs». La missione ha impegnato ricercatori dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) di Venezia, si è svolta a bordo della nave oceanografica Urania del Cnr e si è focalizzata sulle cosiddette «acque dense» che, formatesi nel Nord Adriatico in inverno, scendono verso sud assumendo grande importanza nelle dinamiche di trasporto ed influenzano il clima dell’intero bacino. Si tratta infatti di un efficace sistema di rinnovamento delle acque costiere e di trasporto di ossigeno verso gli strati profondi. I risultati emersi sono di particolare rilievo considerato l’inverno caratterizzato da temperature miti e da una piovosità eccezionale, soprattutto nel Nord-Est del Paese*.
«Abbiamo osservato nel Golfo di Venezia un processo fondamentale per il clima dell’area – afferma Sandro Carniel, responsabile scientifico di Carpet – ma anche per la stabilità del clima terrestre. La dinamica delle acque dense è infatti uno dei principali motori della circolazione oceanica globale a lungo termine: per quanto curioso appaia, quindi, la conoscenza di questi processi è fondamentale per decifrare il trasporto di calore e salinità da parte delle correnti oceaniche Mediterranee e quindi cruciale per il clima del pianeta».
Il Nord Adriatico è una delle aree-chiave in cui questi processi avvengono. «Durante l’inverno 2013-14 questo evento è stato però contrastato da temperature miti e apporti fluviali eccezionali – continua Carniel -. A crociera conclusa, i dati parlano di una temperatura dell’acqua sul fondo di circa 2°C superiore alla media degli ultimi 30 anni. Questo ha rallentato di molto il “rinnovamento” delle acque, che nel solo gennaio-febbraio 2012, complice un inverno estremamente freddo, aveva invece interessato circa il 60% del volume, stabilendo un record assoluto di densità da quando sono iniziate le misure in Adriatico settentrionale (ovvero circa un secolo). A distanza di soli due anni siamo, per così dire, agli antipodi».
Per stimare gli effetti del blocco o della riduzione della produzione invernale di acque dense servirà ancora un’accurata analisi dei dati, tramite modelli che comprendano atmosfera, oceano e onde. Per questo, i risultati di Carpet saranno diffusi e discussi dall’Ismar-Cnr in una sessione ad hoc, durante un convegno della European Geosciences Union a Vienna, dal 27 aprile al 2 maggio.
«È lecito quindi attendersi conseguenze significative sulla circolazione delle acque del bacino (e anche del Mediterraneo Orientale), sul clima della terraferma e un abbassamento dei livelli di ossigeno sul fondo marino già in primavera, a seguito della crescita fitoplanctonica stimolata dai rilevanti apporti fluviali in corso», conclude Carniel.
Oceanografi e ingegneri della campagna Carpet, guidata da Alvise Benetazzo dell’Ismar-Cnr, hanno eseguito misure tramite metodologie di avanguardia, sperimentando mezzi autonomi sottomarini tra cui, per la prima volta a livello nazionale, un sofisticato «siluro», il Remus 100 (Hydroid-Kongsberg), che cattura importanti informazioni sulle caratteristiche fisiche della colonna d’acqua, in particolare sull’evoluzione della distribuzione delle enormi quantità di acque dolci legate all’eccezionale apporto fluviale del periodo ed agli effetti dell’interazione tra onde e correnti sul fondale.

* Il primo mese del 2014 ha fatto registrare temperature di oltre due gradi (+2,1 per l’esattezza) superiori alla media del periodo di riferimento 1971-2000, collocandosi al terzo posto tra i mesi di gennaio più caldi dal 1800 ad oggi (dopo il 1804 e il 2007, con anomalie di +2,4 e +2,3 rispettivamente). Le precipitazioni sono state piuttosto abbondanti su gran parte del territorio italiano, facendo registrare una anomalia di +86% (rispetto alla media del periodo 1971-2000) a livello nazionale (il 19-esimo gennaio più piovoso dal 1800 ad oggi). Le anomalie più importanti si sono avute nella parte settentrionale della penisola dove, mediamente, sono caduti oltre due volte e mezzo (+160%) i millimetri che solitamente si osservano a gennaio (con punte nel Nord-Est che superano di oltre le quattro volte le piogge medie di quelle zone), facendo chiudere il mese per l’Italia Settentrionale come il terzo più piovoso di sempre: era dal 1845 che non si registrava un’anomalia simile nel Nord Italia.